sabato 29 aprile 2017

Tasse, accusa pesantissima per Amazon: ha evaso il Fisco per 130 milioni

Un altro colosso del web finisce nel mirino del Fisco italiano. Dopo Apple e Google infatti, la Guardia di Finanza ha puntato il dito contro Amazon, reo di aver evaso le tasse dal 2009 fino al 2014. Secondo l'accertamento della GdF il colosso dell'e-commerce Usa non ha pagato ben 130 milioni di imposte, quindi un po' meno delle accuse simili mosse a Google e Apple, ma solo perché i suoi margini di guadagno sulle vendite sono inferiori.

I precedenti e il caso Amazon

Ricordiamo che Google, alla fine di gennaio 2016, aveva ricevuto un "verbale di accertamento" in cui gli si contestava una evasione da 300 milioni di euro. Peraltro il piemme Palma aveva iscritto 3 top manager del colosso USA nel registro degli indagati per "omessa dichiarazione dei redditi". I fatti si riferivano al quinquennio 2008-2013.

L'altro precedente riguarda invece Apple, che però si è dimostrato molto collaborativo avendo già versato 318 milioni di euro al fisco italiano per definire la partita. Anche in questo caso si parlava di omessa dichiarazione dei redditi, in riferimento allo stesso periodo di Google.

Adesso tocca ad Amazon, al quale così è stata parzialmente rovinata la festa dei dati trimestrali, che ieri hanno evidenziato una crescita degli utili addirittura del 41% nel primo trimestre del 2017 (ed ha raggiunto un nuovo massimo nel dopo mercato a Wall Street).

Dal canto su, Amazon ha risposto subito alle accuse: "Paghiamo tutte le imposte che sono dovute in ogni Paese in cui Amazon opera. Le imposte sulle società sono basate sugli utili, non sui ricavi, e i nostri utili sono rimasti bassi a seguito degli ingenti investimenti e del fatto che il business retail è altamente competitivo e offre margini bassi". Così l'azienda commenta l'accertamento di presunta evasione della GdF.

giovedì 27 aprile 2017

Fisco, la riforma di Trump non convince gli investitori. Il dollaro va giù

Come si ipotizzava, alla fine Donald Trump ha dato una accelerata ai piani ed ha annunciato nel corso della serata di ieri le linee guida della sua riforma del Fisco. Quella che era stata presentata come epocale, il più grande taglio alle tasse mai realizzato. Il riferimento importante è soprattutto alla tassazione sulle imprese. Nel corso della campagna elettorale Trump aveva prospettato un taglio fino al 15% (dall'attuale livello del 35%), e questo aspetto è stato ribadito anche nel corso dell'annuncio di ieri.

Tuttavia, c'è un po' di scetticismo perché non sembra essere proprio una “rivoluzione” fiscale, ma più che altro una revisione dell’attuale sistema. Le altre novità annunciate riguardano anche le famiglie. Esse potranno beneficiare della sostanziale cancellazione della tassa di successione, di una semplificazione delle imposte sui redditi che porterà a tre sole fasce di reddito, contro le sette attuali.

La reazione dei mercati alla riforma del Fisco


La prima reazione del mercato alla riforma del fisco è stata molto deludente. Sulla nostra piattaforma forex demo gratis abbiamo visto il biglietto verde passare da una fase ascendente ad un improvviso calo. Una bocciatura. Il Dollar Indez è finito sotto quota 99 dopo essere stato sopra per tutto il giorno.

Ma perché questa reazione? Il mercato finora ha considerato il livello di dettaglio delle misure espansive non sufficiente. La delusione dipende quindi dalla mancanza di contenuti concreti e precisi, e quindi dall'impossibilità di dare un giudizio chiaro. Peraltro restano molti dubbi su come Trump intenda comportarsi riguardo al deficit americano. La copertura della riforma + un tema delicatissimo.

Al momento il termometro del mercato lo danno i migliori segnali trading gratis affidabili, dove il dollaro compare poco o nulla. Neppure i fornitori di indicazioni di trading si avventurano nell'interpretazione del momento. Tenuto conto che dall'altra parte c'è un euro che sta vivendo una fase molto solida, è chiaro che ipotizzare un dollaro in ripresa forte sia arduo.
Meglio stare alla larga per un po'...

martedì 25 aprile 2017

Alitalia vicina al baratro dopo il "no" al referendum. Rischio fallimento

Hanno risposto con un secco "no", i lavoratori di Alitalia. Ieri erano chiamati ad esprimersi attraverso un referendum al preaccordo per il salvataggio della compagnia, che hanno sonoramente bocciato. L'esito infatti è stato di 6.816 voti contrari, mentre i favorevoli sono stati 3.206. Tradotto in termini percentuali, il fronte del "no" si è affermato con il 67% delle preferenze. Questo risultato, che è stato comunicato dai sindacati già nella serata di ieri, apre adesso la strada al commissariamento della compagnia.

Lo spettro del fallimento su Alitalia

Lo scenario che si apre adesso è molto complicato. In giornata si dovrebbe riunire il CdA di Alitalia, per deliberare in merito alla richiesta di amministrazione straordinaria speciale, con una probabile uscita contestuale dei soci. La patata bollente passerà quindi al governo. Il ministero dello Sviluppo Economico dovrà con urgenza procedere alla nomina di un commissario (o anche più di uno, fino a 3) che valuterà l'esistenza di eventuali acquirenti o nuovi finanziatori.

Se non si farà avanti nessuno però, al commissario non resterebbe che chiedere il fallimento di Alitalia, con la conseguente dichiarazione di insolvenza da parte del Tribunale e la nomina di un curatore fallimentare. Questi dovrebbe cominciare la procedura liquidatoria, con 2 anni di cassa integrazione, Naspi e quindi disoccupazione per i lavoratori. Tutti gli asset della comapgnia verrebbero ceduti singolarmente o a pacchetti (se conveniente).

Il commento dei ministri dello Sviluppo Carlo Calenda, dei Trasporti Graziano Delrio e del Lavoro Giuliano Poletti dopo l'esito del referendum è stato: "C'è rammarico e sconcerto per l'esito del referendum Alitalia che mette a rischio il piano di ricapitalizzazione della compagnia. A questo punto l'obiettivo del Governo, in attesa di capire cosa decideranno gli attuali soci di Alitalia, sarà quello di ridurre al minimo i costi per i cittadini italiani e per i viaggiatori".

domenica 23 aprile 2017

Trading, le elezioni francesi potrebbero stravolgere i mercati

E' il giorno tanto atteso dai mercati e dagli amanti del trading, quello delle elezioni francesi. Finalmente si vota dalle 8 di questa mattina, quando sono stati aperti i seggi di quella che per la Francia è la madre di tutte le elezioni. Ma non è meno importante per tutte Europa, visto che dall'esito di esse dipende lo scenario futuro per i mercati finanziari.
Ci sono quattro candidati in grado di andare alla finalissima del 7 maggio, in un clima mai così incerto.

Le ripercussioni sul trading



Non era mai successo di vivere una tornata elettorale così importante e dalle conseguenze così potenzialmente grandi per l'economia mondiale per chi fa trading.

Basta guardare a cosa è accaduto nel corso degli ultimi giorni. I timori che hanno gravitato sulle elezioni francesi hanno spinto al ribasso l'euro sui mercati finanziari, riportandolo sotto quota 1,07 sul dollaro dopo che era avanzato ai massimi da tre settimane, avvicinandosi a quota 1,08. Abbiamo provato più di una tecnica opzioni binarie 15 minuti, e l'instabilità di questi giorni ci ha evidenziato grosse opportunità di profitto ma anche potenziali rischi di perdita di capitale.

Ma la debolezza dell'euro non è stata solo contro il dollaro, ma anche nei confronti dello yen (-0,3% a 116,71) poiché resta il timore di una correzione della moneta unica in caso di affermazione alle urne francese dei candidati più critici verso la moneta unica.
Dal punto di vista tecnico, la coppia EUR/USD potrebbe continuare a evidenziare segnali di debolezza, che magari suggeriscono di stare lontani da questo mercato per il momento (se proprio volete, almeno sfruttate un buon broker, qui trovate diverse migliori piattaforme trading online confronto).

Riguardo invece la coppia EUR/GBP, c'è una persistente pressione ribassista. Secondo alcuni il calo potrebbe anche essere notevole anche perché la sterlina sta vivendo un bel momento dopo l'annuncio delle elezioni anticipate in programma a giugno.

venerdì 21 aprile 2017

Costo choc del maltempo: in pochi giorni bruciati decine di milioni di euro

La natura è nostra amica, ma ogni tanto ci fa pure qualche dispetto dal costo salato. E' ciò che accade in questi giorni, dove per via della nuova ondata di maltempo si sono provocati grossi disagi alla produzione agricola. Il forte abbassamento delle temperature che sta interessando l'Italia, in alcune zone il termometro è sceso anche sotto lo zero, ha fatto letteralmente terra bruciata.

Ad essere state duramente colpite sono soprattutto quelle attività produttive come vigne, ortofrutta e piante ornamentali. Per fare un nome, è stata una vera e propria mazzata per la produzione del Barolo e nel Veneto molti altri vini di pregio vivranno una situazione molto complicata. Anche in Piemonte e Liguria la situazione è critica per l'agricoltura. Secondo la Confederazione Italiana Agricoltori (CIA), la situazione complessiva delle perdite e dei costi per maltempo sarà molto grave.

La conta dei danni e del costo

L'ente ha avviato un monitoraggio nelle aree più colpite, in modo da arrivare a formulare una stima il più precisa è possibile. Al momento si parla di circa una decina di milioni di euro che sono stati "bruciati" dal gelo. Ma il timore è che possano essere molti di più, tanto che alcuni territori si attiveranno le richieste di stato di calamità naturale, attraverso sollecitazioni alle Regioni.

I cambiamenti climatici che si manifestano con ripetuti sfasamenti stagionali ed eventi estremi, anche con il rapido passaggio dalla siccità all’alluvione, secondo la Coldiretti negli ultimi dieci anni ha provocato danni per 14 miliardi di euro. A marzo in Italia la temperatura è stata di ben 2,5 gradi superiore alla media del periodo di riferimento mentre le precipitazioni sono praticamente dimezzate (-54%) e la pioggia non è caduta in modo costante, bensì con forti temporali spesso accompagnati da grandine.

mercoledì 19 aprile 2017

Mercati schizofrenici a causa delle forti incertezze geopolitiche

I timori cominciano a lasciare il posto all'insofferenza sui mercati. Gli operatori ogni giorno sentono di doversi tenere pronti a fronteggiare eventuali grossi rischi o sciagure, ma per adesso ci sono soltanto segnali che generano incertezza. Cosa ancora peggiore perché paralizza le decisioni. Dopo i timori riguardanti le frizioni Usa-Corea del Nord, la deriva autoritaria della Turchia, le tensioni tra Usa e Russia e le imminenti elezioni presidenziali in Francia, al quadretto ieri si è aggiunto il sorpresone delle elezioni anticipate in GB.

L'effetto è stato quello di spingere giù tutte le borse. La nostra piattaforma +500 ha evidenziato questi esiti: Londra -2,5%, Milano -1,7%, Parigi -1,6%, Francoforte -0,9% (vedi qui perché Plus500 è affidabile), preannunciando al contempo un periodo di forti turbolenze nonostante l'elevatissima liquidità in circolazione. Il guaio è che in questo momento chi vuole operare sui mercati ha troppe variabili da dover prendere in esame, molte delle quali non sono tecniche ma geopolitiche.

La schizofrenia dei mercati

Per capirlo basta guardare la stessa giornata di ieri: la sterlina è prima scesa, poi è risalita fino a schizzare a 1,2762 dollari. L'euro è arrivato ai minimi sul pound a 0,8387. Insomma, tanta schizofrenia. E c'è chi è convinto che il percorso da qui all'8 giugno, quando ci saranno le elezioni in Gran Bretagna, non scorrerà liscio come l'olio e porterà tanta volatilità sui mercati finanziari (se amate il trading utilizzate solo broker opzioni binarie autorizzati consob).
E che dire delle elezioni in Francia? Se a prevalere sarà la leader del Fronte Nationale, Marine Le Pen, i mercati tremeranno per via delle inevitabili tensioni sulla EuroZona.

E cosa farà Donald Trump? Se sul fronte estero ci sono molti dubbi, su quello interno le cose non è che vadano meglio, visto il crescente scetticismo nei suoi riguardi.
Tutti fattori che rendono estremamente instabili i mercati, per la rabbia e l'insofferenza degli investitori.

lunedì 17 aprile 2017

Erdogan vince ma col 10% in meno.Turchia più lontana dall'Europa

Il voto in Turchia dà l'immagine chiara di un paese pericolosamente spaccato in due, con Erdogan che ha ottenuto maggiori poteri proprio quando il consenso è sceso del 10%, in un paese già tormentato dal terrorismo jihadista e da quello curdo del Pkk. Un paese dove il partito repubblicano Chp afferma che sono state conteggiate milioni di schede che non avevano neppure e il timbro elettorale dello Stato.

Come cambia la Turchia di Erdogan

Il referendum spinge così la Turchia verso un modello più affine alle autocrazie orientali, allontanandolo dall'Europa della quale pure fa parte. Erdogan ha voluto e ottenuto pieni poteri, e c'è da giurarci che li utilizzerà.
Del resto all'indomani del fallito golpe della scorsa estate, fece tabula rasa della libertà di stampa, dell'opposizione e del dissenso. Adesso ha anche la legittimazione a fare peggio.

La Turchia adesso è un paese dove il potere si concentra nelle mani di Erdogan, che ha la possibilità di rimanere alla guida fino al 2034. Non esiste più la figura del primo ministro e l’esecutivo viene affidato nelle mani del capo dello stato, che può nominare e dimettere i ministri, oppure sciogliere liberamente il Parlamento. Il presidente può emanare quando vuole i decreti legge, senza dover passare per il voto del Parlamento.

Anche il potere giudiziario cessa di essere autonomo, visto che al presidente o al suo partito viene assegnata la nomina dei membri del Consiglio superiore della magistratura. Il che di fatto lo rende immune da ogni possibile azione giuridica nei suoi confronti (tenuto conto che serve il voto di due terzi dei parlamentari).

Dopo il referendum che spinge la Turchia nell'orbita mediorientale, adesso Erdogan ha evoca la possibilità di convocarne altri due: uno per dire no all’Unione, l’altro per ristabilire la pena di morte.

venerdì 14 aprile 2017

Mercati finanziari improntati alla prudenza. Bene lo yen, euro in calo

Si fanno sentire in modo molto forte anche sui mercati finanziari, le tensioni geopolitiche che ci sono a livello internazionale. Gli investitori hanno impostato la modalità "prudenza" di fronte alle notizie che arrivano in questi giorni. Il super ordigno sganciato dagli Stati Uniti in Afghanistan, così come le velate minacce di un attacco preventivo contro postazioni nordocreane, hanno spinto verso il territorio negativo tutti i listini asiatici.

La situazione sui mercati finanziari


L'indice Nikkei di Tokyo perde ad esempio lo 0,49% e scende a quota 18.335,63. A penalizzarlo è il fatto che gli investitori poco propensi al rischio si sono tuffati sullo yen (bene rifugio) penalizzando così il comparto azionario (si veda in proposito il tema correlazioni trading (effetto catena)). Questo anche sulla scia anche della chiusura negativa registrata ieri da Wall Street.

Anche nel valutario la situazione è instabile. L'euro apre in calo poco sopra 1,06 dollari (per un discorso di ampio respiro vedi qui previsioni eur usd 2017) e in questo momento passa di mano a 1,607 dollari (La coppia é arrivata a trovare supporto a 1,0568, il più basso di lunedì, e resistenza a 1,0679, la piú alta di giovedì). Come detto poco fa, si rafforza ancora lo yen a 115,60.

Circa le commodities, il petrolio ha un movimento blando in avvio di giornata. Il Wti con scadenza a maggio viene scambiato a 53,12 dollari al barile, con un aumento dello 0,13%. Il Brent invece segna quota 55,89 dollari.
L'oro invece, complici le tensioni politiche in atto, si avvia a chiudere la settimana di massimi rialzi dall'inizio dell'anno. La quotazione resta infatti su 1288 dollari l'oncia, al top dallo scorso novembre.

Oggi in programma non ci sono eventi di grandissimo rilievo. Si attende il dato si marzo sulla bilancia commerciale cinese, mentre nel pomeriggio fari puntati sulle richieste settimanali di sussidio e sui prezzi alla produzioni di marzo.

mercoledì 12 aprile 2017

Crisi, ora il debito fa paura: in 10 anni è arrivato a livelli record!

Sono cifre scioccanti, quelle che sottolinea Sole24Ore. Dallo scoppio della crisi nel 2008 fino a oggi, il debito pubblico e privato è cresciuto in maniera incredibile. Per la precisione parliamo di 70mila miliardi, l'equivalente della capitalizzazione globale delle Borse (che ammonta a 72mila miliardi di dollari) oppure l'equivalente del Pil generato dal mondo intero (77mila miliardi). Nel complesso, se il debito pubblico mondiale è pari a 215 mila miliardi, un terzo si è generato nell'ultimo decennio.

Cosa significa questo? Che dovremmo spaventarci di fronte all'ipotesi di una nuova ondata di crisi. Dieci anni fa potevamo agire sul debito, oggi sarebbe molto più difficili. L'onda d’urto di un nuovo grave shock finanziario rischierebbe di essere molto pesante da gestire.

Il rischio di una nuova crisi

E qui il Sole24Ore s'è posto una domanda: esiste in qualche settore finanziario il pericolo che possa esplodere una nuova crisi? Qualche situazione a rischio c'è.

A marzo il livello dell’indebitamento delle carte di credito revolving, negli Stati uniti ha superato i 1.000 miliardi di dollari. Non è mai stato così alto nella storia. La stessa soglia è stata varcata anche per i prestiti per l’auto (peraltro si tratta di una misura alla quale gli analisti guardano con interesse, visto che è molto sensibile alla categoria subprime).

Va però anche sottolineato che parliamo di un rischio subprime 2.0 ancora molto contenuto, visto che il livello di indebitamento medio delle famiglie è sceso al 72% del Pil. Inoltre va anche detto che il grosso del debito pubblico è detenuto dalle banche, e che le regole per operare sui mercati finanziari si sono fatte molto più stringenti.
Tutto questo fa capire che sebbene il livello di allarme sia ancora basso, comunque occorre tenere gli occhi ben aperti.

lunedì 10 aprile 2017

Petrolio, sul mercato si preannuncia una settimana delicata dopo il raid USA

L'avvio di settimana del mercato del petrolio comincia all'insegna del rialzo. Almeno le prime ore di contrattazioni dicono questo. gli investitori si attendono comunque una settimana col fiato sospeso, visti gli eventi che interessano il comparto, a seguito dell'attacco USA alla Siria di Assad. Eventi che inoltre hanno ripercussioni non solo nel settore petrolifero, ma anche in altri ambiti finanziari (si veda in proposito l'argomento correlazioni trading, effetto catena)

Nei giorni scorsi i missili americani hanno colpito le basi siriane dalle quali si presume sia partito l'attacco chimico contro la popolazione inerme. Un atto punitivo che ovviamente ha fatto innalzare il livello di tensione nella zona. Sono emersi fazioni e alleanze, e chiaramente i rapporti tra Russia-Iran (al fianco di Assad) e USA sono di nuovo finiti sotto pressione. Tutto questo ha logicamente avuto delle ripercussioni sul già instabile mercato del petrolio.

Avvio in salita sui mercati per il petrolio

Questa mattina, sulla scia delle possibili ripercussioni dell'attacco americano in Siria, il petrolio è andato ancora in rialzo sui mercati asiatici. Il greggio si muove poco sotto i massimi da inizio marzo toccati venerdì. Il WTI con consegna a maggio guadagna infatti lo 0,40% a 52,46 dollari al barile, mentre il Brent sale dello 0,36% a 55,73 dollari al barile. Dal punto di vista tecnico non abbiamo grandi indicazioni dall'indicatore Rsi opzioni binarie, per cui prendiamo tempo e aspettiamo gli eventi.

Bisogna ricordare che in questo momento sul mercato del petrolio è in atto una situazione di equilibrio precario. Il prossimo vertice Opec, in programma il prossimo 25 maggio, dovrebbe estendere i tagli alla produzione anche nella seconda parte dell'anno. Ma la storia dimostra che raggiungere le intese non è mai stato semplice nell'Opec.

sabato 8 aprile 2017

Consumi: sarà una Pasqua salata per gli italiani. Lo dice Codacons

Con la Pasqua arriverà anche una mezza stangata per le famiglie italiane. Secondo quanto riferisce infatti Codacons, una raffica di rincari che da inizio 2017 ha interessato il comparto alimentare, si rifletterà sulla spesa che le famiglie faranno per organizzare pranzi e cene durante le festività. Quei rincari sono stati frutto di maltempo e speculazioni, e in primo luogo dell'effetto domino innescato dal caro-carburante. Quest'ultimo ha avuto effetti a cascata sui prodotti trasportati e in generale sui listini al dettaglio. Aumenti che possono essere stimati nel 4,5% rispetto allo scorso anno.

Pasqua e i consumi

Secondo quanto riferisce Codacons, a Pasqua gli italiani spenderanno complessivamente quasi 1,1 miliardi di euro. I prodotti più classici non se li farà mancare nessuno: agnello, salumi, uova, nel rispetto della tradizione. A livello numerico, ci si attende un consumo pari a 31,7 milioni di uova di cioccolata e circa 27 milioni di colombe. Otto famiglie su 10 decideranno di trascorrere la festa a casa, preparando le ricette della tradizione.

Va detto che negli ultimi giorni, il Codacons ha avuto modo di pronunciarsi sulla questione del potere di acquisto delle famiglie. Secondo Istat nel 2016 c'è stata una ripresa, con una dinamica che non si vedeva da quindici anni: il potere d'acquisto delle famiglie nell'intero 2016 è aumentato dell'1,6%, il rialzo maggiore dal 2001.

Tuttavia Codacons parla di una "illusione ottica", nel senso che questo aumento è generato soltanto dalla deflazione e al crollo dei prezzi al dettaglio avvenuto nel corso del 2016, quando l'inflazione ha fatto segnare una media del -0,1%. Tra il 2007 e il 2014, infatti, la capacità di spesa delle famiglie è diminuita complessivamente del -12%, mentre nello stesso periodo i consumi degli italiani sono crollati per la maxi-cifra di 80 miliardi di euro.


giovedì 6 aprile 2017

Fomc, i verbali scuotono il mercato: rischio bolla su Wall Street

Nella serata di ieri sono state pubblicate le minute dell'ultima riunione del Fomc (il braccio di politica monetaria della Fed), quella che ha deciso il rialzo dei tassi USA di un quarto di punto percentuale. Ed è stato un documento importante per il popolo degli investitori.

Le considerazioni del Fomc

Anzitutto dal documento si evince la volontà della Fed di tagliare una fetta dei 4,5 trilioni di dollari di bond che ha in bilancio, e in secondo luogo alcuni membri del Fomc ritengono che l'azionario USA versi in una condizione di bolla, e cioè le alte quotazioni a Wall Street sono più ispirate a una maggiore propensione al rischio tra gli investitori, piuttosto che alle aspettative di una crescita economica più solida.

Dal punto di vista monetario, lo smobilizzo di bond da parte della Fed avrebbe un effetto equivalente a quello di una stretta monetaria, contraendo liquidità su quei mercati che finora hanno beneficiato di una massiccia iniezione di cash. Da qui la reazione immediata di Wall Street, che è andata in calo (S&P -0,3%, Nasdaq -0,6%, giù anche il Dow Jones).

Il rapporto euro-dollaro

A proposito di effetti monetari, va detto che sin dall'inizio del mese scorso, il rapporto tra euro e dollaro ha cominciato un movimento rialzista che ha portato le quotazioni fino a 1.09 (dati di eToro webtrader openbook). Da quel momento però è cominciata una correzione al ribasso che sta portando nuovamente il cross in area 1.057, dopo essere andato a “sbattere” contro la resistenza in area 1.0878. Bisogna vedere se adesso il supporto reggerà oppure si innescherà un movimento ribassista.

Ricordiamo che secondo molti analisti (tra cui Goldman Sachs) nel corso del 2017 il rapporto di cambio tra euro e dollaro dovrebbe raggiungere la parità (vedi qui previsioni eur usd 2017). Intanto questa mattina il cross EUR/USD ha toccato il minimo settimanale a quota 1.06349, e sta quindi proseguendo il suo movimento discendente.

Va ricordato che la BCE ha di recente mostrato un volto molto cauto, visto che ha ribadito la necessità di un approccio ancora morbido sulla questione del tapering, anche per evitare importanti apprezzamenti dell'euro stesso (una valuta più debole consente benefici sulla bilancia commerciale).

martedì 4 aprile 2017

Borsa, comincia in modo fiacco il debutto di Unieuro

Non inizia benissimo il debutto di Unieuro in Borsa. La catena retail di elettronica infatti, con una base di partenza di 11 euro è partito a soli 11,05 euro, per poi scivolare fino a 10,95 euro. Unieuro è sbarcato sul segmento Star di Borsa Italiana, dedicato alle imprese che hanno particolari parametri di capitalizzazione e prospettive di crescita.

Il debutto di Unieuro in Borsa

Grazie ad un'offerta curata da Citigroup, Credit Suisse e Mediobanca (inoltre UniCredit ha assunto le vesti di joint bookrunner) riservata esclusivamente agli investitori istituzionali, ha collocato 6,36 milioni di azioni, per un flottante del 31,8% che salirà al 35% se sarà interamente esercitata la green-shoe.

Il prezzo dell'Ipo è stato posto sotto il minimo della forchetta indicativa di 13-16,5 euro, infatti è di 11 euro. Se teniamo conto che è stato deciso di distribuire utili per 20 milioni per l'esercizio chiuso il 28 febbraio, allora il dividendo unitario di 1 euro in stacco tra qualche mese (settembre) offre un rendimento del 9% sul prezzo dell'Ipo. La capitalizzazione di Borsa iniziale è di 220 milioni.

Chi è il colosso Unieuro? Parliamo di un brand con una rete di 457 punti vendita (180 negozi diretti) che ha generato ricavi pari a 1,5 miliardi nell'ultimo esercizio completo. Va sottolineato che la distribuzione dei dividendi - per gli anni successivi a quello in corso - raggiungerà almeno il 50% dell'utile rettificato, dal momento che il dato contabile sconta infatti fattori straordinari che però non esisteranno più da qui al prossimo triennnio, quando utili contabili e rettificati si equivarranno.

domenica 2 aprile 2017

Mercato del petrolio ancora incerto attorno a quota 50 dollari

Il mercato del petrolio ha chiuso l'ottava in rialzo, ridando un po' di respiro ad un settore che negli ultimi mesi è stato spesso ondivago e caratterizzato da oscillazioni improvvise. L'oro nero ha beneficiato dell'impatto positivo avuto dalle interruzioni dell'offerta in Libia nonché dal calo delle forniture di molti Paesi OPEC.

Vediamo subito il grafico tecnico del mercato del petrolio Wti, dove abbiamo utilizzato anche l'oscillatore stocastico trading, che come vediamo sta rimbalzando da una zona di ipervenduto.

Possiamo anche fare una ulteriore annotazione osservando il grafico. E' in formazione un patern Tower, che potrebbe ulteriormente completarsi in settimana (vedi qui tower top pattern (bottom)).

A fare da assist alle quotazioni dell'oro nero è il fermo operativo dell'oleodotto più grande in Libia (i giacimenti occidentali di Sharara e Wafa sono stati bloccati da dimostranti armati) che hanno causato un calo della produzione del paese di 560 mila barili al giorno. Un altro driver al rialzo è stata la crescita delle aspettative riguardo i tagli alla produzione dell'OPEC.

Le criticità del mercato del petrolio

Questi fattori hanno bilanciato e prevalso su altri - di segno opposto - riguardanti il rialzo record delle scorte USA. Come accade sempre, appena i prezzi del greggio cominciano a salire, negli Stati Uniti riprendono a grande ritmo le attività di trivellazione. I dati forniti dall’EIA evidenziano un incremento delle riserve settimanali di greggio, negli Stati Uniti, di 867 mila barili, al record di quasi 534 milioni barili. L'OPEC proprio per questo motivo fa fatica a frenare il mercato.

In tale contesto, servirebbe un accordo di estensione dei tagli OPEC almeno a tutto il secondo semestre 2017 per poter consolidare i recuperi del petrolio.
Secondo molti il mercato del petrolio sarà orientato soprattutto dal comportamento dei fracker americani, anche più delle mosse dell’Opec. Tuttavia una rinnovata fiducia nella prosecuzione dei tagli produttivi potrebbe spingere il Wti a stare oltre la soglia psicologica dei 50 dollari al barile.
Ad ogni modo, lo scenario di medio periodo del greggio WTI sembra ancora indicare una tendenza negativa, sia pure ad una attenta analisi del grafico a breve si nota un allentamento della fase ribassista.