venerdì 15 dicembre 2017

E-commerce, Italia ancora indietro rispetto alla media UE





Il ricco settore del commercio via internet non riesce proprio a decollare in Italia. Eppure da noi quasi tutte le aziende hanno un sito, e 3 su 4 potrebbero vendere direttamente online i propri prodotti. Eppure siamo ancora un paese poco propenso all'e-commerce. Addirittura soltanto una impresa su dieci che lavora con il web ha ricevuto ordini. Un dato che in Europa è meglio soltanto rispetto a Bulgaria e Polonia.

E' il risultato di un rapporto di Eurostat, l'istituto di statistica della UE, che ha preso in esame le aziende con almeno 10 dipendenti. Siamo molto indietro rispetto alla media europea, dove il 77% delle imprese ha un sito o un'app e il 16% ha concluso una vendita.
In Italia il numero di imprese che ha deciso di puntare sul commercio via web non si è alzato negli ultimi 2 anni. Dopo il passaggio dal 12% al 16% tra il 2010 e il 2014, ci siamo improvvisamente fermati. Eppure proprio l'e-commerce potrebbe dare modo alle imprese di espandersi oltre i confini nazionali, e quindi ampliare le proprie quote di mercato.


La UE vuole più e-commerce


Creare un'area di grande vitalità sotto il profilo dell'e-commerce è uno dei punti cardine della Commissione europea, che però vorrebbe anche uno sviluppo uniforme della stessa. Invece solo il 44% delle imprese spedisce i propri prodotti in altri Stati Ue, e poco più di una su quattro va oltre il continente.

Almeno sotto questo aspetto l'Italia sta messa bene. Infatti il 55% delle aziende con un sito o un'app vende in Europa, e il 35% a Paesi non comunitari. Va anche detto che questo aspetto nasce probabilmente dal fatto di avere mercati interni piccoli. Non a caso tra gli Stati che hanno maggiore propensione alla vendita oltreconfine assieme all'Italia ci sono Cipro, Grecia, Lituania, Lussemburgo, Austria e Malta.

Un ultimo aspetto è molto importante. Secondo l'indagine Eurostat, le imprese sono frenate dal fare e-commerce per via del costo di consegna e di eventuale reso del prodotto, e per mancanza di conoscenza di una lingua straniera (13%).

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