giovedì 31 ottobre 2019

Lavoro "smart" sempre più diffuso in Italia: sono già 570mila a svolgerlo

Cresce l'esercito degli smart worker italiani, che sono ormai 570mila. Si tratta di coloro che hanno un lavoro flessibile riguardo all'orario e al luogo di svolgimento, grazie al fatto che sfruttano gli strumenti digitali che gli permettono di lavorare in assoluta mobilità.

Il lavoro ultra-flessibile in Italia

In base ai dati pubblicati nell'Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, rispetto allo scorso anno il numero di smart worker è cresciuto del 20%, a dimostrazione di quanto le imprese stiano guardando con sempre maggiore interesse a questo tipo di lavoro. Nel 2019 la percentuale di grandi imprese che ha avviato progetti di questo genere è del 58%. Ma oltre a queste aziende che si sono già mosse concretamente, c'è un ulteriore 7% di imprese che ha cominciato ad intraprendere iniziative informali, e un altro 5% che prevede di farlo nei prossimi dodici mesi. In totale quindi il lavoro extra-flessibile è preso in considerazione già dal 70% delle aziende. Anche il rimanente 30% però non è del tutto freddo allo smart working, visto che due terzi di queste imprese dichiara probabile una introduzione di futuro.

Lavoratori più coinvolti e soddisfatti

Se le aziende stanno cogliendo l'importanza del lavoro extra flessibile, chi già l'ha colta sono i lavoratori. Gli smart worker infatti hanno un grado di soddisfazione molto più elevato dei loro colleghi "tradizionali", visto che il 76% si dice soddisfatto della sua professione, contro il 55% degli altri dipendenti. Migliora anche il coinvolgimento nel proprio lavoro: uno su tre si sente pienamente coinvolto in quello che fa, contro il 21% dei colleghi tradizionali.

I benefici e le criticità

I principali benefici per chi fa questo tipo di lavoro ultra-flessibile è nel miglioramento dell’equilibrio fra vita professionale e privata (46%). Migliorano anche motivazione e coinvolgimento (35%). I problemi invece riguardano la gestione degli smart worker nei momenti di criticità aziendale, insomma nell'emergenza (per il 34% dei responsabili), oppure nel pianificare le attività (26%). Dal punto di vista del lavoratore "smart", la prima difficoltà a emergere è la percezione di isolamento (35%), poi le distrazioni esterne (21%), i problemi di comunicazione e collaborazione virtuale (11%) e la barriera tecnologica (11%).

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