martedì 26 novembre 2019

Lavoro autonomo, nell'ultimo decennio l'esercito in Italia s'è ridotto del 5%

Nell'ambito del mondo del lavoro, l'Italia può vantare un primato in ambito europeo. Non c'è infatti nessun paese che ha un numero maggiore di lavoratori autonomi rispetto al nostro. Eppure, questo esercito di lavoratori sta perdendo quota.

Lavoro autonomo meno accattivante

Anzitutto qualche numero. In Italia il numero di coloro che svolgono attività di lavoro autonomo sono oltre 5 milioni, ovvero il 21,7% della nostra occupazione complessiva. A livello relativo, la Grecia è l'unico paese che ci tiene testa, ma a livello di valori assoluti le due realtà non sono neanche lontanamente paragonabili. Nell'ultimo decennio però, il numero di autonomi nel nostro paese è decisamente calato, perdendo oltre 500mila unità. Il saldo infatti dal 2009 al 2018 è di -5,19%, più o meno la stesso percentuale che ha fatto registrare - in aumento però - il lavoro dipendente nelle sue diverse forme.

Il calo del lavoro autonomo non è stata però soltanto una caratteristica italiana. Infatti è avvenuto quasi in tutta Europa, con poche eccezioni come Paesi Bassi, Francia e Regno Unito. Inoltre secondo alcuni studi questa tendenza pare destinata ad accentuarsi in prospettiva.

I giovani e il lavoro autonomo

E' interessante notare come nella popolazione lavorativa più giovane, la percentuale di autonomi rimanga in Italia la più alta rispetto al totale degli occupati (dopo la Grecia). Tuttavia, c'è stato nell'ultimo decennio un calo più accentuato della propensione a mettersi in proprio, sia per colpa della riduzione demografica della popolazione giovanile, sia per le difficoltà di accesso al mercato del lavoro. Per questo i giovani autonomi sono risultati in calo (-31,9%) più di quanto sia accaduto in generale con il numero di occupati tra i 25 e 34 anni, che si è ridotto del 21,4%.

Altrettanto interessante è comprendere la motivazione per cui i giovani italiani scelgono il lavoro autonomo anziché dipendente. Il 39% lo fa perché si è presentata "la giusta occasione", il 24,2% perché vuole proseguire un business famigliare già avviato, mentre solo il 10,4%, lo fa perché non ha trovato un lavoro dipendente.

venerdì 22 novembre 2019

Mercato petrolifero ancora sui massimi da due mesi a questa parte

Sono due i fattori che stanno incidendo in modo determinante sull'andamento del mercato petrolifero. Da una parte le novità riguardo alla trade war; dall'altra l'approssimarsi dell'importante vertice OPEC+ che sarà chiamato a decidere sul prolungamento dei tagli alla produzione.

Mercato petrolifero in rialzo

Negli ultimi giorni questi fattori hanno agito da traino alle quotazioni dell'oro nero, spingendo il mercato petrolifero sui massimi da due mesi a questa parte. Era infatti da metà settembre che il Brent non raggiungeva quota 64 dollari al barile (e le strategie con Parabolic Sar evidenziano ulteriori slanci rialzisti), così come il WTI non arrivava verso 58,30. A metà settembre furono gli attacchi alle attività petrolifere dell'Arabia Saudita, a dare una improvvisa scossa alle quotazioni di oro nero.

Lato della domanda di mercato

Adesso, come detto, sono invece altri fattori che guidano il emrcato. Dal lato della domanda l'attenzione è all'evoluzione dei negoziati tra USA e Cina sulla guerra commerciale. Negli ultimi tempi si respira a tratti un certo ottimismo (Pechino ha invitato una delegazione Usa a discutere sull'accordo di fase1), il che è molto positivo per l'economia globale. E a sua volta è positivo per il mercato petrolifero, visto che dall'andamento dell'economia globale dipende la domanda di petrolio.

Offerta di mercato

Sul lato dell'offerta invece l'attenzione è tutta rivolta all'ormai imminente vertice Opec di Vienna, in programma il 5-6 dicembre. Un appuntamento cerchiato in rosso sui calendari economici delle piattaforme di trading online. Sono sempre più concrete le possibilità che Russia e Cartello rinnovino i tagli alla produzione fino a metà 2020, il che ha dato una spinta ai prezzi.
Intanto i dati evidenziano che le scorte USA hanno raggiunto i livelli più bassi da agosto, provocando qualche timore aggiuntivo sul lato offerta. Vanno inoltre monitorate le tensioni sulla striscia di Gaza e in Siria, che potrebbero avere ripercussioni sul mercato petrolifero.

mercoledì 20 novembre 2019

Il mercato boccia le centrali a carbone: spreacano soldi e tra pochi anni spariranno

Il mercato dell'energia si prepara a dire addio al carbone come fonte per la generazione di energia elettrica. E non è solo questione di sensibilità ambientale, ma per le aziende è anzitutto una questione di costi. Non sono più sostenibili.

Buco nero nel mercato

A sottolineare questo scenario è il think tank Carbon Tracker, che analizzando il settore Power and utilities ha stimato che nella UE quasi quattro centrali elettriche su cinque maggioranza che sfruttano il carbone o la lignite sono in rosso. Parliamo di una cifra che complessivamente si aggira sui 6 miliardi di euro nel 2019 persi dal mercato. Per questo motivo si ipotizza che tra pochi anni - rispettivamente 2025 e 2030 - non esisteranno più la generazione elettrica da carbone e da lignite.

A conferma di questo quadro giova sottolineare come una delle grandi industrie italiane che opera in questo mercato, Enel, ha di recente svalutato per ben 4 miliardi le sue centrali a carbone. Questa fonte fossile è la più inquinante ma anche la più costosa, visto il funzionamento del mercato delle emissioni di Co2. Al punto che l'azienda ha sottolineato che è “remota la possibilità di un relativo funzionamento nel mercato elettrico nel futuro”. E ribadiamo che non è una questione di sensibilità ambientale, visto che il gas naturale, meno inquinante ma pur sempre inquinante, verrà ancora sfruttato.

La mappa delle centrali

In Italia la generazione elettrica da carbone attualmente vale complessivamente 8 GW di capacità installata distribuita su otto impianti: Brindisi Sud, Civitavecchia, Sulcis, Fusina (Venezia), Bastardo (Perugia) e La Spezia di proprietà di Enel e altri due di Ep Produzione e A2A. Secondo il piano nazionale energia, fra sei anni questi siti dovranno essere convertiti a una produzione energetica più pulita (rinnovabili o gas naturale). In Unione europea esistono oltre 300 centrali a carbone con prevalenza in Germania e nei paesi dell’Est.

lunedì 18 novembre 2019

Brexit con "deal", buone notizie: Tories in netto vantaggio per le elezioni

Dal fronte delle elezioni generali, in programma il prossimo 12 dicembre nel Regno Unito, arrivano le ultime novità su Brexit che hanno spinto la sterlina.

Si viaggia verso il sì all'accordo su Brexit

Secondo gli ultimi sondaggi, la forbice tra i Tories e i Laburisti si sarebbe ampliata, e adesso il partito del premier Boris Johnson avrebbe circa 14-17 punti di vantaggio. Aumentano così le probabilità che i Tories possano raggiungere la maggioranza, e questo metterebbe in discesa la strada per l'approvazione del contestatissimo accordo su Brexit, raggiunto tra Johnson e Bruxelles.

Si riduce sempre di più quindi il rischio di una uscita disordinata del Regno Unito dalla UE, anche perché il primo ministro ha dichiarato che tutti i 635 candidati del Partito Tory per le elezioni generali di dicembre, sono favorevoli al suo accordo sulla Brexit.

Va precisato però che anche se i sondaggi danno i Tories in vantaggio, il partito ha cinque punti in meno rispetto alla percentuale che aveva nella stessa fase della campagna elettorale del 2017: il responso delle urne rese necessario un accordo con il partito nordirlandese unionista Dup per consentire ai conservatori di formare un governo.

Le reazioni sui mercati finanziari

Tanto basta per spingere la sterlina, come si può verificare sui migliori siti di trading online autorizzati. La valuta britannica, che nelle ultime settimane aveva oscillato dentro una fascia ristretta contro l'euro, ha improvvisamente dato uno strappo raggiungendo i massimi da inizio maggio.

Se il cambio Eur-Gbp è scivolato a 0,8522, con formazione in corso di un morning star evening star pattern, rispetto al dollaro (GBP-USD) la sterlina si ha raggiunto il massimo di circa 4 settimane a 1,2985. La valuta del Regno Unito è salita a 141,57 contro lo yen, il suo massimo dal 20 maggio.
Come si può vedere, l'andamento della sterlina continua ad essere fortemente influenzato dall'andamento della questione Brexit, e la cosa continuerà ancora così finché non si scriverà la parola fine al lunghissimo percorso di uscita del Regno Unito dalla UE.

giovedì 14 novembre 2019

Spread, perché la Grecia (in prospettiva) sta messa meglio di noi?

Negli ultimi giorni si è tornato a parlare dello spread, malgrado il differenziale tra titoli di stato italiani e tedeschi non abbia subito sostanziali cambiamenti. Nell'ultimo bimestre infatti ha oscillato tra 130-150 punti base.

La dinamica dello spread nella UE

Stavolta però, proprio la stabilità dello spread è quella che sorprende. Infatti da poco la BCE ha annunciato la ripresa del quantitative easing, ovvero il piano acquisto titoli, che riguarda anche quelli italiani. Eppure mentre il differenziale di rendimento rispetto ai Bund tedeschi continua a calare negli altri paesi, da noi resta fermo. In Portogallo ad esempio c'è stato un calo sui 55 punti base, in Spagna siamo sui 60.

Quello che però ha sorpreso di più è il calo deciso dello spread della Grecia, arrivato ai livelli di quello italiano, quando un anno fa era superiore di circa 100 punti. La cosa più sorprendente è che i titoli greci non possono neppure beneficiare della politica di quantitative easing della Bce, giacché il rating dei titoli di Stato ellenici è inferiore al minimo regolamentare.

Ma allora perché i mercati sembrano considerare i nostri titoli di debito più rischiosi? Sostanzialmente per tre fattori.

Grecia e Italia a confronto

Il primo riguarda le finanze pubbliche. La Grecia ha realizzato un aggiustamento di bilancio molto sostenuto, che ha portato il saldo primario da -2,1% nel 2015 a +4,4% lo scorso anno. Il calo del debito pubblico greco alleggerisce anche il costo per interessi. L'Italia invece è l'unico paese dell’area euro con un debito pubblico che continua a crescere, e il pagamento degli interessi sul debito (3,5% del Pil) supera il tasso di crescita dell’economia, mettendo a rischio la sostenibilità del debito.

In secondo luogo, il rating italiano è migliore di quello greco (BBB contro BB), ma il nostro outlook è negativo e il loro positivo, questo significa che i due rating potrebbero invertirsi a breve termine. Tale rischio pesa in modo determinante sullo spread italiano. Infine, la crescita economica greca mostra segnali forti, malgrado la lunga recessione che l'ha colpita. Il PIL lo scorso anno è cresciuto del 2,4%, tre volte meglio dell’Italia. La svolta c'è stata, mentre in Italia no.

martedì 12 novembre 2019

Lavoro: gli stranieri creano 139 miliardi di ricchezza e producono il 9% del Pil


L'ultima fotografia del mercato del lavoro in Italia scattata da ISTAT, racconta che da noi ci sono circa 2,5 milioni di di lavoratori stranieri, pari al 10,6% del totale degli occupati. Il loro contributo al nostro PIL (Prodotto Interno Lordo) è pari a circa il 9%, visto che generano una ricchezza pari a 139 mld.

I numeri del lavoro straniero in Italia

L'incidenza dei lavoratori stranieri è passata dal 7,9% del 2009 a 10,3% del 2014, per poi stabilizzarsi negli ultimi 5 anni. Rispetto a una decina di anni fa, si sono ridotti i permessi per lavoro di quelli che giungono in Italia. Sono infatti passati da 360 mila del 2010 a meno di 14 mila del 2018 (-96%). Il più delle volte l'arrivo infatti è riconducibile a motivi umanitari.

Complessivamente, il numero di stranieri che lavora nel nostro paese è leggermente superiore a quello dei disoccupati italiani (2,4 milioni), con un tasso di occupazione pari al 61,2% nel 2018. L'equivalenza del numero di immigrati impiegati e dei disoccupati italiani, li fa erroneamente percepire come una "minaccia". Ma è una distorsione dei fatti perché gli occupati stranieri e quelli italiani infatti svolgono lavori diversi, che il più delle volte complementari tra loro.

Qualifiche e mansioni

Gli stranieri sono impiegati in prevalenza nei settori molto esposti alla crisi, come l'edilizia, la ristorazione e l'agricoltura. Proprio per questo sono quelli che hanno maggiormente risentito della crisi. Hanno titoli di studio meno elevati, e il divario si è ampliato nell'ultimo decennio. La quota di coloro che possiedono un titolo di studio almeno secondario superiore si è molto ridotta. E' rimasta molto bassa la quota di quelli che hanno una laurea.

Questa situazione si riflette nel tipo di lavoro che si trova, visto che soltanto il 29% degli stranieri è impiegato in professioni qualificate e tecniche. Le principali mansioni sono nel lavoro domestico e nei servizi alla persona.

venerdì 8 novembre 2019

Banca Centrale di Praga ferma sui tassi, ma preannuncia altri rialzi in futuro

Durante la giornata di giovedì, ci sono stati due meeting di politica monetaria. Entrambi si sono conclusi con un nulla di fatto. La Bank of England e la Banca centrale della Repubblica Ceca hanno infatti confermato il costo del denaro.

La decisione della banca centrale di Praga

Riguardo all'istituto di Praga, anche se è stato confermato il costo del denaro al livello attuale, va detto che l'impostazione sostanziale è rimasta da falco. Infatti, come era già accaduto nel meeting di settembre, due membri del consiglio hanno votato per un aumento del costo del denaro. Ricordiamo che la CNB ha operato una stretta di 25 punti base nel meeting di maggio, e che lo scorso anno ci furono ben 5 aumenti del costo del denaro.

Proprio questi venti hawkish hanno sostenuto la marcia della Corona Ceca nel corso dell'ultimo mese, caratterizzato da segnali forex gratis in tempo reale che puntavano con decisione sul rialzo della valuta ceca. La Corona tuttavia ha reagito in modo debole all'ultima decisione della CNB. Infatti la coppia EUR-CZK si continua a muovere nella zona di 25,50, nell'orbita dei minimi toccati lo scorso mese di luglio. Si sta invece indebolendo nei confronti del dollaro. La coppia USD-CZK infatti da inizio novembre sta prendendo quota e si avvicina a livelli visti l'ultima volta un mese fa.

Le previsioni della CNB

Nel corso del meeting di politica monetaria della banca centrale ceca, sono state anche formulate le nuove previsioni riguardo crescita e inflazione. Secondo la CNB, l'economia ceca rallenterà il prossimo anno, dal 2,9% al 2,4%. Dovrebbe invece crescere l'inflazione, fino al 2,7% nel 2020, anche per gli effetti di una corona più debole. Secondo la banca centrale ceca infatti, la valuta nazionale rimarrà verso questi livelli contro l'euro nei prossimi due anni (qui invece ci sono le previsioni cambio dollaro franco svizzero, fatte dal mercato). Secondo il governatore Rusnok, la nuova previsione è in linea con un aumento dei tassi di interesse del mercato interno in questo e nel prossimo trimestre, seguito da un calo dalla metà del prossimo anno.

mercoledì 6 novembre 2019

Mutuo e surroga, a ottobre è boom di richieste: +18,4% rispetto a un anno fa

Schizzano verso l'alto le richieste di mutuo e surroga da parte delle famiglie italiane. A ottobre è stato infatti registrato un eloquente +18,4% rispetto alle richieste effettuate nello stesso mese di un anno fa.

I dati sulle richieste di mutuo

E' questo il quadro che emerge dal Sistema di Informazioni Creditizie, gestito da CRIF, che raccoglie le informazioni su oltre 85 milioni di posizioni creditizie. Va detto che il dato conferma - e anzi fortifica - la ripresa che era stata registrata a settembre, quando s'era registrata la prima variazione positiva dopo un periodo opaco. Sono soprattutto le surroghe a far registrare i dati più incoraggianti, grazie ai tassi applicati che negli ultimi mesi hanno toccato i nuovi minimi.

Oltre all'aumento del numero di richieste, sono cresciuti anche gli importi medi richiesti. L'ultima rilevazione infatti evidenzia una cifra media che nel mese di ottobre è stata di 133.600 euro, con un incremento del +4,2% rispetto al corrispondente mese del 2018. Questo importo medio è inoltre il più elevato che sia stato registrato negli ultimi 7 anni.

Mutui, fasce di prezzo e di età

Riguardo alle fasce di prezzo, c'è stata una concentrazione delle richieste nella classe compresa tra 100.001 e 150.000 euro (29,7% del totale), ma anche per importi maggiori (quelle tra 150.001-300.000 sono state il 22,4% del totale). Tuttavia bisogna sottolineare anche la grossa presenza di richieste nella fascia inferiore ai 75.000 euro, che sono state il 24,%. In questa fascia sono solite rientrare i mutui di sostituzione.

Riguardo alla durata, la preferenza dei richiedenti di mutuo è verso piani di rimborso compresi tra i 16 e i 20 anni, che arrivano a spiegare il 25,4% del totale delle richieste. Complessivamente, il 75% delle richieste prevede un piano di rimborso superiore ai 15 anni. Circa le fasce di età invece, le richieste di mutuo e surroga sono in prevalenza pervenute dalla fascia d’età compresa tra i 35 e i 44, che si conferma la maggioritaria con il 34,3% del totale. Tuttavia continua a crescere il peso della popolazione più giovane, con gli under 35 che arrivano a spiegare quasi il 30% del totale.

lunedì 4 novembre 2019

Settimana finanziaria, avvio all'insegna dell'ottimismo sui mercati

E' cominciata sotto una buona stella la settimana finanziaria in Asia, e con un certo ottimismo quella in Europa. A spingere i listini sono i dati più positivi del previsto sull’occupazione Usa, combinati con l’ottimismo sulle trattative commerciali Usa-Cina.

Driver dell'inizio settimana finanziaria

Come detto, il primo impulso di questa settimana finanziaria arriva dal fronte della guerra commerciale. Il segretario al Commercio Usa Wilbur Ross ha detto a Bloomberg Rv che la trattativa sui dazi va avanti bene. Ha anche fissato un termine: “Non c’è ragione per pensare che la fase uno dell’accordo non si chiuderà questo mese”. Il segretario al commercio USA ha anche aggiunto che stanno per essere recapitate alle società che l’hanno richiesta, la licenza speciale per fare affari con Huawei. I segnali di schiarita e di disgelo quindi vanno avanti, anche se nel frattempo il WTO, ovvero l'organizzazione mondiale del Commercio, ha approvato i dazi cinesi contro beni americani per un valore di 3,6 miliardi di dollari.

Borse asiatiche ed Europee

Se esaminiamo i report dei Consob broker autorizzati e siti trading, possiamo vedere che Hong Kong ha segnato un rialzo di 1,3% senza risentire degli scontri tra manifestanti e polizia. La settimana finanziaria alla Borsa di Tokyo invece comincia con una chiusura per festività. Bene Shanghai (+0,7%) alla vigilia dell’intervento di Xi Jingping al vertice con i partner commerciali di Pechino. In positivo chiusdono pure Seoul (+1,2%) e Taiwan (+1,3%). Nel frattempo anche le Borse europee aprono in rialzo, nel giorno del primo discorso della neo presidente della Bce, Christine Lagarde. A Milano l'indice Ftse Mib avanza dello 0,49% a quota 23.046 punti. In rialzo anche Madrid (+0,52%), Francoforte (+0,48%), Parigi (+0,46%) e Londra (+0,30%).

Per quanto riguarda le valute, continua (quinto giorno consecutivo) il calo del cambio dollaro-yuan, a 7,03. Tuttavia, per chi adotta un sistema di trading forex intraday non è che la giornata regali grandi spunti. Euro dollaro piatto a 1,166 in avvio, mentre tra gli emergenti rimbalza in rand sudafricano (+1%) che beneficia del mancato declassamento di Moody’s.