C'è un fenomeno che da oltre vent'anni caratterizza l'economia italiana. Inquietante a dir poco. La nostra crescita è troppo lenta se non addirittura assente. Questo è il risultato di molteplici fattori che concorrono a creare un circolo vizioso difficile da interrompere.
I numeri difficili sull'economia italiana
I dati di fatto dicono che l'Italia, dopo il boom economico vissuto dall'uscita dalla guerra, non ha più saputo reggere quella espansione veemente del prodotto interno lordo. Era normale aspettarsi una progressiva frenata, ma purtroppo si è andati ben oltre. Infatti dalla crisi finanziaria del 2008 e la crisi del debito sovrano del 2011-2012, la nostra economia si è impantanata, mentre altri Paesi hanno saputo recuperare rapidamente i loro livelli di crescita.I problemi della nostra economia
Quali sono i fattori che frenano l'economia italiana? Il primo dato che invita a riflettere è senza dubbio quello relativo al lavoro. Il nostro tasso di occupazione è notevolmente più basso della media Europea. Da noi meno di due italiani su tre ha un lavoro. Inoltre l'invecchiamento demografico (abbiamo un tasso di natalità tra i più bassi d'Europa) impedisce un ricambio generazionale adeguato, che è un fattore necessario per la crescita a lungo termine dell'economia. A tutto questo si aggiunge poi una produttività che ristagna, perché se da noi è aumentata dello 0,2% a partire dal 1995, mentre in Francia e in Germania questa percentuale sale al 16%.
Il ruolo della formazione e dell'istruzione
Un fattore estremamente importante per il successo di un'economia è l'istruzione e la formazione dei suoi giovani. Noi siamo penultimi nell'Unione Europea in quanto a percentuale di laureati, e tra i peggiori paesi riguardo alla formazione continua. Senza un capitale umano adeguatamente formato è difficile portare avanti un economia, e ancor meno creare opportunità di innovazione.
La fuga dei giovani talenti
È anche vero però che bisogna pure creare un terreno fertile per i nostri giovani talenti. Un paese nel quale i salari sono stagnanti da oltre 30 anni, dove la meritocrazia è merce rara e la pressione fiscale aumenta sempre non può che produrre una conseguenza, ossia un plotone di venticinquemila laureati che ogni anno lasciano il nostro paese per cercare migliori opportunità all'estero. E se un paese soffre di una costante emorragia di talenti, difficilmente vedrà la sua economia fiorire