venerdì 30 novembre 2018

Economia, quanti temi caldi sul tavolo del G20

L'appuntamento clou per l'economia globale è cominciato a Buenos Aires. Il G20 riunisce i ministri delle finanze e i governatori degli istituti centrali internazionali, che discuteranno di molti temi caldi.

I temi caldi dell'economia

Si parlerà di petrolio, che nelle ultime settimane hanno viaggiato sulle montagne russe, innescando una discesa ripida dopo una feroce salita. La presenza di Arabia Saudita, Russia e Stati Uniti (che controllano insieme un terzo della produzione mondiale) sarà una importante occasione per delineare le sorti del settore, che settimana prossima vivrà un altro appuntamento cruciale a Vienna (riunione produttori di petrolio). Si parlerà molto dell'economia europea, delle conseguenze di Brexit e della tensione sulla manovra italiana. Ma anche della guerra dei dazi e del rallentamento della crescita globale.

Gli incontri bilaterali

Ma non saranno solo le banche centrali ad essere protagoniste. Anzi, l'attenzione del mondo dell'economia è incentrata sugli incontri bilaterali di alcune super-potenze. Quello che non ci sarà più tra i presidenti di Russia e USA, Putin e Trump, cancellato dall’inquilino della Casa Bianca perché Mosca ha rifiutato di rilasciare i marinai ucraini di tre navi intercettate dalle forze armate russe domenica scorsa nel Stretto di Kerch. Ci sarà invece quello tra il numero uno americano e l'omologo cinese Xi Jinping, per discutere della disputa commerciale crescente tra le due maggiori potenze nel mercato mondiale.

Dopo il summit di 2 giorni, i partecipanti firmeranno una dichiarazione con la quale si impegneranno a rispettare i temi trattati e perseguire gli obiettivi prefissati a Buenos Aires.Nella capitale argentina peraltro il clima è caldissimo.Si preannunciano dimostrazioni di massa, con decine di migliaia di persone che hanno annunciato proteste nella capitale argentina contro la globalizzazione e la crisi economica.

mercoledì 28 novembre 2018

Dollaro in ascesa, l'Index ai massimi di due settimane

In attesa delle dichiarazioni del capo della FED Jerome Powell (stasera) e della pubblicazione delle minute dell'ultimo meeting di politica monetaria (domani), il dollaro mette il turbo e vola ai massimi di due settimane contro il paniere delle valute.

La marcia del dollaro

Il Dollar Index (che replica l’andamento del biglietto verde contro un paniere di altre sei principali valute) è infatti cresciuto a 97,35 nel corso della notte, raggiungendo il suo livello massimo dal 13 novembre. Sui migliori siti Forex gratis però il clima resta prudente. Gli investitori del dollaro attendono infatti il discorso del Presidente Jerome Powell e i verbali del vertice di novembre della banca centrale, in uscita domani. Da questo doppio appuntamento i trader sperano di cogliere le intenzioni dell'istituto americano riguardo ai futuri aumenti dei tassi di interesse.

Le mosse della FED

Non ci sono molti dubbi riguardo al fatto che la Fed dovrebbe alzare i tassi per la quarta volta nell'ormai imminente vertice di dicembre. Più in discussione sono gli altri tre aumenti previsti nel corso del 2019. Il tono molto cauto di alcuni policymaker infatti ha alimentato le possibilità che la Federal Reserve possa rallentare il ritmo dei futuri aumenti. Alla base di ciò ci sarebbero sia le prospettive economiche globali che sono in rallentamento, sia le tensioni commerciali. A tal proposito c'è molto interesse per il summit del G20 a Buenos Aires di questa settimana, durante il quale Trump incontrerà il Presidente cinese Xi Jinping per discutere del commercio. La speranza dei trader è che possa in parte ricomporsi la frattura, ma nessuno sembra nutrire troppe speranze in merito.

Suggerimento: chi adotta tecniche di scalping Forex 1 5 minuti dovrebbe muoversi con molta cautela sui mercati valutari.

Tornando al dollaro, la sua quotazione contro l'euro nel pomeriggio è rimasta stabile verso quota 1.13, dopo essere sceso anche a 1.128. Greenback stabile al massimo di due settimane contro lo yen, con la coppia USD/JPY a 113,79. La coppia GBP/USD invece rimane stabile.

lunedì 26 novembre 2018

Mercato del Gas: ormai è guerra fredda tra USA e Russia

Il desiderio di Trump è rendere gli USA il padrone delle energie, in tutte le loro forme. E ci sta riuscendo. Dopo aver alimentato lo sviluppo delle risorse da shale, gli Usa sono diventati i primi produttori al mondo di petrolio superando i sauditi. E anche il mercato del gas adesso è in mano loro, a dispetto della enorme produzione russa. Una guerra fredda moderna ed economica, combattuta a colpi di impianti e gasdotti. Una guerra fredda che sta diventando sempre più aspra.

La battaglia nel mercato del gas

Il mercato del gas si arricchisce costantemente di nuovi impianti. In Louisiana è in funzione il primo autorizzato a esportare, mentre in Texas è stato appena inaugurato un altro terminal. Anche in Maryland si lavora al gas. Diversi altri impianti dovrebbero entrare in funzione il prossimo anno. La capacità produttiva americana destinata alla esportazione arriverà a 65 tonnellate l’anno. Gli USA strizzano l'occhio soprattutto all'Europa, dove la produzione locale è in declino. Finora da queste parti ci si rivolge soprattutto alla Russia, che soddisfa il 30% del nostro fabbisogno.

Il problema per gli USA è che non è affatto facile conquistare il mercato al di là del'Oceano. I costi non sono tali da poter fare veramente concorrenza agli altri produttori, specie nei Paesi (come l’Italia) che dispongono di molte alternative. Servirebbe praticare sconti eccezionali, che però rappresentano una possibilità difficilmente percorribile. Trump punta invece su un'altra arma: scambia la fornitura di gas con le esenzioni da dazi o sanzioni commerciali. Trump ha stretto accordi con la UE. Washington ad esempio minaccia sanzioni che colpirebbero il colosso russo Gazprom, ma anche i suoi soci europei (Wintershall, Uniper, Shell, Omv ed Engie). E proprio a Gazprom sta togliendo quote di mercato in paesi dell’Europa dell’Est (Lituania, Polonia).

L'arrivo dirompente degli americani nel mercato del gas europeo è positivo, perché aumenta la concorrenza e quindi serve a contenere i prezzi. Ma probabilmente non basterà a conquistare l'Europa.

sabato 24 novembre 2018

Petrolio, altro tonfo. Il Brent retrocede ai livelli di un anno fa

Non conosce pause la corsa al ribasso del petrolio, che ha vissuto un venerdì nerissimo. La settimana dell'oro nero si è chiusa con un bilancio pessimo, col Brent che è scivolato sotto 60 dollari al barile, mentre il WTI vede sempre più vicina la soglia dei 50 dollari. Livelli che non si vedevano da un anno.

La corsa in picchiata del petrolio

A furia di tonfi improvvisi, sedute di volatilità molto marcata e cedimenti importanti, viene il sospetto che sul mercato del petrolio ci siano forti riposizionamenti da parte di soggetti finanziari. Forse si tratta delle banche che hanno fatto da controparte alle operazioni di hedging di compagnie petrolifere e governi stranieri, come Messico e Brasile.

L'andamento ribassista sui mercati petroliferi ormai prosegue da un mese. Basta consultare i grafici da una qualsiasi lista siti trading affidabili autorizzati. Il quadro complessivo dei fondamentali è abbastanza deteriorato e giustifica l’inversione di tendenza. A pesare infatti sono i segnali di un eccesso di offerta globale. Magari però non ci si aspettava un declino così forte subito dopo la corsa che aveva portato il prezzo del petrolio ai record da 4 anni a ottobre.

Suggerimento: se vi piace fare trading su valute, materie prime o altri asset, cercate sempre di studiare gli spread migliori. Qui si parla dei spread plus500 migliori.

I fattori della frenata

La spinte contrarie sono diverse. La crescita dell’economia mondiale non è pià quella di qualche tempo fa perché sono molto peggiorate. Inoltre non c'è più alcun timore che le sanzioni Usa contro l’Iran possano frenare l'ammontare di output sui mercati. Infatti il governo USA ha concesso diversi esoneri a vari paesi importatori. Dal lato dell'offerta invece c'è stata una crescita importante, specialmente negli Usa, in Russia e in Arabia Saudita. I sauditi hanno annunciato che la loro produzione potrebbe aver segnato un record, mentre le scorte americane continuano ad accumularsi. Complessivamente la produzione dei principali paesi ha raggiunto livelli che non si vedevano da decenni.

Cosa può succedere adesso? Il prossimo vertice del 6 dicembre rischia di non essere facile per l'OPEC. Ma è chiaro che sul mercato del petrolio sta tornando la tensione.

martedì 20 novembre 2018

Consumi, è scattata la settimana isterica del Black Friday

Per i consumi è probabilmente la settimana più importante dell'anno dopo quella che conduce al Natale. Pur volendosi sottrarre, sarà difficile non imbattersi in una delle pressanti offerte del famigerato Black Friday. Un appuntamento cardine negli USA, che con una serie di sconti shock dà ufficialmente il via allo shopping natalizio.

Black Friday e consumi

Questa tradizione tutta americana ormai da anni si sta consolidando anche in Italia. Perché i dati dimostrano che funziona, perché i consumi si impennano. E' praticamente impossibile non accorgersi della frenesia da Black Friday. Le offerte e i super-sconti (o presunti tali) ci arrivano da ovunque: dando un'occhiata rapida ai negozi, tramite le notifiche push dei siti di ecommerce, tramite email. Ed è una moda che si è diffusa in modo trasversale a tutti i settori merceologici. Tutti a proporci un sconti e promozioni dedicate.

Ma le offerte sono sempre così imperdibili? Non sempre. L’obiettivo di chi vende è semplice: piazzare migliaia di prodotti, meglio ancora se sono scorte datate di magazzino, così da ridurre i volumi e rientrare delle spese. In mezzo ad essi ci sono molte cose davvero a prezzi vantaggiosi, ma il resto non è poi così un affare.

Le pratiche scorrette

A volte dietro c'è una furbata. Semplicemente si tratta di specchietti per le allodole per alimentare i consumi. A volte però c'è anche di peggio. In alcuni negozi fisici c'è la pratica fraudolenta di alzare il prezzo nelle settimane precedenti al Black friday, per poi riportarlo al valore normale spacciando il tutto come sconto. C'è anche chi in modo più sfacciato indica il prezzo originario falso, gonfiatissimo. In pratica lo sconto non c'è, ma viene reclamizzato. Nei negozia online invece la fregatura può nascondersi nelle spese di spedizione. Inoltre spesso l'offerta che può sembrare allettante, viene applicata al prezzo di listino.

Se siete attratti dai consumi a prezzi scontati, occhio a non commettere passi falsi durante le ricerche online allo sconto migliore. Link truffaldini ricevuti via email, messaggi di chat che non sono altro che catene di Sant’Antonio sono pericoli sempre dietro l'angolo. Tre semplici regole pratiche sono: non cliccare, non inserire, installare. Basta davvero poco infatti per violare un account o sgraffignare i dati di una carta di credito con una truffa. E allora sì che il vostro venerdì diventerebbe black.

domenica 18 novembre 2018

Brexit, la Ue dà il via libera all’accordo con il Regno Unito

Sul fronte caldissimo della Brexit arriva una buona notizia per il Regno Unito. I 27 della Ue hanno infatti dato il loro assenso al testo dell’accordo, che quindi aspetta solo di ricevere l’ok formale domani dai ministri al Consiglio affari generali. A rivelare questo passo avanti sono state le fonti diplomatiche europee, dopo la riunione degli ambasciatori dei 27 Paesi membri.

La UE approva l'accordo su Brexit

Il testo finale dell'intesa si articolerà in 20 pagine e verrà reso pubblico martedì. L'unico punto che è rimasto ancora aperto riguarda l'eventuale estensione del periodo di transizione. Nell'intesa viene infatti ancora indicato con "20XX". Va precisato inoltre che gli ambasciatori dei 27 paesi membri non hanno lavorato su scenari alternativi dipendenti da eventuali sviluppi politici in Gran Bretagna, essenzialmente per due ragioni. La prima è che Bruxelles non vuole creare ulteriore insicurezza, la seconda è che non vuole influenzare la situazione a Londra.

Questa settimana infatti è stata caldissima per la politica britannica. Dopo aver ottenuto il via libera dal suo Governo, la May ha fatto i conti con una serie di dimissioni anche di un certo peso (prima tra tutte, quella del ministro per la Brexit, Raab). La sterlina è precipitata sui mercati valutari, facendo scattare moltissimi Stop Loss per i trader (qui viene spiegato lo Stop Operativo trading).

Consiglio: se vi interessa fare investimenti sulle valute, la prima cosa da fare è studiare quali sono i migliori broker CFD cosa sono e come funzionano.

La premier Theresa May ha difeso la propria posizione e ha annunciato che porterà il Regno Unito fuori dall'Unione Europea il prossimo marzo, come pianificato. Il grosso problema è che il testo dell'accordo dovrà passare per il Parlamento UK. Nel frattempo però il partito Conservatore britannico è sempre più diviso e martedì prossimo dovrebbe valutare il voto di sfiducia nei confronti della stessa May, un voto promosso dai "brexiteers" insoddisfatti dell'accordo.

venerdì 16 novembre 2018

Mercato digitale italiano, la crescita continua: più lavoro, più fatturato, più opportunità

C'è un settore in Italia che marcia a gonfie vele, che crea sempre più occupazione e ha un giro di affari in costante espansione. Si tratta del mercato digitale, che per il terzo anno consecutivo ha continuato a crescere, trainato soprattutto dall'e-commerce e dalla pubblicità.

I numeri del mercato digitale italiano

Una ricerca congiunta di EY e IAB (dal titolo "Le infinite possibilità del digitale in Italia") ha fotografato i numeri di questo trend di successo. Il mercato digitale ammonta a 65 miliardi di euro, con un incremento a valore, considerando solo la spesa in attività del tutto digitali anno su anno, cresciuto dell'11,6% rispetto all'anno scorso e del 22% rispetto al 2016. Nel settore il numero degli occupati è schizzato a 285mila professionisti, ovvero 32mila in più rispetto all'anno precedente.

A trainare il mercato digitale italiano sono pubblicità online e e-commerce. I loro incrementi infatti sono stati pari al 13% e al 15% rispetto al 2017, anche se i pesi sul valore complessivo si attestano nell'ordine del 4% (per circa 2,6 miliardi di euro) e del 44% (oltre 28 miliardi). Buone performance anche per le soluzioni di digital marketing e servizi professionali (+7%, per 5,2 e miliardi di fatturato rispettivamente) e gli investimenti in tecnologia (+8%, circa 13 miliardi). Va peraltro aggiunto che l'andamento positivo del mercato digitale italiano abbia effetti benefici anche in altri settori, dal momento che spinge al rinnovamento e alla trasformazione altri settori adiacenti, stimolando la produttività in aziende non necessariamente votate all'innovazione. Ad esempio ai canali di distribuzione fisici generati grazie alla comunicazione digitale.

Le prospettive

Dal punto di vista delle prospettive, la situazione rimane rosea. Attualmente non v'è dubbio che l'Italia ha ancora un gap importante rispetto al resto dell'Europa. Colmarlo non farebbe altro che generare ulteriori opportunità. Inoltre la trasformazione digitale sui processi e sui modelli di business aziendali porta alla richiesta di nuove figure professionali per l'integrazione di professionisti con competenze più digitali (a tal proposito, il 27% delle aziende ha avviato programmi di reskilling delle risorse per formare persone in grado di massimizzare il ritorno degli investimenti legati alla digitalizzazione).

mercoledì 14 novembre 2018

Commodities, periodo complesso per nichel e acciaio

Se sul mercato delle valute il dollaro sta recitando la parte del leone e catalizzando l'interesse generale, sul mercato delle commodities ci sono diversi spunti interessanti che meritano grande attenzione da parte degli investitori. Le cose peraltro si intrecciano.

L'andamento di alcune commodities

Cominciamo dall'andamento del nichel, che sta sprofondando ed ha toccato il livello più basso degli ultimi 11 mesi. Dopo aver valutato quale broker scegliere, vediamo i dati delle commodities. Il prezzo del nichel è sceso fino a 11.360 dollari a tonnellata, sia al London Metal Exchange (LME) che alla borsa metalli di Shanghai (SHME) le cose non stanno andando affatto bene. Probabilmente questo calo è dovuto alle preoccupazioni riguardo alla debolezza della domanda cinese di acciaio. Ma un certo peso ce l'ha pure l'ormai logorante guerra dei dazi tra gli Stati Uniti e la Cina.

Non se la passa meglio il mercato dell'acciaio, una delle commodities più "apprezzata" dai trader. La domanda complessiva sta infatti rallentando (complice anche la stagione invernale che accentua questo aspetto) mentre la produzione è troppo alta. Si genera quindi un eccesso di offerta che spinge i prezzi verso il basso.

Consiglio: prima di fare investimenti online, studiate bene le piattaforme che utilizzate. Qui ad esempio è spiegato la plus500 webtrader come funziona.

Petrolio, dollaro e commodities

Anche il petrolio sta vivendo una fase di acuta debolezza. Tra il picco di ottobre e l'inizio di novembre l'oro nero ha perso circa il 20% del proprio valore. Una discesa così ripida da indurre l'OPEC e i paesi produttori a valutare un nuovo piano di tagli produttivi dalla fine dell'anno (circa un milione di barili al giorno).

Come detto all'inizio, tutti questi discorsi si intrecciano con la rinnovata forza del dollaro. Un dollaro più alto si traduce in prezzi più bassi delle materie prime. L'andamento del biglietto verde, i prezzi del petrolio e l’economia cinese sono i tre fattori critici che dominano il mercato delle commodities, e che potrebbero creare ancora molti problemi.

lunedì 12 novembre 2018

Banche italiane costrette a scendere in campo per salvare Carige (e loro stesse)

Ancora una volta le banche italiane fanno discutere per una situazione di crisi profonda. Ci stiamo riferendo a Banca Carige, che è ormai sull'orlo del baratro. La banca ligure si è trovata nella pancia un buco da 257 milioni, e da qualche mese la Bce va sollecitando un rafforzamento patrimoniale con nuovi accantonamenti (eseguiti solo per il 5% dal vecchio cda). Nel frattempo emerge con prepotenza una sempre maggiore carenza di liquidità.

L'intervento delle banche

La situazione ormai è così complessa che davvero è corsa contro il tempo per salvare l'istituto genovese. Nell'ultimo mese e mezzo il titolo è crollato ritoccando ripetutamente il minimo storico, mentre occorrono in tempi brevi circa 400 milioni. Dal momento che non riescono a metterli i soci, Bankitalia ha chiesto l'intervento alle altre banche attraverso lo Schema Volontario, il braccio del Fondo Interbancario partecipato da tutti gli istituti. Alle 12 si riunisce a Roma il Consiglio del Volontario, mentre in parallelo ci sarà pure un CdA della banca ligure.

La banca deve approvare la trimestrale ma anche dare il via all’emissione di un bond subordinato (ben superiore ai 200 milioni, quota che si era già provato a collocare senza successo) per rafforzare il total capital ratio, ma anche dare un segnale al mercato sulla solidità della banca. Entro fine mese l'istituto deve presentare a Francoforte il piano di conservazione del capitale.

Corsa contro il tempo

Riguardo allo Schema Volontario, si attende la richiesta formale di Carige per avviare l’intervento, tutto interno al sistema bancario. il clima è di moderato ottimismo, anche se non tutte le banche sarebbero allineate su un intervento che permetterebbe sì di tamponare la crisi dell’istituto genovese, ma a spese di tutto il sistema. Lo statuto del Fondo prevede che per il via libera all'intervento servono tanti voti favorevoli che rappresentino il 90% dei depositi protetti dal Fitd e il 50% del numero delle banche consorziate al Fitd.

In tutto questo vanno rimarcate le forti preoccupazioni del ministero dell’Economia. Il dicastero teme che possa scatenarsi un’onda di allarme amplificata dallo spread particolarmente alto e dalla bocciatura della manovra da parte dell’Ue. il rischio contagio quindi sarebbe alto.

venerdì 9 novembre 2018

Dollaro in grande ascesa dopo il meeting della FED

Il dollaro ha ripreso a correre, ed è salito verso il massimo da 16 mesi dopo che la Federal Reserve ha mantenuto i tassi di interesse stabili ribadendo peraltro la propria politica monetaria restrittiva.

La riunione del FOMC non ha sorpreso gli analisti. L'organo di politica monetaria della Federal reserve ha lasciato con voto unanime il costo del denaro in una forchetta fra il 2,00% e il 2,25%. Tuttavia ha confermato che a dicembre - salvo clamorosi colpi di scena - ci sarà il quarto ritocco del 2018. Nel corso del prossimo anno invece sono previste altri 3 manovre restrittive.

La reazione del dollaro

L'andamento del dollaro questa settimana ha risentito di due eventi (basta osservare un grafico di una qualunque Consob lista broker autorizzati). Il biglietto verde è crollato bruscamente dopo le elezioni di medio termine degli Stati Uniti di martedì, sulle aspettative che l'esito del voto avrebbe reso improbabili ulteriori misure di stimolo fiscale. Tuttavia, dopo il meeting del FOMC il dollaro è rimbalzato e venerdì è tornato a sovraperformare la maggior parte delle principali valute, sostenuto dalla robusta economia americana e dai crescenti tassi di interesse. Il biglietto verde ha spinto di nuovo il cross EurUsd verso quota 1.133. Il cross UsdJpy invece ha oltrepassato il livello di 114.00 toccando il massimo da un mese, per poi ridiscendere lievemente.

Consiglio: non focalizzatevi solo sulle forme di trading tradizionale, ma valutate anche altre ipotesi meno classiche. Qui ad esempio c'è la guida come funziona etoro copy trader.

La Banca centrale USA ha parlato di una forte crescita economica e di pressione salariale in aumento, con probabili stimoli anche all'inflazione. Nel complesso l'istituto centrale continua a riconoscere la solidità dell'economia e di conseguenza la necessità di andare avanti con gli aumenti graduali dei tassi.

mercoledì 7 novembre 2018

Disoccupazione, ecco i paesi con il più alto tasso al mondo

Uno dei temi caldi che i Governi devono affrontare è quello della disoccupazione. Un alto tasso di esclusi dal mondo lavorativo infatti ha sempre provocato danni alla crescita (perché si perde reddito pro capite e introiti fiscali dello Stato, costretto a pagare indennità e sussidi) e minato la coesione sociale.

Il tasso di disoccupazione

Anche se pare cosa facile misurare il tasso all'interno di un paese, in realtà non esiste modo di farlo con esattezza assoluta. Non perché non esista una formula, anzi dal punto di vista matematico tutto è molto semplice (basta dividere il numero di individui disoccupati per il numero della forza lavoro). E' complicato semmai arrivare a stimare il numero di occupati, a causa del lavoro in nero, dei lavoretti part-time, di quelli saltuari e così via. Al tempo stesso, considerare occupati solo coloro che hanno un impiego contrattualmente sancito (e che pagano le tasse) taglia fuori una fetta di popolazione che un lavoro ce l'ha, seppure non regolare.

Il discorso si complica ulteriormente se poi si vogliono confrontare i tassi di disoccupazione di paesi diversi, visto che la misurazione non è solo incerta ma pure disomogenea. Tuttavia, malgrado queste distorsioni il tasso di disoccupazione resta un indicatore cruciale dello stato di salute dell'economia.

La classifica

Il World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale (FMI), ha aggiornato ad ottobre 2018 la classifica dei paesi con il tasso di disoccupati più alto.. Di seguito viene riportata la classifica dei paesi con il maggior tasso di disoccupazione del mondo. In cima c'è il Sud Africa, dove nel 2017 è stato raggiunto il 27,45%. Seguono la Macedonia (22,76%), la Grecia (21,45%), la Bosnia Erzegovina (20,50%), l'Armenia (18,91%), la Giordania (18,30%), la Spagna (17,23%). L'Italia è al dodicesimo posto con 11,26%. Il paese che se la passa meglio è la Thailandia, appena lo 0,70% di disoccupati. In Europa brilla l'Islanda: 2,79%.

lunedì 5 novembre 2018

Lira turca, il peggio è passato. Ma l'inflazione sale di nuovo

Dopo essere stata sull'orlo del baratro, la Lira turca sta adesso mostrando forti segnali di ripresa, tanto contro il dollaro che contro l'euro.

L'altalena della Lira turca

Anche se non si può dire che il clima sia diventato assolutamente positivo, resta il fatto che per la prima volta dall'inizio di agosto il cambio Dollaro-Lira è sceso sotto 5,5 (ad agosto era arrivato a un massimo di 7,24, -40%). Discorso analogo anche contro l'euro, che aveva toccato la valutazione record di 8,13 lire ad agosto, mentre adesso è sceso verso i 6,20 dopo aver attraversato in discesa alcune Fan del ventaglio di gann trading. Se qualche mese fa il paese era sull'orlo della bancarotta, il vento è cambiato.

Certo, non si può ancora dire che sia merito dei pacchetti di misure per l'economia preparati dal governo. Di sicuro ha avuto un grosso peso il miglioramento dei rapporti tra Ankara e la Washington, dopo il rilascio (lo scorso 12 ottobre) del pastore evangelico americano Andrew Brunson. Questa vicenda spinse Trump ad adottare sanzioni economiche contro la Turchia. Inoltre a sortire un effetto positivo sui mercati sono state le indiscrezioni secondo cui Trump intende trovare un accordo sui dazi con la Cina durante il G20 di Buenos Aires. Ricordiamo infatti che a spingere verso il basso la Lira è stata anche la guerra commerciale, ovvero i dazi sulle importazioni su acciaio e alluminio.

Consiglio: chi vuole fare investimenti sulle valute, dovrebbe prima esaminare bene la classifica piattaforme di trading online migliori.

Inflazione e lira turca

Oggi però non sono giunte notizie positivi sul fronte macro, e quindi neppure per la Lira turca. Dopo 4 mesi di rallentamento, l'inflazione è tornata a salire. Secondo il Turkiye statistik Kurumu a ottobre l'indice dei prezzi al consumo ha segnato in Turchia un balzo del 25,24% annuo, il valore più alto degli ultimi 15 anni e più di quanto si attendevano gli analisti (24,50%). Su base mensile l'inflazione ha invece segnato un progresso del 2,67% contro il 6,30% di settembre (6,60% in agosto).

giovedì 1 novembre 2018

Acquisto per Alitalia, due proposte vincolanti e una manifestazione di interesse

Si sta avvicinando il momento della verità per Alitalia. I Commissari Straordinari dell'ex compagnia di bandiera hanno infatti ricevuto tre proposte sul tavolo. Due sono offerte di acquisto vincolanti, l'altra invece è una manifestazione di interesse non vincolante. I commissari non hanno dato dettagli sulle offerte, limitandosi a dire che esamineranno attentamente le proposte nei prossimi giorni. Valuteranno la documentazione ricevuta, e dopo questa prima analisi si potrà procedere alla trasmissione delle stesse al Ministero dello Sviluppo Economico.

Alitalia tra crisi e ipotesi di acquisto

Ricordiamo che Alitalia è stata posta in amministrazione speciale lo scorso anno, dopo il rigetto dell'ultimo piano di salvataggio da parte dei lavoratori. L'azienda e i sindacati hanno raggiunto un accordo sulla proroga della cassa integrazione straordinaria, che inizialmente avrebbe dovuto coinvolgere 1.570 lavoratori, ma poi è stata ridotta di 210 unità a 1.360. La nuova cassa è prorogata fino al 23 marzo 2019.

Il Governo sta cercando di trovare una soluzione definitiva, ovvero un compratore che riesca ad effettuare il terzo salvataggio in 10 anni della compagnia. La procedura di vendita, che si sarebbe dovuta concludere ad aprile, è stata prolungata a causa delle difficoltà per arrivare alla formazione del Governo Conte. Alitalia è costata ai contribuenti italiani quasi 10 miliardi di euro negli ultimi 20 anni, più della capitalizzazione di mercato di Air France-KLM, Turkish Airlines, Norwegian Air, Finnair e SAS messe assieme, secondo TRA Consulting.

Le tre proposte

Ma chi sono i tre soggetti che si sono fatti avanti? Uno è Fs. Ferrovie dello Stato aveva annunciato martedì la volontà di presentare un’offerta. Cosa che ha fatto per l'acquisto dei rami d'azienda delle società Alitalia-Sai e Alitalia Cityliner. In essa viene annunciato un piano industriale nel corso di una 'confirmatory due diligence'. Inoltre Fs si riserva di costituire una società anche con la compartecipazione di un primario vettore aereo. La seconda proposta è arrivata dalla compagnia Delta Air Lines, che è già partner di Alitalia in una joint venture transatlantica che include anche Air France KLM. Infine la compagnia low-cost EasyJet ha fatto pervenire una manifestazione d’interesse rivista per un’Alitalia ristrutturata.