mercoledì 27 settembre 2023

Concorrenza, gli USA dichiarano guerra ad Amazon

E' molto pesante l'accusa che la FTC ha rivolto al gigante dell'e-commerce, trovando l'appoggio di ben 17 stati americani. Secondo loro Amazon soffoca la concorrenza in modo illecito.

L'accusa di minare la concorrenza

La Federal Trade Commission ha intentato una causa affinché Amazon renda conto delle sue "pratiche monopolistiche" e si attivi quanto prima per "ripristinare la promessa perduta di una concorrenza libera ed equa".
Nello specifico, la colpa di cui è accusato il colosso dell'e-commerce è di aver imposto ai suoi venditori online di praticare prezzi più bassi altrove. In sostanza, il prezzo minore deve stare sempre e solo su Amazon.

Ma l'accusa si allarga anche all'obbligo di fruire del servizio di spedizione di sua proprietà, se si vuole far parte del pacchetto di abbonamento Prime.
Inoltre Amazon pubblicizzerebbe i suoi prodotti negli annunci che compaiono nei risultati di ricerca, e abuserebbe dello strumento Buy Box tramite cui sul sito e sull'app Amazon spinge i clienti a cliccare su "Acquista ora" o su "Aggiungi al carrello".

Tali pratiche, secondo l'accusa, hanno portato a prezzi più alti (e minore concorrenza) e a un'esperienza di acquisto peggiore per i consumatori.

Una possibile svolta per il mercato

La causa intentata dalla FTC nei confronti di Amazon ha il potenziale di stravolgere completamente il mercato del commercio su internet negli Stati Uniti, e di riflesso quello globale. E non solo perché si rivolge al colosso da 1.300 miliardi di dollari fondato da Bezos nel 1994. Ma perché Amazon ha di fatto plasmato la vita dei negozianti di tutto il mondo, stabilito le condizioni di lavoro per più di un milione di magazzinieri e spinto il servizio postale degli Stati Uniti a fare consegne anche di domenica.

Di fronte alle accuse di violare la concorrenza, Amazon si è difesa definendo "sbagliata" la causa nei fatti e nel diritto. Inoltre evidenzia che se la causa dovesse chiudersi con un successo della FTC, il risultato sarebbe un minor numero di prodotti tra cui scegliere, prezzi più alti, consegne più lente per i consumatori e opzioni ridotte per le piccole imprese: l'opposto di ciò che la legge antitrust prevede.

lunedì 25 settembre 2023

Investitori, l'attenzione torna a spostarsi sui dati macro

Le ultime due settimane sono state assai intense per via dei numerosi appuntamenti con le banche centrali, a cominciare da FED e BCE. Nei prossimi giorni invece gli investitori si concentreranno prevalentemente sui dati macro in arrivo, anche se il calendario è abbastanza scarno.

Gli appuntamenti per gli investitori

Dagli Stati Uniti arriveranno gli ultimi report sull'inflazione PCE core (la misura preferita dalla Fed per l’inflazione), le vendite al dettaglio, il PIL, le richieste di disoccupazione. Ma si tratta di dati di secondo livello, meno attraenti. 

Gli investitori sanno che difficilmente questi report potranno incidere in modo forte su una FED che si è mostrata molto decisa nel proseguire con l'atteggiamento da "falco".

La FED andrà avanti

Anche se arrivassero dati particolarmente deboli, che suggeriscono un raffreddamento dell’economia, la banca centrale è determinata a effettuare un'altra stretta entro fine anno e mantenere i tassi di interesse elevati ancora a lungo.

Questo ha spinto il dollaro negli ultimi giorni della scorsa settimana, anche se il biglietto verde non è riuscito ad estendere significativamente il suo rally. Ad ogni modo l'indice del dollaro ha chiuso la decima settimana consecutiva di rafforzamento a 105,5, ma gli indicatori che anticipano il trend dicono che potrebbe ancora andare avanti.

Non solo eventi economici

Negli USA in questi giorni terrà banco anche la questione politica. In special modo il possibile shutdown del governo e l’impeachment del presidente Biden possono avere ripercussioni sui mercati. Se i Repubblicani non giungono ad un accordo per un finanziamento di breve termine per evitare lo shutdown del governo USA il 30 settembre, la chiusura del mese/trimestre potrebbe essere traumatica.

Altri eventi macro

Gli investitori guarderanno con attenzione anche alle scorte settimanali di petrolio greggio USA, dopo l’aumento dei prezzi della scorsa settimana con tanto di morning star pattern trading. Dopo 4 settimane consecutive di cali, la scorsa settimana le scorte sono aumentate e questo potrebbe far pensare ad un calo della domanda a fronte dell’aumento dei prezzi dei carburanti.

Staremo a vedere anche i PMI manifatturieri e servizi cinesi, l’inflazione core Tokyo dal Giappone, l’inflazione da Germania e Spagna.

giovedì 21 settembre 2023

Entrate fiscali in diminuzione, brutto fardello per la legge di bilancio

La manovra finanziaria del governo si preannuncia come la più complicata degli ultimi anni a causa del forte aumento del disavanzo pubblico italiano, che è stato alimentato soprattutto dal mancato incasso di un bel gruzzolo di entrate fiscali.

I dati sul fabbisogno dello Stato

Gli ultimi dati resi noti dal Ministero dell'Economia riguardo al fabbisogno di spesa pubblica hanno evidenziato che da gennaio a luglio di quest'anno il settore pubblico ha registrato un disavanzo di cassa di ben 79 miliardi. Per renderci conto di quanto grande sia questa cifra, basta dire che si tratta di 45 miliardi in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Un peso enorme, come vedremo e abbiamo già detto, lo ha la riduzione delle entrate fiscali.

Al tempo stesso bisogna evidenziare che il dato sul fabbisogno verrà notevolmente alleggerito dalla terza rata del Piano Nazionale di ripresa, che finora non è stata ancora versato. Il bonifico della Commissione europea dovrebbe arrivare agli inizi del mese di ottobre. Ciò consentirà di ridurre il fabbisogno di cassa a 18,5 di euro miliardi di euro.

Le entrate fiscali mancanti

Il rosso profondo nel bilancio pubblico risente in particolar modo delle minori entrate fiscali, dovuto ai crediti di imposta che sono stati accumulati negli scorsi anni, soprattutto per via dei bonus immobiliari. In pratica si tratta di diritti dei contribuenti a non pagare le tasse. Parliamo di circa una decina di miliardi di entrate fiscali che non ci saranno.

L'economia in crisi non aiuta

Anche la frenata dell'economia incide sulla riduzione delle entrate fiscali. Nel primo semestre di quest'anno c'è stata una crescita degli incassi poco superiore al 4%, ma in termini reali - ossia tenuto conto dell'inflazione - si tratta di una vera e propria contrazione delle entrate fiscali.
Anche per questo motivo l'obiettivo di un deficit al 4,5% del Pil per quest’anno e anche al 3,7% del Pil per il 2024 sembrano ormai fuori portata.

domenica 17 settembre 2023

Valute digitali il mercato fatica a uscire dalla fase laterale

Se n'è andata via un'altra settimana fiacca per il settore delle valute digitali, che ormai da un mese non riesce a trovare una direzione precisa. Mentre i più importanti asset del settore si muovono di poco, l'unica variazione in doppia cifra è quella di Bitcoin Cash, che cresce dell'11%.
Per comprendere quanto sia fiacco il mercato in questo momento, basta sottolineare che gli scambi spot sono sui livelli più bassi degli ultimi quattro anni.

Il clima attorno alle criptovalute digitali

Tra gli investitori prevale un clima di moderato rischio, se non di avversione. Cosa che chiaramente non favorisce le valute digitali. Gli ultimi dati macroeconomici hanno evidenziato che l'inflazione non sta scendendo velocemente come si sperava, e la fiammata dei prezzi del petrolio rischia di innescare una nuova spirale inflazionistica in autunno.

Il clima incerto riguarda anche le mosse delle banche centrali, perché ancora non è chiaro cosa intende fare la Federal Reserve nei prossimi meeting.
Gli investitori nelle valute digitali speravano di ottenere un nuovo slancio dall'approvazione degli etf sul mercato spot da parte della SEC, ma l'autority americana continua a rinviare la propria decisione.
Questo quadro generale fa comprendere perché il mercato delle criptovalute si sta muovendo decisamente poco, a cominciare dalla regina del settore Bitcoin.

Consiglio: se ti piace investire nelle valute digitali, studia comunque gli indicatori di trading più noti, come le envelopes trading.

Bitcoin resta incollato ai 26mila

A parte qualche sporadica fiammata che poi è rientrata subito, il prezzo di Bitcoin da 4 settimane oscilla attorno ai 26.000 dollari, dopo lo scivolone a seguito di un pattern doppio massimo trading. La buona notizia è che finora ha retto egregiamente il supporto a quota 25.000, mentre la cattiva notizia è l'imminente incrocio delle medie mobili a 50 e 200 periodi.

Quello che sta succedendo al Bitcoin è comunque uno scenario che si rivede anche nel resto delle valute digitali. Quasi tutte infatti faticano a trovare una direzione precisa all'interno di un mercato ancora avvolto da troppe incertezze.

martedì 12 settembre 2023

Banche, scatta l'allarme sofferenze: in 7 mesi sono cresciute del 16%

Le politiche aggressive della BCE e la sofferenza dell'economia europea hanno riportato a galla un vecchio problema, quello delle sofferenze delle banche italiane. Quanto accaduto negli ultimi mesi ha fatto di nuovo suonare un campanello d'allarme.

Il ritorno delle sofferenze per le banche

Su impulso della banca centrale europea, nel 2015 è cominciato un percorso difficile e rigido di deleveraging degli NPE (Non-Performing Exposures), che nel 2021 è riuscito a portarli sui livelli che avevano prima della grande crisi del 2008.

Questo processo ha riguardato anche le banche italiane, che avevano in pancia una montagna di sofferenze (circa il 18% dei crediti potevano essere considerati non performing). Ma lavorando sodo, sono state capaci di ridurle notevolmente, tanto che l’NPE ratio delle banche italiane è sceso al 4.4% nel 2020.

La nuova crescita dei crediti "malati"

Il Centro studi di Unimpresa ha evidenziato che nei primi sette mesi del 2023 si è registrata una preoccupante inversione di tendenza delle sofferenze bancarie. I crediti “malati” sono infatti cresciuti di ben 2,2 miliardi rispetto a dicembre dello scorso anno, segnando un incremento di quasi il 16%.
Se confrontiamo i dati di luglio 2023 con quelli di luglio 2022, il quadro è preoccupante. Le sofferenze nette delle banche a luglio scorso valevano 16,4 miliardi di euro, rispetto ai 15,8 miliardi di luglio 2022.

La pandemia, la crisi e le mosse della BCE

Dopo la forte riduzione tra 2015 e 2019, la situazione dei crediti deteriorati in Italia è nuovamente peggiorata con lo scoppio della pandemia. Se in una prima fase le misure governative di sostegno hanno permesso di frenare il processo di deterioramento dei crediti, con moratorie concesse a famiglie e imprese, dal 2022 è partita la marcia indietro.

Il repentino aumento dei tassi di interesse BCE ha provocato una restrizione nelle condizioni di accesso ai finanziamenti bancari, innescando una spirale negativa nel ciclo economico che ha avuto riflessi nei numeri relativi alle sofferenze bancarie.
Al tempo stesso però, se però le banche sono sovraccaricate di crediti deteriorati, non saranno in grado di erogare credito rendendo non efficace tale canale di trasmissione della politica monetaria BCE.

giovedì 7 settembre 2023

Inflazione troppo alta, l'OCSE invita la BCE ad alzare ancora i tassi

Giovedì prossimo, 14 settembre, la BCE si riunirà in meeting per decidere se modificare la propria politica monetaria. In vista di quell'appuntamento, l'OCSE ha mandato un appello alla Eurotower: bisogna continuare ad alzare i tassi di interesse per spingere l’inflazione verso l’obiettivo del 2%.

OCSE, BCE e inflazione

L'organizzazione internazionale con sede a Parigi ha pubblicato l'ultimo studio riguardo allo stato di salute dell'Unione Europea e della Eurozona, evidenziando che l'alto livello dell'inflazione è "persistente e generalizzato".

Malgrado la corsa dell'inflazione stia scendendo, le proiezioni la vedono al 5,8% nel 2023 e al 3,2% nel 2024. Ossia, un livello ancora troppo elevato rispetto all’obiettivo del 2% fissato dalla BCE.

Politica monetaria e fiscale

Per questo l'OCSE ha lanciato un appello affinché l'istituto di Francoforte continui ad adottare una politica monetaria restrittiva. Al tempo stesso bisognerà orientare meglio la politica fiscale. I Governi dovrebbero inoltre rafforzare sulla sostenibilità delle finanze pubbliche, agendo anzitutto su una spesa più efficiente e una migliore governance economica.

Ma per quanto tempo l'OCSE suggerisce di andare avanti con la politica dei tassi di interesse alti? "Le dimensioni e la durata della restrizione monetaria richiesta per abbassare in modo durevole l’inflazione sono incerte", spiega il rapporto. Finché servirà, insomma, andrà fatto.

Crescita e debolezza economica

E' chiaro che questo azzoppa la crescita economica, ed in proposito l'OCSE riconosce le vulnerabilità finanziarie, soprattutto in quei Paesi con alti livello di debito privato e una forte proporzione di mutui ipotecari a tasso variabile (quelli che sono più sensibili alle variazioni in aumento dei tassi di interesse).
Se finora i Governi sono riusciti ad evitare una grave recessione, le prospettive di breve termine sono avvolte da incertezze e rischi.
Le indicazioni dell’Ocse arrivano insieme alle previsioni sul Pil dell’Eurozona: la crescita dovrebbe riprendere progressivamente, passando dallo 0,9% del 2023 all’1,5% del 2024.

mercoledì 6 settembre 2023

Eurolandia chiude in rosso. Piazza Affari fanalino di coda

I timori riguardo al destino dell'economia globale si fanno sentire con maggiore forza, spingendo gli investitori ad un approccio sempre più avverso al rischio. Le Borse Europee così chiudono una giornata negativa, dove spicca la performance ribassista di Piazza Affari.

L'esito della giornata per gli investitori

Il bilancio di questo mercoledì è fiacco in tutto il vecchio continente. A Milano gli investitori spingono in netto rosso il listino principale FTSE Mib, che perde l'1,54% scendendo a 28.211 punti base. Sulla stessa linea si è mosso il FTSE Italia All-Share, che cede l'1,53%. In ribasso anche il FTSE Italia Mid Cap (-1,5%), così come il FTSE Italia Star (-1,36%).

Guardando al resto d'Europa, le cose sono andate meglio ma sempre male. Il DAX di Francoforte segna -0,19%. Perdono quota Madrid -0,77%, Parigi -0,84%, Londra -0,16% e Amsterdam -0,22%. Anche Wall Street è in rosso.

I singoli titoli

Nel panorama borsistico italiano, ci sono solo pochi titoli che gli investitori hanno comprato. Tra questi spiccano Leonardo +0,99% e Pirelli +0,36%.
Giornata nerissima per le banche. La notizia che Unipol ha messo nel mirino Banca Popolare di Sondrio (+1,92%) fa immaginare una possibile fusione futura con Bper (-3,6%). Tutto ciò fa crollare di riflesso Banca MPS, -5,64%, perché fa crollare le possibilità di nozze proprio con Bper (-3,6%). Nel settore vanno male anche Unicredit, -4,99% e Intesa -2,25% (con il demarker indicator che segnalala possibile inversione del trend).

Al di fuori dei titoli bancari, c'è un'altra performance negativa da evidenziare, quella di Moncler, -4,97% che viene penalizzata dalle nubi che si addensano attorno all'economia cinese.

Gli altri mercati

Continua l'andamento debole dell'euro rispetto al dollaro. Il cambio EURUSD si avvicina sempre più alla soglia di 1,07, con gli indicatori di volume trading che evidenziano un forte interesse da parte degli investitori.
L'Oro continua la seduta poco sotto la parità, mentre il petrolio sembra prendere fiato dopo la fiammata di ieri che aveva portato il Brent a superare i 90 dollari a causa dei tagli prolungati fino a fine anno da Arabia Saudita e Russia.

martedì 5 settembre 2023

Costo dei mutui. in Italia si paga il più salato tra i big d'Europa

Un'indagine condotta dal Centro studi di Unimpresa ha messo in evidenza che il costo dei mutui in Italia e il più alto tra tutti i paesi principali della Eurozona. Questa situazione si è venuta a creare soprattutto nell'ultimo biennio, visto che nel 2021 non avevamo questo primato poco invidiabile.

Lo studio sul costo dei mutui

Secondo lo studio di Unimpresa, le banche italiane chiedono un tasso medio del 4,23% sui finanziamenti destinati all'acquisto dell'abitazione.
Si tratta di un valore superiore rispetto a quello che c'è in Germania e Spagna, dove il tasso medio è di 3,71%, e molto più alto rispetto alla Francia dove si ferma al 2,88%.

L'indagine evidenzia soprattutto la divergenza che c'è stata nell'ultimo biennio. Infatti fino al 2021 il tasso medio sui mutui in Italia era sostanzialmente allineato a quelli di Germania, Spagna e Francia, e si trovava attorno all'1,40%. Nello specifico in Germania era 1,32%, in Spagna 1,38% e in Francia 1,10%. Poi però le nostre banche sono state rapidissime a intercettare l'aumento dei tassi da parte della BCE per combattere l'inflazione, scaricando questi incrementi in modo rapido sulla clientela e sui soggetti finanziati.

Le ragioni di questo scatto

Se è chiaro che l'aumento del costo dei mutui è un riflesso della politico monetaria della BCE, neppure il documento pubblicato da un'impresa riesce a trovare delle motivazioni chiare per giustificare questo così grande scatto in avanti del costo dei mutui. 

Sicuramente una spiegazione non può esserci nei parametri sui rischi di credito. Non sembrano esserci giustificazioni sufficienti neppure nelle logiche di mercato. Bisognerebbe chiedere alle banche il perchè di questo balzo così forte, che peraltro ha propiziato una stagione degli utili assai ricca.

Le conseguenze

È chiaro che avere uno squilibrio così forte rispetto al resto della Eurozona, potrebbe rallentare notevolmente il mercato immobiliare italiano. E' ormai certificato il calo delle compravendite di case all’inizio di quest’anno.