venerdì 31 agosto 2018

Disoccupazione in calo a luglio (10,4%), ma in Italia sale il numero degli inattivi

Sono notizie dal tenore misto quelle che arrivano dal mercato del lavoro. La disoccupazione è infatti calata a luglio (il mese che ha visto entrare in vigore il tanto discusso "decreto Dignità"), ma al tempo stesso il numero di "inattivi" (quelli che non hanno cercato lavoro) è crollato.

I dati sulla disoccupazione

Secondo i dati diffusi da ISTAT, il tasso di disoccupazione in Italia è sceso al 10,4% (-0,4 punti percentuali rispetto a giugno, che era stato rivisto da 10,9% a 10,8%). Gli analisti, fiduciosi ma non abbastanza, avevano stimato un leggero calo della disoccupazione al 10,8%. In questo modo il livello è tornato a quello di marzo 2012. La diminuzione è diffusa in modo trasversale tra entrambi i generi e in tutte le classi d'età. Va detto però che questo miglioramento è frutto di due spinte di senso opposto. Da una parte la stima degli occupati è ancora in flessione, visto che ci sono 28mila persone in meno con un lavoro (-0,1% su base mensile). Dall'altra però va evidenziato un minor numero di persone che ha cercato lavoro: 113mila.

Riguardo agli occupati, la diminuzione è interamente determinata dalla componente femminile. Peraltro questa riduzione è concentrata nella fascia di età tra 15 e 49 anni. Sono in aumento invece gli occupati ultracinquantenni. Nell’ultimo mese inoltre calano i dipendenti permanenti (-44 mila), mentre crescono in misura contenuta i dipendenti a termine e gli indipendenti (entrambi +8 mila). Buono il dato sulla disoccupazione giovanile, che scende ai minimi da ottobre 2011 (al 30,8%, con un calo di -1,0 punti). Malgrado il calo di giugno e luglio, nel trimestre maggio-luglio gli occupati sono aumentati di 151 mila unità (+0,7%). A luglio il tasso di occupazione è al 58,7%.

Riguardo all'esercito degli "inattivi", l'aumento è nella fascia di età tra i 15 e i 64 anni (+0,7%, ovvero +89 mila persone). Sono soprattutto le donne quelle che non cercano neppure lavoro (+73 mila) ma cresce anche la componente maschile (+16 mila). Il tasso di inattività sale così al 34,3% (+0,3 punti percentuali).

mercoledì 29 agosto 2018

IOTA, quotazione sempre più su. Da metà agosto rialzo del 100%

Nel vastissimo panorama delle valute digitali, senza dubbio è IOTA quella che sta facendo discutere di più. Dopo aver toccato i minimi di metà mese, la quotazione di questa valuta digitale è schizzata verso l'alto guadagnando più di 89 punti percentuali. In questo modo si è messa al centro del palcoscenico delle valute virtuali.

La marcia di IOTA

L’andamento di IOTUSD da metà agosto ad oggi ha fatto fibrillare gli amanti delle cryptocurrencies. Dopo aver toccato quota 0,407 dollari appena un paio di settimane fa, IOTA ha messo a segno un rally senza precedenti. Alla fine il suo prezzo è raddoppiato, l'relative vigor index indicatore RVI ha mostrato tutta la forza di questo trend. La capitalizzazione è salita oltre i 2 miliardi di dollari e un volume di trading medio giornaliero a circa 134 milioni di dollari.

I motivi del rally

Ma perché questa corsa folle e inarrestabile? Di recente la IOTA Foundation ha stipulato alcuni accordi e partnership che hanno fatto felici i mercati. Si tratta in particolare di intese nel settore tech e automotive. Tra quelle più degne di nota va ricordato l'accordo con Fujitsu, colosso tech giapponese che ha scelto di utilizzare proprio IOTA all’interno dei suoi servizi di produzione di apparecchi informatici. Nel frattempo le società operanti nell'ambito della IoT (Internet of things) hanno messo gli occhi sul distributed ledger della moneta digitale, con il crescere delle possibili applicazioni pratiche della criptovaluta.

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Tutto questo ha fatto da volano alla quotazione di IOTA, la cui marcia continua inarrestabile anche oggi. La criptovalute sta infatti salendo ancora verso quota 0,802 dollari, valori che non si vedevano da 3 settimane.

lunedì 27 agosto 2018

Prezzi e costo della vita, in autunno arriverà una serie di rincari

Il costo della vita per gli italiani potrebbe subire una brusca impennata verso fine anno. Una vera e propria stangata alla quale le associazioni dei consumatori cominciano a prepararsi. Anche se non riguarderà tutti i settori, in molti casi i prezzi saliranno. A cominciare dal comparto alimentare, passando per le spese energetiche e quelle scolastiche.

Prezzi dei beni di largo consumo

Alcuni beni di largo consumo sono destinati a crescere inevitabilmente, come il pane, la pasta e i biscotti, a causa principalmente del rincaro dei prezzi del grano. Secondo le stime questi rincari potrebbero giungere a 45 euro in più a famiglia in media. La produzione del grano è scesa fino al 20% a causa della siccità in Europa, Russia e Stati Uniti. Siccome gli italiani consumano in media 24 chili pro-capite di pasta e 60 chili di pane, focacce e pizze, anche un rialzo molto contenuto (come del 5%) finirà per trasformarsi in una spesa aggiuntiva da 45,60 euro annui a famiglia.

La scuola e i prezzi del materiale

Un altro salasso potrebbe arrivare dalla scuola, chiaramente per le famiglie che hanno bambini. Aumenteranno i prezzi di zaini, astucci e del resto del materiale scolastico (penne, diari, quaderni eccetera). I rincari per famiglia potrebbero essere dal 2 al 4% a seconda del tipo di materiale comprato (griffato o meno). Invece lo scenario ipotizzato possibile è duplice per quel che riguarda i libri di testo. Secondo Federconsumatori potrebbero addirittura diminuire dall'1,1%, mentre il Codacons ritiene che potrebbero aumentare. Ad ogni modo, la spesa minima media per il comparto scuola potrebbe essere di 526 euro circa a famiglia, che potrebbero lievitare fino a 1000 euro. Come detto, la forbice è ampia perché le preferenze individuali (tra prodotti griffati e non) incide moltissimo sul conto finale.

Riguardo le spese per l'energia, l'aumento significativo potrebbe riguardare la benzina e i carburanti. Infatti si prevede un incremento dei prezzi del petrolio verso autunno, e questo dovrebbe ripercuotersi immediatamente sui prezzi alla pompa. Di conseguenza, anche sui prezzi di tutte le merci che vengono trasportate su gomma. Ma non finisce qui, perché i rincari del petrolio dopo qualche mese cominceranno a riflettersi anche sui prezzi di luce e gas.

venerdì 24 agosto 2018

Prezzi del petrolio in salita sulla scia delle sanzioni all'Iran

Continuano a salire i prezzi del petrolio, mentre le sanzioni statunitensi contro l'Iran dovrebbero tagliare volumi significativi di greggio dal mercato. In questi giorni i prezzi del greggio stanno rimbalzando dai minimi recenti, grazie all’indebolimento del dollaro e ai colloqui tra Cina e USA per arginare le tensioni commerciali. Dall’inizio della settimana è comunque in corso un rialzo del petrolio. Inoltre anche la discesa delle scorte di greggio USA, sostengono il trend.

I dati sui prezzi del petrolio

Se prendiamo una piattaforma di trading e vediamo i dati, possiamo vedere questo rialzo dei prezzi del petrolio (noi abbiamo usato +500, qui c'è la guida plus500 come funziona webtrader). I future sul petrolio greggio Brent sono giunti a $ 75,19 al barile, in rialzo di 46 centesimi. Il Brent è sulla buona strada per un aumento settimanale del 4,7%. I future sul greggio statunitense West Texas Intermediate (WTI) sono a 68,32 dollari al barile, in rialzo di 49 centesimi, ovvero dello 0,7%. Il WTI si sta dirigendo verso un aumento settimanale del 3,7%.

Come detto, la questione iraniana sta avendo il suo peso. Le incombenti sanzioni statunitensi mireranno le esportazioni di petrolio da novembre. Ricordiamo che l'Iran è il terzo produttore più grande dell'Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (OPEC). Il paese mediorientale esporta in media circa 2,5 milioni di barili al giorno (bpd) di greggio, pari a circa il 2,5% del consumo globale. Alcuni report indicano che i carichi di petroliere iraniane sono già diminuiti di circa 700.000 barili al giorno nella prima metà di agosto rispetto a luglio.

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Nel frattempo le scorte di greggio USA sono scese nella settimana conclusasi il 18 agosto. E questo sostiene ulteriormente i prezzi del petrolio. Le stime di API e EIA, pari a -5,17 milioni di barili e -5,84 milioni (previsione: -1,50 e -1,86 milioni), confermano una marcata flessione delle scorte negli USA.

mercoledì 22 agosto 2018

Wall Street da record: mai una fase bullish così duratura

Il ricordo della crisi finanziaria si sta sbiadendo sempre di più a Wall Street. Oggi la borsa più nota al mondo sta per entrare nella fase "toro" più lunga della sua storia. Sono infatti ben 3453 i giorni in cui non si registra una fase di calo del 20% o superiore (ovvero il limite oltre il quale si parla di mercato "orso").

La lunga corsa di Wall Street

La lunghissima volata di Wall Street è cominciata il 9 marzo del 2009. Quel giorno lo S&P 500 toccò il suo minimo di 666 punti, oggi invece può fare festa per aver toccato record storici. Questa lunga marcia è addirittura più lunga di quella della bolla dotcom del 1999-2000. Anche se questa fase "toro" è la più duratura della storia, non è quella maggiore in termini di rialzi. Dal 9 marzo 2009 lo S&P500 è salito del 322%, decisamente meno del +417% del marzo 2000. Per il Dow Jones la corsa attuale è solo la terza nella sua storia, dopo i periodi di toro che si sono chiusi nel 1961 e nel 1929.

E dire che un decennio fa nessuno si sarebbe aspettato una cavalcata simile, visto che ancora si portavano le evidenti cicatrici della peggiore crisi finanziaria dalla Grande Depressione. La cosa interessante è che questa lunghissima fase rialzista del mercato, diversamente dai precedenti periodi bullish, non nasceva da un boom economico. Almeno nella sua fase iniziale, sono infatti state le politiche accomodanti delle banche centrali a spingere la ripresa. La fase toro quindi è stata spinta da un ammontare non convenzionale di stimoli monetari.

Il volo dei tecnologici

Ma una bella fetta di merito va anche ai tecnologici, il cui boom degli ultimi anni ha favorito la corsa dei listini. Titoli come Amazon, Apple, Facebook hanno guidato la corsa. Non a caso, di recente l'azienda di Cupertino è diventata la prima società al mondo con una capitalizzazione di 1000 miliardi di dollari.

Ma quanto sarà sostenibile in futuro tale corsa? Molti si interrogano propro su questo. Pochi prevedono una recessione a breve, molti però sostengono che la marcia di Wall Street inevitabilmente è destinata a perdere slancio. Ma per adesso vola...

lunedì 20 agosto 2018

Azioni Tesla in caduta libera. La settimana si apre con un altro ribasso

Continua la marcia al ribasso delle azioni Tesla Inc, che ha avuto un crollo del 4% a Wall Street anche nel primo giorno della nuova settimana. Le azioni TSLA.O hanno subito un taglio di 113 dollari nell'obiettivo di prezzo JPMorgan Chase, che l'ha portato da 308 a 195 dollari.

Il declino delle azioni Tesla

Il motivo del taglio è che non c'è molta fiducia nel fatto che l'amministratore delegato Elon Musk abbia le risorse necessarie per la maxi operazione di buyout ipotizzata dal Ceo in una serie controversa di tweet due settimane fa. Musk annunciò di voler ritirare le azioni Tesla dalla borsa americana, ricomprandolo poi tutte. La possibile privatizzazione mosse il titolo del 13% in poche ore, al punto che sono arrivate anche due denunce per aggiotaggio, cioè di aver utilizzato informazioni riservate o false per speculare sui prezzi in Borsa.

JP Morgan è anche convinta che l'interesse del fondo sovrano saudita (PIF) che si dice sarebbe dietro i "fondi garantiti", in realtà non si è ancora tradotto in qualcosa di formale. Per questo ha lasciato la raccomandazione sul titolo a "underweight". E dire che gli analisti della banca d'affari americana avevano aumentato le previsioni da 198 a 308 dollari proprio dopo i tweet di Musk di inizio agosto. La settimana scorsa le azioni Tesla hanno complessivamente perso il 14%, come abbiamo visto sulla piattaforme eToro (qui c'è la guida come funziona etoro copy trader).

Il dramma di Mr Tesla

La saga Tesla quindi continua, dopo il brusco sell-off di venerdì scorso. E continua pure il momentum fortemente negativo (qui è spiegato indicatore momentum trading come funziona) Allora lo stesso Musk si presentò in lacrime in un'intervista, descrivendo i suoi ritmi di lavoro da 120 ore settimanali insostenibili (tanto da dover usare un farmaco per l'insonnia). Musk ha detto anche di essere sotto forte stress emotivo nell'anno "più difficile" della sua vita. Le azioni Tesla hanno toccato un minimo di tre mesi di $ 285 nel preapertura di Wall Street (-7%) prima di riprendere a scambiare intorno a $ 290, riducendo il suo valore di mercato al di sotto di quello di General Motors (GM.N).

mercoledì 15 agosto 2018

Imprenditori stranieri in crescita in Italia. Sono soprattutto cinesi

Continua a crescere il numero di imprenditori stranieri presenti in Italia, dimostrando che c'è un buon fermento nel paese. Secondo una analisi condotta dall’Ufficio studi CGIA, alla fine del 2017 il numero di imprese in mano a cittadini stranieri era 805.477, in crescita del 2,5% rispetto al 2016. Se invece consideriamo il rapporto rispetto all'intera imprenditoria presente sul territorio italiani, la crescita nel 2017 è stata pari all’8,8%. Dal 2009 ad oggi, è scesa invece la quota di aziende che fanno capo (soci, titolari, amministratori, etc.) agli italiani. Sono infatti passate da 8,9 milioni a meno di 8,3 milioni (-7,5%).

Le etnie degli imprenditori stranieri


L’etnia imprenditoriale più numerosa è quella cinese. Infatti alla fine dello scorso anno c'erano ben 80.514 di loro alla guida di aziende in Italia. Il primato però è quasi da condividere con i marocchini (79.391) e con i romeni (77.082). Ben più distaccati sono invece gli albanesi, in capo ai quali è possibile ricondurre 46.974 imprese.

Tuttavia c'è una cosa da rimarcare riguardo alle imprese cinesi in Italia: dal 2009 questa presenza è cresciuta del 61,5%, viaggiando al doppio della velocità rispetto all'incremento dell’intera imprenditoria straniera (34,5%). Va detto peraltro che la vocazione imprenditoriale dei cinesi è fortissima. Infatti se di solito il 15% degli stranieri che giunge in Italia avvia una attività, quando si parla dei cinesi l’incidenza è addirittura il 27,7 per cento. Su oltre 290.600 cinesi residenti in Italia, ben 80.500 guidano un’attività economica.

I settori più interessanti


Il settore maggiormente "apprezzato" dai cinesi è quello del commercio (incluso i venditori ambulanti), con 26.200 titolari. Poco staccato c'è quello manifatturiero (con larga prevalenza del tessile, abbigliamento, calzature), con poco più di 20.000 soggetti. Sul podio delle preferenze anche il settore della ristorazione, con oltre 18.000 imprenditori. Anche se in forte aumento nell'ultimo anno (10%), il settore dei servizi alla persona rimane ancora poco battuto: meno di 6.000 persone.

A livello geografico, la Lombardia è la regione dove si concentra il maggior numero di aziende made in China, circa 18.800. Seguono la Toscana (14.000), il Veneto (9.600) e l’Emilia Romagna (8.100). In sostanza, soltanto in queste quattro Regioni si concentra oltre il 62% delle imprese cinesi presenti in Italia.

lunedì 13 agosto 2018

Calendario macroeconomico: settimana blanda, occhi ancora sulla Turchia

La settimana di Ferragosto come da tradizione non regalerà grandissimi spunti nel calendario macroeconomico, che avrà il suo focus nei dati sull'inflazione di diverse aree (Italia inclusa). In questo senso i market mover della settimana giungeranno da Germania, Francia, Spagna e dall’intera Eurozona. Sempre in Europa attenzione dal report sul prodotto interno lordo, sulla produzione industriale e sulla bilancia commerciale.

Calendario macroeconomico e non solo

In Europa l'attenzione maggiore riguarderà però l'evoluzione della situazione in Turchia. Settimana scorsa la Lira è precipitata ai minimi storici contro il Dollaro, ma ha trascinato giù con sé anche le Borse e l'euro per via dei timori - espressi dalla BCE - circa l'esposizione di molte banche in Turchia. Al momento non si vedono segnali di uscita da quello che appare come un vicolo cieco. La coppia Usd-Try è salita del 28% in una sola settimana, con gli indicatori tecnici che sono "impazziti" (si possono osservare l'indicatore macd segnali operativi trading cosa evidenziano).

Sempre nel Vecchio Continente non bisogna trascurare i dati sul mercato del lavoro britannico, rilasciati a una settimana dalla riunione della Bank of England. Tuttavia, piuttosto che i report del calendario macroeconomico è il recente aumento del rischio di una Brexit senza accordo che sta orientando l'andamento della sterlina. La valuta britannica ha accusato una certa difficoltà nell'ultimo periodo, proprio a causa dei timori di una uscita "senza deal". Nell'ultimo mese la coppia Gbp-Usd è scivolata di circa il 4%. Si prenda la classifica migliori piattaforme di trading online e si veda anche l'andamento incerto rispetto alle altre valute principali: -1,4% rispetto all'euro, addirittura -5,50% contro lo Yen.

Tra i market mover nel calendario macroeconomico degli USA, c'è una certa attenzione al dato sulle vendite al dettaglio e agli sviluppi del mercato immobiliare residenziale, tra concessioni edilizie e nuove aperture di cantieri. Occhio poi al petrolio, con il report mensile dell’OPEC e i dati sulle scorte, che settimana scorsa hanno provocato un po' di burrasca sulle quotazioni dell'oro nero.

venerdì 10 agosto 2018

Banche europee sotto pressione per la crisi della Turchia

La situazione esplosiva della Turchia preoccupa seriamente la BCE. Ieri l'istituto centrale europeo ha lanciato un alert riguardo l’esposizione verso il paese di Erdogan delle banche europee. In special modo sono 3 gli istituti più esposti: Unicredit, BBVA e BNP Paribas. Non a caso su questi tre titoli si sono riversati fiumi di vendite. Ma l'effetto contagio è stato immediato, spingendo verso il basso tutti i titoli bancari europei. Secondo dati Bri, l’esposizione delle banche mondiali nel paese era di 264,9 miliardi di dollari alla fine del primo trimestre 2018.

Banche europee, lira e Turchia

La Lira turca ha segnato una ulteriore netta discesa nei confronti di euro e dollaro. Oggi è arrivata a cedere fino oltre 14% sul dollaro, innescando un generale panico sui mercati. Alla base del crollo c'è il crescente scetticismo riguardo alla gestione dell’economia del presidente Tayyip Erdogan, che peraltro ha allungato i suoi tentacoli anche sulla politica monetaria. Il colpo di grazia recente invece è il peggioramento delle relazioni di Istanbul con gli Stati Uniti.

A questa situazione gravissima, Erdogan ha risposto in tono sprezzante: "Se loro hanno il dollaro, noi abbiamo il nostro popolo, il nostro Dio”. Un'uscita che ha ancora di più innervosito gli investitori e penalizzato sui listini le banche europee.

A rischiare grosso sono soprattutto le banche europee. Sta infatti crescendo l’incertezza sulla reale capacità delle imprese del paese, pesantemente indebitate, di ripagare i loro debiti in euro e dollari. Stando il Financial Times, due fonti vicine alla BCE avrebbero detto che la situazione turca viene monitorata, ma al momento le banche principali dell’Eurozona non avrebbero legami in grado di rendere la situazione critica. La paura maggiore è che di fronte al continuo svalutarsi della Lira, molti debitori inizino a fare default sui prestiti in valuta estera. Si profilerebbe quindi il collasso del sistema bancario turco, con inevitabili ripercussioni su tutta l'eurozona.

mercoledì 8 agosto 2018

Valute emergenti, continua il 2018 opaco a causa della guerra dei dazi

Fino a questo momento il 2018 non è stato certo ricco di soddisfazioni per le valute emergenti. Il sentiment degli investitori è stato influenzato dai timori per l'escalation protezionistica impressa dagli Stati Uniti. Una escalation che minaccia di interrompere i flussi commerciali globali e di conseguenza danneggiare le prospettive di crescita. Questo aspetto è valido a maggior ragione per le economie emergenti.

Valute emergenti in crisi o che resistono

Non tutte le valute emergenti però sono uguali. C'è infatti chi è in una posizione migliore rispetto ad altre per superare l'attuale momento di incertezza e difficoltà. All'estremo più critico ci sono Turchia e Argentina, le cui valute sono tra le peggiori di quest'anno. La Lira ha perso circa il 27% sul dollaro e il 26% rispetto all'euro da un anno all'altro (con prezzi opressoché costantemente sopra la media mobile trading ponderata), e registra una inflazione a quasi il 16%. Anche l'Argentina non se la passa affatto bene. Non a caso il cambio dollaro-peso ha guadagnato oltre il 50% nell'ultimo enno.

Ci sono però anche caso diametralmente opposti. Brasile, India e Cina si trovano in una situazione economica molto migliore rispetto al 1997, quando iniziò la crisi finanziaria asiatica, grazie a forti aumenti in valuta estera. Ma con gli investitori stranieri che tendono a dipingere tutti i mercati emergenti con la stessa pennellata, non c'è alcuna garanzia che anche quelle economie con buoni fondamentali rimarranno incolumi dalle ondate di vendite.

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Se gli USA dovessero continuare con questa politica di scontro commerciale, i guai valutari dei mercati emergenti potrebbero persistere tra le incertezze legate al commercio.

lunedì 6 agosto 2018

Mercato energetico, i dazi cinesi mettono in difficoltà gli USA

La guerra dei dazi potrebbe mettere a serio rischio il progetto americano di dominare l'intero mercato energetico. Gli Stati Uniti sono i leader nell'export di carburanti come benzina e diesel, e stanno per ottenere lo scettro anche per qualche riguarda le esportazioni di gas naturale liquefatto. Tuttavia, l'esacerbarsi dello scontro con la Cina potrebbe complicare i piani di Trump.

Il piano di Trump sul mercato energetico

Sono ormai mesi che Stati Uniti e Cina non hanno più contatti, e cioè che sta per accadere sul mercato energetico potrebbe aggravare le cose. Dal giorno in cui Trump impose i primi dazi, quelli contro l’acciaio e l’alluminio. Poi ne sono scattati altri per un valore di 34 miliardi di dollari. Ma non s'è fermato qui. Dopo le ultime minacce del presidente americano, che potrebbe far scattare dazi per ulteriori 200 miliardi di dollari, la Cina non è stata a guardare. Pechino ha infatti annunciato a sua volta di essere pronta per una contromossa da 60 miliardi di dollari.

Nella giornata di venerdì infatti la Cina ha aggiornato la lista dei prodotti USA interessati dai nuovi dazi (circa 60 miliardi di dollari). Per la prima volta nel mirino c'è anche Gnl statunitense. Il problema di Trump quindi è che le nuove misure cinesi andrebbero a colpire anche il mercato energetico. Ci sono pure benzina e diesel raffinati in Usa. E non è roba da poco, visto che le esportazioni americane del Gnl hanno avuto un valore di 3,3 miliardi di dollari nel 2017, e che la Cina è il principale importatore mondiale di greggio e gas liquefatto.

E' chiaro quindi che se la Cina chiude le frontiere, per gli USA è un brutto colpo. Proprio mentre la Casa Bianca sta spingendo per fare aumentare le esportazioni di petrolio e gas naturale. Anche per questo la stessa amministrazione USA ha fatto sapere che di essere pronta a riaprire le trattative con la Cina, in modo da scongiurare il pericolo di questa escalation.

venerdì 3 agosto 2018

Sterlina in calo dopo le parole di Carney (BoE) sulla Brexit

Il governatore della Bank of England parla e la sterlina cede terreno. Mark Carney ha parlato a BBC Radio della questione Brexit, mostrando una certa preoccupazione riguardo l'andamento dei negoziati, aggiungendo che un "no deal" resta spiacevolmente possibile. Secondo il capo della BoE nessun accordo è altamente indesiderabile, mentre è assolutamente necessario raggiungere una intesa. Questo nell'interesse tanto del Regno Unito che della stessa UE. Le trattativa tra Londra e Bruxelles riprenderanno tra un paio di settimane.

Le parole di Carney e la sterlina

Il riferimento a un possibile "no deal" ha messo in allerta i mercati, che stanno penalizzando la sterlina. Basta aprire una piattaforma trading online demo gratis senza deposito per vedere come sta scendendo il valore del pound. Del resto Carney ha anche rivelato che la Banca d'Inghilterra ha recentemente condotto un test di scenario sulla Brexit che ha visto i prezzi delle proprietà crollare di un terzo, i tassi di interesse salire al 4%, la disoccupazione fino al 9% e una recessione in piena regola.

Il cambio euro- sterlina ha prontamente prezzato questi commenti, con il mercato che registra un nuovo massimo giornaliero a 0.8919. Il tasso di cambio da sterlina a dollaro ha toccato un minimo a 1.2976, aggirandosi sui minimi del 2018. Chi sta adottando una strategia scalping Forex (1 5 minuti) dovrà fare molta attenzione a possibili improvvise escursioni, visto che in giornata ci aranno gli importanti dati USA sui Non Famr Payrolls. Tutto questo succede a breve distanza dalla riunione della BoE, che malgrado abbia deciso un aumento dei tassi (portandoli allo 0,75 per cento) non ha saputo dare slancio alla sterlina. Questo conferma che esiste un solo vero driver per la valuta britannica in questo momento, la Brexit.