venerdì 28 dicembre 2018

Tariffe, nel 2019 il rincaro in bolletta riguarderà il gas

Con l'avvicinarsi del nuovo anno, si comincia a fare anche il conto dei prossimi aumenti delle tariffe in bolletta. Attraverso i dati di Arera, l'autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, si può tracciare il quadro della situazione. Dopo il blocco degli oneri elettrici durante il secondo semestre 2018, la loro piena riattivazione consente per il 2019 di riportarli in equilibrio, senza alcun aumento per il prossimo trimestre della spesa per l'energia elettrica per la famiglia tipo1 in tutela".

I rincari in bolletta

tariffe luce gasLa spesa al loro delle tasse di una famiglia-tipo, dovrebbe essere di 560,2 euro (il periodo di calcolo va su anno "scorrevole", ovvero dal 1° aprile 2018 al 31 marzo 2019). L'incremento complessivo delle tariffe sarà del 4,7% rispetto ai 12 mesi equivalenti dell'anno precedente. Ciò corrisponde ad un aumento di circa 25 euro/anno. Dal 1° gennaio 2019, il prezzo di riferimento dell'energia elettrica per il cliente tipo sarà di 21,74 centesimi di euro per kilowattora, tasse incluse.

Riguardo al primo trimestre del 2019, tuttavia, non dovrebbero esserci rincari sul mercato tutelato. Anzi le previsioni indicano una possibile micro-diminuzione delle tariffe (-0,08%) dovuta al calo della spesa per la materia energia (-5,32% sulla spesa per il cliente tipo); tale riduzione è stata compensata da un aumento della spesa per gli oneri di sistema (+5,00%) e delle tariffe di trasporto e gestione del contatore (+0,24%). Il costo dell'energia vale il 41,63% del totale della bolletta, mentre l'altra fetta è per lo più dovuta a imposte, accise e oneri di sistema.

Il rincaro del gas

Le famiglie dovranno invece fare i conti con un gas più costoso. Dal primo gennaio è infatti previsto subito un aumento delle tariffe del 2,3%. La variazione è determinata dall'aumento, seppur contenuto, dei costi di approvvigionamento, che riflette il rialzo delle quotazioni all'ingrosso nei mercati a termine in Italia e in Europa. La spesa della famiglia tipo per la bolletta gas sarà di circa 1.150 euro, con una variazione del +10% rispetto ai 12 mesi equivalenti dell'anno precedente (1° aprile 2017 - 31 marzo 2018), corrispondente a circa 105 euro/anno.

domenica 23 dicembre 2018

Banca centrale della Rep.Ceca, nessuna sorpresa sul fronte dei tassi

E' stata una settimana molto intensa sul fronte delle banche centrali. Dopo la FED e la BCe, è toccato anche a BoE e BoJ prendere le proprie decisioni. Ma ci sono stati gli interventi anche di alcuni istituti centrali emergenti, come la České národní banky, la banca della Repubblica Ceca.

La Banca centrale di Praga

La banca di Praga ha deciso di lasciare i tassi all'1,75%, con il voto favorevole di 5 dei 7 membri (due volevano un rialzo). L'istituto ceco si è preso quindi una pausa dal percorso di restrizione monetaria, che nel corso del 2018 l'ha portato ad alzare il costo del denaro ben 5 volte, l'ultima a novembre. La CNB ha effettuato 7 strette a partire dall'agosto 2017, quando il tasso di interesse si trovava allo 0,05%.

Anche se la mossa della České národní banky non ha sorpreso i mercati, l'istituto di Praga ha fornito piatto degli spunti interessanti riguardo al futuro. Il Governatore Jiří Rusnok ha infatti preannunciato che la banca centrale si prenderà una pausa lungo il percorso di normalizzazione, e che i rialzi potrebbero proseguire a un ritmo più moderato. Quanto? Secondo gli analisti ci sarà un nuovo intervento a febbraio, ma poi è in dubbio se ci saranno altri due ritocchi oppure uno solo.

Il ritmo dipenderà dalle condizioni dell'economia: dalla crescita del mercato del lavoro, dei salari, dall'andamento della Corona Ceca e dall'inflazione, che di recente ha imboccato la via della discesa e adesso è al 2%. La CNB vuole evitare un surriscaldamento dell'economia e tenere d'occhio gli sviluppi dell'economia globale che incide sempre in modo forte sulle valute emergenti (a proposito di emergenti, qui trovate le previsioni andamento real brasiliano 2019).

Gli effetti sulla Corona

A livello valutario, la Corona Ceca nell'ultimo periodo è stata sostenuta dai ritocchi al tasso della CNB, tuttavia il mercato ha visto nell'ultima decisione della banca centrale una mossa da "colomba". Questo ha penalizzato al Corona, che ha perso terreno contro l'Euro (cambio a 25,86). L'oscillatore stocastico lento parametri evidenziano una spinta ancora rialzista. Rispetto al dollaro, la Corona ceca ha guadagnato terreno a 22,750.

venerdì 21 dicembre 2018

Lavoro domestico, in Italia 6 su 10 sono irregolari. Buco enorme per l'Erario

Malgrado negli ultimi anni ci siano stati dei miglioramenti, la piaga del lavoro nero in ambito domestico continua. Parliamo di un settore che produce 19,1 miliardi il giro di affari annuo, ovvero l'1,25% del Pil. Di questo volume di affari, circa 10,3 miliardi derivanti da lavoro irregolare e 8,8 miliardi di euro da lavoro in chiaro. L'esercito di badanti e colf che hanno un rapporto lavorativo non regolarizzato ogni anno genera un danno erariale di circa 3 miliardi.

Il lavoro domestico irregolare

lavoro domesticoIl rapporto 'Lavoro domestico irregolare: quanto ci perde lo Stato', di Assindatcolf, evidenzia che in Italia 6 domestici su 10 lavorano senza regolare contratto di assunzione. Si tratta di un esercito che composto da circa 1,2 milioni di lavoratori sconosciuti al Fisco. Sono privi sia di diritti da esercitare sul posto di lavoro, ma anche di doveri come appunto quello di versare contributi e imposte.

Si genera così un 'buco' nelle casse dello Stato da 3 miliardi, come già detto. Di questi circa 600 milioni di euro derivano da reddito da lavoro non dichiarato (Irpef), mentre 1,8 miliardi da contributi previdenziali non versati (Inps). C'è però anche un altro fattore da mettere nel calcolo, ovvero i "furbetti" del lavoro domestico. Si tratta di coloro che sono regolarmente assunti che, però non presentano la dichiarazione dei redditi o coloro che dichiarano meno ore di quelle che realmente lavorano. Ecco come si arriva così alla complessiva cifra di mancato gettito nello casse dello Stato pari a 3 miliardi di euro l'anno.

Rimedi


Ma quali interventi potrebbero migliorare lo stato delle cose? Tenuto conto che la badante è di fatto un lusso accessibile solo a 8 pensionati su 100, si potrebbe innescare un meccanismo deduttivo sul reddito. In sostanza tutto o parte della spesa per le badanti potrebbe essere dedotto nella dichiarazione dei redditi. In questo modo il lavoro regolare diventerebbe meno costoso di quello in nero.

mercoledì 19 dicembre 2018

Tassi di interesse al centro dell'attenzione dei trader

A poche ore dalla decisione della Federal Reserve riguardo i tassi di interesse, il biglietto verde perde quota sui mercati valutari. Gli investitori infatti reputano più probabile che questa sera la banca centrale americana darà indicazioni su un rallentamento del percorso di rialzo dei tassi di interesse.

I tassi di interesse e i trader

I trader si aspettano senza dubbio che ci sarà il quarto rialzo del 2018 del costo del denaro. Tuttavia la convinzione è che l’istituto centrale Usa esprimerà una certa cautela per il futuro. In special modo la frenata sarebbe indotta dai timori per un rallentamento della crescita globale. Del resto gli indizi in tal senso ci sono tutti, e anche i recenti dati macro sull'economia americana hanno offerto un quadro abbastanza contrastato. La spinta forte in sostanza si è attenuata. Il presidente Usa Donald Trump peraltro ha più volte rimproverato la Fed anche solo considerare una stretta monetaria alla luce delle incertezze dell’economia.

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Cosa succederà al dollaro?

Le aspettative che la Fed si prenda una pausa nel percorso di rialzo dei tassi di interesse, unitamente alle prospettive che la guerra commerciale tra Usa e Cina non cesserà a breve, nonché la nuova ondata di volatilità dei mercati, hanno spinto alcuni investitori a interrogarsi se il rally del dollaro continuerà anche nel 2019. Da qui le vendite sul biglietto verde. A fronte di un rafforzamento delle divise rifugio come yen e franco svizzero sostenute dai timori per l’economia globale, l’euro ha toccato il massimo di una settimana a 1,1405 sul dollaro (qui ci sono le previsioni andamento franco svizzero euro 2019).

Riguardo al futuro, gli investitori ritengono che la Federal Reserve non si discosterà troppo dal suo programma sui tassi di interesse. Almeno per il momento potrebbe lasciare la porta aperta a due/tre rialzi per il prossimo anno. Eventualmente correzioni più forti potrebbero essere fatte a inizio 2019.

lunedì 17 dicembre 2018

Banche centrali di nuovo in focus sui mercati internazionali

La settimana pre-Natalizia vedrà le banche centrali al centro dell'interesse dei mercati finanziari, prima tra tutte la Federal reserve che si riunirà mercoledì.

Focus sulle banche centrali

Settimana scorsa è stata la BCE a riunirsi, confermando ancora una volta il tasso di interesse a zero. Il numero uno della Eurotower Mario Draghi ha inoltre confermato che a fine anno si chiuderà il Quantitative easing. Tuttavia è stato mantenuto fermo il punto sulla volontà di reinvestire i titoli in scadenza per un periodo di tempo ancora lungo. Riguardo l'avvio delle manovre restrittive di politica monetaria, la bcana centrale europea resta dell'idea di procedere al primo ritocco non prima dell'estate prossima.

La FED in calendario

Archiviato l'appuntamento con la BCE, questa settimana sarà la volta della Federal Reserve americana. L'istituto centrale di Washington si riunirà a metà settimana per alzare il tasso di interesse per la quarta volta quest'anno. L'aspettativa ampiamente condivisa è che verranno portati nel range tra 2,25 e 2,5%. Tuttavia l'attenzione vera dei mercati è focalizzata sul tono che Jerome Powell userà riguardo al futuro. Il dubbio concreto infatti è che il percorso di normalizzazione possa avere una frenata nel 2019. Prevale in tal senso una certa cautela, anche perché gli indici azionari stanno vivendo una correzione molto forte, e l'economia sta inviando diversi segnali di rallentamento.

La Bank of England

Ma non ci sarà solo la FED a riunirsi. Sono infatti previsti anche i meeting di altre due banche centrali importanti, come la Bank fo Japan e la Bank of England. Ci sarà da seguire soprattutto quest'ultima, dal momento che la questione Brexit è tornata di prepotente attualità, e si mescola con la difficoltà politiche che sta avendo il governo di Theresa May. Data proprio l'incertezza riguardo allo scenario futuro, sembra molto improbabile che la banca centrale del Regno Unito faccia qualche mossa decisa. Se non ci fosse stata la Brexit, magari la BoE avrebbe seriamente preso in considerazione un rialzo dei tassi nella riunione di novembre o dicembre, ma adesso i rischi sono troppo grandi.

sabato 15 dicembre 2018

Banca centrale di Russia, ecco la mossa che sorprende i mercati

La sorpresa prima del week end arriva dalla Russia, dove la banca centrale ha deciso di alzare il principale tasso di riferimento di 25 punti base, portandolo al 7,75%. Gli economisti stimavano un tasso stabile al 7,5%.

La mossa della banca centrale russa

Questa decisione ha natura proattiva e mira a limitare i rischi di inflazione che rimangono elevati (soprattutto nell'orizzonte a breve termine), e contrastare l'incertezza sulle future condizioni esterne. Ma nonostante questa mossa della banca centrale russa, il Rublo è calato (con tanto di piercing line pattern forex) sul mercato valutario per via di un'altra notizia.

Infatti oltre a ritoccare il costo del denaro, la Banca di Russia ha annunciato la ripresa degli acquisti forex a partire dal 15 gennaio, dopo averli sospesi ad agosto (reagendo a un indebolimento del rublo). Il governatore Elvira Nabiullina ha riferito che tali operazioni di acquisto riprenderanno "per intero", per ricostituire le riserve statali. Essi tendono a esercitare una pressione al ribasso sulla valuta, che infatti dopo la notizia è scesa. Ciò contrasta con l'opinione del mercato secondo cui la banca centrale potrebbe ridurre i volumi di acquisti di valute il prossimo anno rispetto a quest'anno.

Il rublo dopo la decisione della banca centrale

Dopo la decisione della banca centrale il rublo russo si è indebolito a un minimo di una settimana rispetto al dollaro, dopo aver toccato 66,23 la coppia Usd-Rub è salita a 66,75. Su una qualsiasi piattaforma trading online demo gratis senza deposito abbiamo anche visto che contro l'euro, il rublo è sceso dello 0,03% a 75,26. La valuta russa ha altresì risentito della pressione rialzista sul dollaro, dopo i solidi dati sulle vendite al dettaglio di novembre negli Stati Uniti. Anche i prezzi del petrolio hanno avuto un impatto negativo sulle attività della Russia, poiché il petrolio greggio Brent, un punto di riferimento globale per le principali esportazioni della Russia, è sceso dello 0,41% a 61,20 dollari al barile.

mercoledì 12 dicembre 2018

Deficit, nella partita tra Roma e Bruxelles entra in gioco anche la Francia

Sul terreno di gioco della partita tra Bruxelles e Roma sull'ammontare del deficit, piomba adesso la questione francese. Con quali effetti, si vedrà. Ma di sicuro le due vicende si intrecceranno nei prossimi giorni sul tavolo europeo.

Deficit, anche la Francia sforerà

Le misure promesse dal presidente transalpino Macron ai "gilet gialli", infatti avranno un forte impatto sul bilancio, portando i conti pubblici francesi fuori dai limiti UE. Il deficit nominale dovrebbe passare dal 2,8% del Pil al 3,4%, dunque ben oltre la soglia del 3%. Peraltro Bruxelles aveva già definito il bilancio di Parigi «a rischio di non conformità» con le regole Ue. Il Governo Italiano potrebbe far leva anche su questo per far valere le proprie ragioni, tanto più che adesso con i nuovi tagli alla spesa, il nostro deficit verrà limato al 2,05%.

I tagli alla spesa della manovra italiana

Ben 3,5 miliardi di risparmio arriveranno dal taglio al fondo per finanziare la riforma «Quota 100» delle pensioni e il Reddito di cittadinanza, mentre altri 2 miliardi saranno risparmiati sulle pensioni; un altro miliardo e mezzo dal Reddito di cittadinanza. Il premier Conte si è detto convinto che alla fine la UE approverà la nostra manovra economica. Secondo lui infatti i dati macroeconomici dimostrano che "la manovra è stata strutturata per rispondere alle esigenze del Paese all’interno del perimetro tracciato dai vincoli e dalle regole di finanza pubblica". Se poi ci sarà modo, di sicuro verrà tirata fuori anche la questione francese, provando a portarci qualche vantaggio.

Ma le tensioni sul fronte politico-economico francese potrebbero anche essere uno svantaggio. Già perché questo secondo fronte caldo sul deficit potrebbe acuire l'insofferenza dei paesi nordici, che già contro l'Italia hanno chiesto un certo rigore. La questione francese è appena esplosa, e prima di primavera non verrà affrontata concretamente. A quel tempo la partita con Roma sarà già bella che chiusa, e siccome a maggio ci sono le elezioni in tutti e 27 i Paesi dell’Ue (escluso il Regno Unito), potremmo diventare l'esempio da sventolare in campagna elettorale su come sia inflessibile la UE sui conti pubblici.

lunedì 10 dicembre 2018

Economia giapponese, il PIL evidenzia un ulteriore rallentamento

L’economia del Giappone ha registrato nel terzo trimestre una fortissima frenata, la peggiore da oltre 4 anni. La terza economia mondiale è stata penalizzata da una serie di catastrofi naturali (che hanno spinto in basso sia la domanda interna che quella estera, entrambe in calo dello 0,5%) ma anche dal crescere dei rischi globali, con particolare riferimento alla tensione USA-Cina (che hanno già manifestato effetti sui dati macroeconomici in Cina e Australia).

La debolezza dell'economia giapponese

Il nuovo segnale di indebolimento dell’economia giapponese è stato evidenziato dall'Istituto di ricerca economica e sociale del Cabinet Office giapponese. La lettura finale del Prodotto Interno Lordo (PIL) nei tre mesi luglio - settembre è stata rivista in calo del 2,5% a livello tendenziale contro il -1,2% della stima preliminare. Si tratta del livello più basso dal 2° trimestre del 2014. Nel secondo trimestre era cresciuto del 2,8%, mentre le previsioni degli analisti erano per una flessione dell'1,9%. Anche su base trimestrale il Prodotto Interno Lordo ha deluso le attese: il PIL è stato rivisto al -0,6% dal -0,3% della lettura precedente. Nel 2° trimestre dell'anno, l'economia era cresciuta dello 0,7% su trimestre e del 2,8% su anno.

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Altri dati macro sono stati resi noti oggi. Il surplus delle partite correnti dell'economia Giapponese è calato in settembre a 1.310 miliardi di yen dai 1.822 miliardi di settembre (1.838 miliardi in agosto). Il dato segna un crollo del 40% annuo. Inoltre i prestiti erogati dagli istituti di credito del Sol Levante sono saliti del 2,1% annuo. I consumi privati (che pesano per il 60% sul Pil) inoltre hanno segnato un calo sequenziale dello 0,2% nel terzo trimestre, contro il progresso dello 0,7% del secondo.

Sul mercato valutario intanto lo Yen comincia con una lieve flessione dopo questi dati sull'economia giapponese. Non occorre scegliere qual è il miglior sito forex trading per scoprire che la valuta nipponica è in calo contro l'euro ma pure contro il dollaro, che a sua volta rimane penalizzato dai dati deboli sul lavoro visti venerdì scorso.

mercoledì 5 dicembre 2018

Capitali italiani in fuga: la Svizzera è la meta preferita

La prolungata incertezza che si respira sui mercati internazionali sta spingendo i capitali italiani verso la Svizzera, ritenuto porto sicuro da sempre. E' questo lo scenario evidenizato da diversi asset manager e adviser finanziari operanti nel nostro paese.

Capitali in viaggio

Lo slancio alla fuga di capitali verso il paese elvetico s'è avuta con il crescere della tensione tra Roma e Bruxelles sulla questione della manovra di bilancio italiana. Questo clima ha gettato delle ombre sui risparmiatori, spingendo molti di loro a guardare a destinazioni alternative per il proprio capitale. I più solerti a intraprendere questa fuga sono quelli che hanno visto, sin dall'estate, il concreto rischio che l'Italia possa abbandonare l’area dell’euro. Si tratta soprattutto di investitori dell’Italia settentrionale, che hanno fatto il breve viaggio per trasferire denaro nelle banche svizzere e poi convertirlo in franchi. Molti di loro rivedono lo scenario vissuto già nel 1992, quando il Governo Amato impose un prelievo forzoso una tantum su risparmi e conti corrente.

I dati della BRI

La tendenza è confermata dai dati della BRI (banca dei regolamenti internazionali). Essi evidenziano come gli istituti svizzeri abbiano beneficiato di massicci afflussi di capitale da clienti privati e aziende italiani: nei 9 mesi precedenti fino a giugno scorso, questi flussi erano aumentati del 5%, a 13,68 miliardi di dollari. Sebbene i dati del terzo trimestre del 2018 non siano ancora disponibili, molti banchieri sottolineano che il trend non solo è rimasto vivace, ma addirittura potrebbe essersi rafforzato.

Oltre ad un aumento di coloro che il grande passo l'hanno già fatto, c'è stato un incremento anche del numero di italiani che ha chiesto informazioni su come aprire un conto, su come investire e sule alternative all’euro o ai bond italiani”. Molti investitori italiani cercano quindi una exit strategy garantita se le cose dovessero peggiorare. Anche se molti ignorano che l'unico vero modo sarebbe quelli di spostare la propria residenza all'estero.

lunedì 3 dicembre 2018

Economia elvetica in frenata, nubi grigie per la Svizzera

La Svizzera vede nuvole grigie all'orizzonte. Dopo una marcia che andava avanti spedita da circa un anno e mezzo, la corsa dell'economia elvetica ha frenato bruscamente. Lo dicono i dati recenti degli ultimi giorni. Il Pil nel corso del terzo trimestre è infatti calato dello 0,2%, dopo che i precedenti trimestri avevano registrato un dato positivo  dello 0,7% e dello 0,8%.

Lo stato di salute dell'economia elvetica

La frenata dell'economia elvetica è stata innescata tanto dal comparto industriale quanto dal terziario. Sono scesi sia l'industria manifatturiera (-0,6%), sia quella energetica (-2,2%). Anche il totale delle esportazioni è bruscamente scivolato (-4,2%), anche se si preannuncia una ripresa a breve termine. Nel terziario hanno sofferto sia il comparto delle vendite al dettaglio che quelle all'ingrosso, ma pure il settore finanziario ha segnato una diminuzione (-1,1%). Le spese per consumi delle economie domestiche sono praticamente rimaste ferme, così come quelle statali.

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Prospettive

Va detto che il netto raffreddamento dell'economia elvetica si inquadra in una congiuntura globale negativa. Basti pensare a quanto avvenuto in atri Paesi europei, in particolare in Germania (Pil -0,2%). Tuttavia, secondo molti analisti il rallentamento della congiuntura mondiale sta influendo sull'economia elvetica in modo più rapido e incisivo del previsto. Però da qui a parlare di possibile recessione ce ne corre, anche perché le aziende elvetiche continuano a considerare positivo l'andamento degli affari e anche il mercato del lavoro e l'export forniscono segnali positivi. Si ritiene inoltre che il PIL per il 2020 aumenterà dell'1,7%.

A livello di valute c'è invece molta incertezza. Circa un terzo degli esperti di Credit Suisse ritiene che vi sarà un aumento del valore dell'euro nei confronti del franco (qui si parla di previsioni cambio euro franco svizzero). Un altro terzo propende per esattamente il contrario mentre gli altri puntano sulla stabilità.

venerdì 30 novembre 2018

Economia, quanti temi caldi sul tavolo del G20

L'appuntamento clou per l'economia globale è cominciato a Buenos Aires. Il G20 riunisce i ministri delle finanze e i governatori degli istituti centrali internazionali, che discuteranno di molti temi caldi.

I temi caldi dell'economia

Si parlerà di petrolio, che nelle ultime settimane hanno viaggiato sulle montagne russe, innescando una discesa ripida dopo una feroce salita. La presenza di Arabia Saudita, Russia e Stati Uniti (che controllano insieme un terzo della produzione mondiale) sarà una importante occasione per delineare le sorti del settore, che settimana prossima vivrà un altro appuntamento cruciale a Vienna (riunione produttori di petrolio). Si parlerà molto dell'economia europea, delle conseguenze di Brexit e della tensione sulla manovra italiana. Ma anche della guerra dei dazi e del rallentamento della crescita globale.

Gli incontri bilaterali

Ma non saranno solo le banche centrali ad essere protagoniste. Anzi, l'attenzione del mondo dell'economia è incentrata sugli incontri bilaterali di alcune super-potenze. Quello che non ci sarà più tra i presidenti di Russia e USA, Putin e Trump, cancellato dall’inquilino della Casa Bianca perché Mosca ha rifiutato di rilasciare i marinai ucraini di tre navi intercettate dalle forze armate russe domenica scorsa nel Stretto di Kerch. Ci sarà invece quello tra il numero uno americano e l'omologo cinese Xi Jinping, per discutere della disputa commerciale crescente tra le due maggiori potenze nel mercato mondiale.

Dopo il summit di 2 giorni, i partecipanti firmeranno una dichiarazione con la quale si impegneranno a rispettare i temi trattati e perseguire gli obiettivi prefissati a Buenos Aires.Nella capitale argentina peraltro il clima è caldissimo.Si preannunciano dimostrazioni di massa, con decine di migliaia di persone che hanno annunciato proteste nella capitale argentina contro la globalizzazione e la crisi economica.

mercoledì 28 novembre 2018

Dollaro in ascesa, l'Index ai massimi di due settimane

In attesa delle dichiarazioni del capo della FED Jerome Powell (stasera) e della pubblicazione delle minute dell'ultimo meeting di politica monetaria (domani), il dollaro mette il turbo e vola ai massimi di due settimane contro il paniere delle valute.

La marcia del dollaro

Il Dollar Index (che replica l’andamento del biglietto verde contro un paniere di altre sei principali valute) è infatti cresciuto a 97,35 nel corso della notte, raggiungendo il suo livello massimo dal 13 novembre. Sui migliori siti Forex gratis però il clima resta prudente. Gli investitori del dollaro attendono infatti il discorso del Presidente Jerome Powell e i verbali del vertice di novembre della banca centrale, in uscita domani. Da questo doppio appuntamento i trader sperano di cogliere le intenzioni dell'istituto americano riguardo ai futuri aumenti dei tassi di interesse.

Le mosse della FED

Non ci sono molti dubbi riguardo al fatto che la Fed dovrebbe alzare i tassi per la quarta volta nell'ormai imminente vertice di dicembre. Più in discussione sono gli altri tre aumenti previsti nel corso del 2019. Il tono molto cauto di alcuni policymaker infatti ha alimentato le possibilità che la Federal Reserve possa rallentare il ritmo dei futuri aumenti. Alla base di ciò ci sarebbero sia le prospettive economiche globali che sono in rallentamento, sia le tensioni commerciali. A tal proposito c'è molto interesse per il summit del G20 a Buenos Aires di questa settimana, durante il quale Trump incontrerà il Presidente cinese Xi Jinping per discutere del commercio. La speranza dei trader è che possa in parte ricomporsi la frattura, ma nessuno sembra nutrire troppe speranze in merito.

Suggerimento: chi adotta tecniche di scalping Forex 1 5 minuti dovrebbe muoversi con molta cautela sui mercati valutari.

Tornando al dollaro, la sua quotazione contro l'euro nel pomeriggio è rimasta stabile verso quota 1.13, dopo essere sceso anche a 1.128. Greenback stabile al massimo di due settimane contro lo yen, con la coppia USD/JPY a 113,79. La coppia GBP/USD invece rimane stabile.

lunedì 26 novembre 2018

Mercato del Gas: ormai è guerra fredda tra USA e Russia

Il desiderio di Trump è rendere gli USA il padrone delle energie, in tutte le loro forme. E ci sta riuscendo. Dopo aver alimentato lo sviluppo delle risorse da shale, gli Usa sono diventati i primi produttori al mondo di petrolio superando i sauditi. E anche il mercato del gas adesso è in mano loro, a dispetto della enorme produzione russa. Una guerra fredda moderna ed economica, combattuta a colpi di impianti e gasdotti. Una guerra fredda che sta diventando sempre più aspra.

La battaglia nel mercato del gas

Il mercato del gas si arricchisce costantemente di nuovi impianti. In Louisiana è in funzione il primo autorizzato a esportare, mentre in Texas è stato appena inaugurato un altro terminal. Anche in Maryland si lavora al gas. Diversi altri impianti dovrebbero entrare in funzione il prossimo anno. La capacità produttiva americana destinata alla esportazione arriverà a 65 tonnellate l’anno. Gli USA strizzano l'occhio soprattutto all'Europa, dove la produzione locale è in declino. Finora da queste parti ci si rivolge soprattutto alla Russia, che soddisfa il 30% del nostro fabbisogno.

Il problema per gli USA è che non è affatto facile conquistare il mercato al di là del'Oceano. I costi non sono tali da poter fare veramente concorrenza agli altri produttori, specie nei Paesi (come l’Italia) che dispongono di molte alternative. Servirebbe praticare sconti eccezionali, che però rappresentano una possibilità difficilmente percorribile. Trump punta invece su un'altra arma: scambia la fornitura di gas con le esenzioni da dazi o sanzioni commerciali. Trump ha stretto accordi con la UE. Washington ad esempio minaccia sanzioni che colpirebbero il colosso russo Gazprom, ma anche i suoi soci europei (Wintershall, Uniper, Shell, Omv ed Engie). E proprio a Gazprom sta togliendo quote di mercato in paesi dell’Europa dell’Est (Lituania, Polonia).

L'arrivo dirompente degli americani nel mercato del gas europeo è positivo, perché aumenta la concorrenza e quindi serve a contenere i prezzi. Ma probabilmente non basterà a conquistare l'Europa.

sabato 24 novembre 2018

Petrolio, altro tonfo. Il Brent retrocede ai livelli di un anno fa

Non conosce pause la corsa al ribasso del petrolio, che ha vissuto un venerdì nerissimo. La settimana dell'oro nero si è chiusa con un bilancio pessimo, col Brent che è scivolato sotto 60 dollari al barile, mentre il WTI vede sempre più vicina la soglia dei 50 dollari. Livelli che non si vedevano da un anno.

La corsa in picchiata del petrolio

A furia di tonfi improvvisi, sedute di volatilità molto marcata e cedimenti importanti, viene il sospetto che sul mercato del petrolio ci siano forti riposizionamenti da parte di soggetti finanziari. Forse si tratta delle banche che hanno fatto da controparte alle operazioni di hedging di compagnie petrolifere e governi stranieri, come Messico e Brasile.

L'andamento ribassista sui mercati petroliferi ormai prosegue da un mese. Basta consultare i grafici da una qualsiasi lista siti trading affidabili autorizzati. Il quadro complessivo dei fondamentali è abbastanza deteriorato e giustifica l’inversione di tendenza. A pesare infatti sono i segnali di un eccesso di offerta globale. Magari però non ci si aspettava un declino così forte subito dopo la corsa che aveva portato il prezzo del petrolio ai record da 4 anni a ottobre.

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I fattori della frenata

La spinte contrarie sono diverse. La crescita dell’economia mondiale non è pià quella di qualche tempo fa perché sono molto peggiorate. Inoltre non c'è più alcun timore che le sanzioni Usa contro l’Iran possano frenare l'ammontare di output sui mercati. Infatti il governo USA ha concesso diversi esoneri a vari paesi importatori. Dal lato dell'offerta invece c'è stata una crescita importante, specialmente negli Usa, in Russia e in Arabia Saudita. I sauditi hanno annunciato che la loro produzione potrebbe aver segnato un record, mentre le scorte americane continuano ad accumularsi. Complessivamente la produzione dei principali paesi ha raggiunto livelli che non si vedevano da decenni.

Cosa può succedere adesso? Il prossimo vertice del 6 dicembre rischia di non essere facile per l'OPEC. Ma è chiaro che sul mercato del petrolio sta tornando la tensione.

martedì 20 novembre 2018

Consumi, è scattata la settimana isterica del Black Friday

Per i consumi è probabilmente la settimana più importante dell'anno dopo quella che conduce al Natale. Pur volendosi sottrarre, sarà difficile non imbattersi in una delle pressanti offerte del famigerato Black Friday. Un appuntamento cardine negli USA, che con una serie di sconti shock dà ufficialmente il via allo shopping natalizio.

Black Friday e consumi

Questa tradizione tutta americana ormai da anni si sta consolidando anche in Italia. Perché i dati dimostrano che funziona, perché i consumi si impennano. E' praticamente impossibile non accorgersi della frenesia da Black Friday. Le offerte e i super-sconti (o presunti tali) ci arrivano da ovunque: dando un'occhiata rapida ai negozi, tramite le notifiche push dei siti di ecommerce, tramite email. Ed è una moda che si è diffusa in modo trasversale a tutti i settori merceologici. Tutti a proporci un sconti e promozioni dedicate.

Ma le offerte sono sempre così imperdibili? Non sempre. L’obiettivo di chi vende è semplice: piazzare migliaia di prodotti, meglio ancora se sono scorte datate di magazzino, così da ridurre i volumi e rientrare delle spese. In mezzo ad essi ci sono molte cose davvero a prezzi vantaggiosi, ma il resto non è poi così un affare.

Le pratiche scorrette

A volte dietro c'è una furbata. Semplicemente si tratta di specchietti per le allodole per alimentare i consumi. A volte però c'è anche di peggio. In alcuni negozi fisici c'è la pratica fraudolenta di alzare il prezzo nelle settimane precedenti al Black friday, per poi riportarlo al valore normale spacciando il tutto come sconto. C'è anche chi in modo più sfacciato indica il prezzo originario falso, gonfiatissimo. In pratica lo sconto non c'è, ma viene reclamizzato. Nei negozia online invece la fregatura può nascondersi nelle spese di spedizione. Inoltre spesso l'offerta che può sembrare allettante, viene applicata al prezzo di listino.

Se siete attratti dai consumi a prezzi scontati, occhio a non commettere passi falsi durante le ricerche online allo sconto migliore. Link truffaldini ricevuti via email, messaggi di chat che non sono altro che catene di Sant’Antonio sono pericoli sempre dietro l'angolo. Tre semplici regole pratiche sono: non cliccare, non inserire, installare. Basta davvero poco infatti per violare un account o sgraffignare i dati di una carta di credito con una truffa. E allora sì che il vostro venerdì diventerebbe black.

domenica 18 novembre 2018

Brexit, la Ue dà il via libera all’accordo con il Regno Unito

Sul fronte caldissimo della Brexit arriva una buona notizia per il Regno Unito. I 27 della Ue hanno infatti dato il loro assenso al testo dell’accordo, che quindi aspetta solo di ricevere l’ok formale domani dai ministri al Consiglio affari generali. A rivelare questo passo avanti sono state le fonti diplomatiche europee, dopo la riunione degli ambasciatori dei 27 Paesi membri.

La UE approva l'accordo su Brexit

Il testo finale dell'intesa si articolerà in 20 pagine e verrà reso pubblico martedì. L'unico punto che è rimasto ancora aperto riguarda l'eventuale estensione del periodo di transizione. Nell'intesa viene infatti ancora indicato con "20XX". Va precisato inoltre che gli ambasciatori dei 27 paesi membri non hanno lavorato su scenari alternativi dipendenti da eventuali sviluppi politici in Gran Bretagna, essenzialmente per due ragioni. La prima è che Bruxelles non vuole creare ulteriore insicurezza, la seconda è che non vuole influenzare la situazione a Londra.

Questa settimana infatti è stata caldissima per la politica britannica. Dopo aver ottenuto il via libera dal suo Governo, la May ha fatto i conti con una serie di dimissioni anche di un certo peso (prima tra tutte, quella del ministro per la Brexit, Raab). La sterlina è precipitata sui mercati valutari, facendo scattare moltissimi Stop Loss per i trader (qui viene spiegato lo Stop Operativo trading).

Consiglio: se vi interessa fare investimenti sulle valute, la prima cosa da fare è studiare quali sono i migliori broker CFD cosa sono e come funzionano.

La premier Theresa May ha difeso la propria posizione e ha annunciato che porterà il Regno Unito fuori dall'Unione Europea il prossimo marzo, come pianificato. Il grosso problema è che il testo dell'accordo dovrà passare per il Parlamento UK. Nel frattempo però il partito Conservatore britannico è sempre più diviso e martedì prossimo dovrebbe valutare il voto di sfiducia nei confronti della stessa May, un voto promosso dai "brexiteers" insoddisfatti dell'accordo.

venerdì 16 novembre 2018

Mercato digitale italiano, la crescita continua: più lavoro, più fatturato, più opportunità

C'è un settore in Italia che marcia a gonfie vele, che crea sempre più occupazione e ha un giro di affari in costante espansione. Si tratta del mercato digitale, che per il terzo anno consecutivo ha continuato a crescere, trainato soprattutto dall'e-commerce e dalla pubblicità.

I numeri del mercato digitale italiano

Una ricerca congiunta di EY e IAB (dal titolo "Le infinite possibilità del digitale in Italia") ha fotografato i numeri di questo trend di successo. Il mercato digitale ammonta a 65 miliardi di euro, con un incremento a valore, considerando solo la spesa in attività del tutto digitali anno su anno, cresciuto dell'11,6% rispetto all'anno scorso e del 22% rispetto al 2016. Nel settore il numero degli occupati è schizzato a 285mila professionisti, ovvero 32mila in più rispetto all'anno precedente.

A trainare il mercato digitale italiano sono pubblicità online e e-commerce. I loro incrementi infatti sono stati pari al 13% e al 15% rispetto al 2017, anche se i pesi sul valore complessivo si attestano nell'ordine del 4% (per circa 2,6 miliardi di euro) e del 44% (oltre 28 miliardi). Buone performance anche per le soluzioni di digital marketing e servizi professionali (+7%, per 5,2 e miliardi di fatturato rispettivamente) e gli investimenti in tecnologia (+8%, circa 13 miliardi). Va peraltro aggiunto che l'andamento positivo del mercato digitale italiano abbia effetti benefici anche in altri settori, dal momento che spinge al rinnovamento e alla trasformazione altri settori adiacenti, stimolando la produttività in aziende non necessariamente votate all'innovazione. Ad esempio ai canali di distribuzione fisici generati grazie alla comunicazione digitale.

Le prospettive

Dal punto di vista delle prospettive, la situazione rimane rosea. Attualmente non v'è dubbio che l'Italia ha ancora un gap importante rispetto al resto dell'Europa. Colmarlo non farebbe altro che generare ulteriori opportunità. Inoltre la trasformazione digitale sui processi e sui modelli di business aziendali porta alla richiesta di nuove figure professionali per l'integrazione di professionisti con competenze più digitali (a tal proposito, il 27% delle aziende ha avviato programmi di reskilling delle risorse per formare persone in grado di massimizzare il ritorno degli investimenti legati alla digitalizzazione).

mercoledì 14 novembre 2018

Commodities, periodo complesso per nichel e acciaio

Se sul mercato delle valute il dollaro sta recitando la parte del leone e catalizzando l'interesse generale, sul mercato delle commodities ci sono diversi spunti interessanti che meritano grande attenzione da parte degli investitori. Le cose peraltro si intrecciano.

L'andamento di alcune commodities

Cominciamo dall'andamento del nichel, che sta sprofondando ed ha toccato il livello più basso degli ultimi 11 mesi. Dopo aver valutato quale broker scegliere, vediamo i dati delle commodities. Il prezzo del nichel è sceso fino a 11.360 dollari a tonnellata, sia al London Metal Exchange (LME) che alla borsa metalli di Shanghai (SHME) le cose non stanno andando affatto bene. Probabilmente questo calo è dovuto alle preoccupazioni riguardo alla debolezza della domanda cinese di acciaio. Ma un certo peso ce l'ha pure l'ormai logorante guerra dei dazi tra gli Stati Uniti e la Cina.

Non se la passa meglio il mercato dell'acciaio, una delle commodities più "apprezzata" dai trader. La domanda complessiva sta infatti rallentando (complice anche la stagione invernale che accentua questo aspetto) mentre la produzione è troppo alta. Si genera quindi un eccesso di offerta che spinge i prezzi verso il basso.

Consiglio: prima di fare investimenti online, studiate bene le piattaforme che utilizzate. Qui ad esempio è spiegato la plus500 webtrader come funziona.

Petrolio, dollaro e commodities

Anche il petrolio sta vivendo una fase di acuta debolezza. Tra il picco di ottobre e l'inizio di novembre l'oro nero ha perso circa il 20% del proprio valore. Una discesa così ripida da indurre l'OPEC e i paesi produttori a valutare un nuovo piano di tagli produttivi dalla fine dell'anno (circa un milione di barili al giorno).

Come detto all'inizio, tutti questi discorsi si intrecciano con la rinnovata forza del dollaro. Un dollaro più alto si traduce in prezzi più bassi delle materie prime. L'andamento del biglietto verde, i prezzi del petrolio e l’economia cinese sono i tre fattori critici che dominano il mercato delle commodities, e che potrebbero creare ancora molti problemi.

lunedì 12 novembre 2018

Banche italiane costrette a scendere in campo per salvare Carige (e loro stesse)

Ancora una volta le banche italiane fanno discutere per una situazione di crisi profonda. Ci stiamo riferendo a Banca Carige, che è ormai sull'orlo del baratro. La banca ligure si è trovata nella pancia un buco da 257 milioni, e da qualche mese la Bce va sollecitando un rafforzamento patrimoniale con nuovi accantonamenti (eseguiti solo per il 5% dal vecchio cda). Nel frattempo emerge con prepotenza una sempre maggiore carenza di liquidità.

L'intervento delle banche

La situazione ormai è così complessa che davvero è corsa contro il tempo per salvare l'istituto genovese. Nell'ultimo mese e mezzo il titolo è crollato ritoccando ripetutamente il minimo storico, mentre occorrono in tempi brevi circa 400 milioni. Dal momento che non riescono a metterli i soci, Bankitalia ha chiesto l'intervento alle altre banche attraverso lo Schema Volontario, il braccio del Fondo Interbancario partecipato da tutti gli istituti. Alle 12 si riunisce a Roma il Consiglio del Volontario, mentre in parallelo ci sarà pure un CdA della banca ligure.

La banca deve approvare la trimestrale ma anche dare il via all’emissione di un bond subordinato (ben superiore ai 200 milioni, quota che si era già provato a collocare senza successo) per rafforzare il total capital ratio, ma anche dare un segnale al mercato sulla solidità della banca. Entro fine mese l'istituto deve presentare a Francoforte il piano di conservazione del capitale.

Corsa contro il tempo

Riguardo allo Schema Volontario, si attende la richiesta formale di Carige per avviare l’intervento, tutto interno al sistema bancario. il clima è di moderato ottimismo, anche se non tutte le banche sarebbero allineate su un intervento che permetterebbe sì di tamponare la crisi dell’istituto genovese, ma a spese di tutto il sistema. Lo statuto del Fondo prevede che per il via libera all'intervento servono tanti voti favorevoli che rappresentino il 90% dei depositi protetti dal Fitd e il 50% del numero delle banche consorziate al Fitd.

In tutto questo vanno rimarcate le forti preoccupazioni del ministero dell’Economia. Il dicastero teme che possa scatenarsi un’onda di allarme amplificata dallo spread particolarmente alto e dalla bocciatura della manovra da parte dell’Ue. il rischio contagio quindi sarebbe alto.

venerdì 9 novembre 2018

Dollaro in grande ascesa dopo il meeting della FED

Il dollaro ha ripreso a correre, ed è salito verso il massimo da 16 mesi dopo che la Federal Reserve ha mantenuto i tassi di interesse stabili ribadendo peraltro la propria politica monetaria restrittiva.

La riunione del FOMC non ha sorpreso gli analisti. L'organo di politica monetaria della Federal reserve ha lasciato con voto unanime il costo del denaro in una forchetta fra il 2,00% e il 2,25%. Tuttavia ha confermato che a dicembre - salvo clamorosi colpi di scena - ci sarà il quarto ritocco del 2018. Nel corso del prossimo anno invece sono previste altri 3 manovre restrittive.

La reazione del dollaro

L'andamento del dollaro questa settimana ha risentito di due eventi (basta osservare un grafico di una qualunque Consob lista broker autorizzati). Il biglietto verde è crollato bruscamente dopo le elezioni di medio termine degli Stati Uniti di martedì, sulle aspettative che l'esito del voto avrebbe reso improbabili ulteriori misure di stimolo fiscale. Tuttavia, dopo il meeting del FOMC il dollaro è rimbalzato e venerdì è tornato a sovraperformare la maggior parte delle principali valute, sostenuto dalla robusta economia americana e dai crescenti tassi di interesse. Il biglietto verde ha spinto di nuovo il cross EurUsd verso quota 1.133. Il cross UsdJpy invece ha oltrepassato il livello di 114.00 toccando il massimo da un mese, per poi ridiscendere lievemente.

Consiglio: non focalizzatevi solo sulle forme di trading tradizionale, ma valutate anche altre ipotesi meno classiche. Qui ad esempio c'è la guida come funziona etoro copy trader.

La Banca centrale USA ha parlato di una forte crescita economica e di pressione salariale in aumento, con probabili stimoli anche all'inflazione. Nel complesso l'istituto centrale continua a riconoscere la solidità dell'economia e di conseguenza la necessità di andare avanti con gli aumenti graduali dei tassi.

mercoledì 7 novembre 2018

Disoccupazione, ecco i paesi con il più alto tasso al mondo

Uno dei temi caldi che i Governi devono affrontare è quello della disoccupazione. Un alto tasso di esclusi dal mondo lavorativo infatti ha sempre provocato danni alla crescita (perché si perde reddito pro capite e introiti fiscali dello Stato, costretto a pagare indennità e sussidi) e minato la coesione sociale.

Il tasso di disoccupazione

Anche se pare cosa facile misurare il tasso all'interno di un paese, in realtà non esiste modo di farlo con esattezza assoluta. Non perché non esista una formula, anzi dal punto di vista matematico tutto è molto semplice (basta dividere il numero di individui disoccupati per il numero della forza lavoro). E' complicato semmai arrivare a stimare il numero di occupati, a causa del lavoro in nero, dei lavoretti part-time, di quelli saltuari e così via. Al tempo stesso, considerare occupati solo coloro che hanno un impiego contrattualmente sancito (e che pagano le tasse) taglia fuori una fetta di popolazione che un lavoro ce l'ha, seppure non regolare.

Il discorso si complica ulteriormente se poi si vogliono confrontare i tassi di disoccupazione di paesi diversi, visto che la misurazione non è solo incerta ma pure disomogenea. Tuttavia, malgrado queste distorsioni il tasso di disoccupazione resta un indicatore cruciale dello stato di salute dell'economia.

La classifica

Il World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale (FMI), ha aggiornato ad ottobre 2018 la classifica dei paesi con il tasso di disoccupati più alto.. Di seguito viene riportata la classifica dei paesi con il maggior tasso di disoccupazione del mondo. In cima c'è il Sud Africa, dove nel 2017 è stato raggiunto il 27,45%. Seguono la Macedonia (22,76%), la Grecia (21,45%), la Bosnia Erzegovina (20,50%), l'Armenia (18,91%), la Giordania (18,30%), la Spagna (17,23%). L'Italia è al dodicesimo posto con 11,26%. Il paese che se la passa meglio è la Thailandia, appena lo 0,70% di disoccupati. In Europa brilla l'Islanda: 2,79%.

lunedì 5 novembre 2018

Lira turca, il peggio è passato. Ma l'inflazione sale di nuovo

Dopo essere stata sull'orlo del baratro, la Lira turca sta adesso mostrando forti segnali di ripresa, tanto contro il dollaro che contro l'euro.

L'altalena della Lira turca

Anche se non si può dire che il clima sia diventato assolutamente positivo, resta il fatto che per la prima volta dall'inizio di agosto il cambio Dollaro-Lira è sceso sotto 5,5 (ad agosto era arrivato a un massimo di 7,24, -40%). Discorso analogo anche contro l'euro, che aveva toccato la valutazione record di 8,13 lire ad agosto, mentre adesso è sceso verso i 6,20 dopo aver attraversato in discesa alcune Fan del ventaglio di gann trading. Se qualche mese fa il paese era sull'orlo della bancarotta, il vento è cambiato.

Certo, non si può ancora dire che sia merito dei pacchetti di misure per l'economia preparati dal governo. Di sicuro ha avuto un grosso peso il miglioramento dei rapporti tra Ankara e la Washington, dopo il rilascio (lo scorso 12 ottobre) del pastore evangelico americano Andrew Brunson. Questa vicenda spinse Trump ad adottare sanzioni economiche contro la Turchia. Inoltre a sortire un effetto positivo sui mercati sono state le indiscrezioni secondo cui Trump intende trovare un accordo sui dazi con la Cina durante il G20 di Buenos Aires. Ricordiamo infatti che a spingere verso il basso la Lira è stata anche la guerra commerciale, ovvero i dazi sulle importazioni su acciaio e alluminio.

Consiglio: chi vuole fare investimenti sulle valute, dovrebbe prima esaminare bene la classifica piattaforme di trading online migliori.

Inflazione e lira turca

Oggi però non sono giunte notizie positivi sul fronte macro, e quindi neppure per la Lira turca. Dopo 4 mesi di rallentamento, l'inflazione è tornata a salire. Secondo il Turkiye statistik Kurumu a ottobre l'indice dei prezzi al consumo ha segnato in Turchia un balzo del 25,24% annuo, il valore più alto degli ultimi 15 anni e più di quanto si attendevano gli analisti (24,50%). Su base mensile l'inflazione ha invece segnato un progresso del 2,67% contro il 6,30% di settembre (6,60% in agosto).

giovedì 1 novembre 2018

Acquisto per Alitalia, due proposte vincolanti e una manifestazione di interesse

Si sta avvicinando il momento della verità per Alitalia. I Commissari Straordinari dell'ex compagnia di bandiera hanno infatti ricevuto tre proposte sul tavolo. Due sono offerte di acquisto vincolanti, l'altra invece è una manifestazione di interesse non vincolante. I commissari non hanno dato dettagli sulle offerte, limitandosi a dire che esamineranno attentamente le proposte nei prossimi giorni. Valuteranno la documentazione ricevuta, e dopo questa prima analisi si potrà procedere alla trasmissione delle stesse al Ministero dello Sviluppo Economico.

Alitalia tra crisi e ipotesi di acquisto

Ricordiamo che Alitalia è stata posta in amministrazione speciale lo scorso anno, dopo il rigetto dell'ultimo piano di salvataggio da parte dei lavoratori. L'azienda e i sindacati hanno raggiunto un accordo sulla proroga della cassa integrazione straordinaria, che inizialmente avrebbe dovuto coinvolgere 1.570 lavoratori, ma poi è stata ridotta di 210 unità a 1.360. La nuova cassa è prorogata fino al 23 marzo 2019.

Il Governo sta cercando di trovare una soluzione definitiva, ovvero un compratore che riesca ad effettuare il terzo salvataggio in 10 anni della compagnia. La procedura di vendita, che si sarebbe dovuta concludere ad aprile, è stata prolungata a causa delle difficoltà per arrivare alla formazione del Governo Conte. Alitalia è costata ai contribuenti italiani quasi 10 miliardi di euro negli ultimi 20 anni, più della capitalizzazione di mercato di Air France-KLM, Turkish Airlines, Norwegian Air, Finnair e SAS messe assieme, secondo TRA Consulting.

Le tre proposte

Ma chi sono i tre soggetti che si sono fatti avanti? Uno è Fs. Ferrovie dello Stato aveva annunciato martedì la volontà di presentare un’offerta. Cosa che ha fatto per l'acquisto dei rami d'azienda delle società Alitalia-Sai e Alitalia Cityliner. In essa viene annunciato un piano industriale nel corso di una 'confirmatory due diligence'. Inoltre Fs si riserva di costituire una società anche con la compartecipazione di un primario vettore aereo. La seconda proposta è arrivata dalla compagnia Delta Air Lines, che è già partner di Alitalia in una joint venture transatlantica che include anche Air France KLM. Infine la compagnia low-cost EasyJet ha fatto pervenire una manifestazione d’interesse rivista per un’Alitalia ristrutturata.

martedì 30 ottobre 2018

Valute, il dollaro riprende quota contro lo Yen giapponese

Lo Yen giapponese sta perdendo terreno nei confronti del dollaro per la seconda sessione consecutiva questa settimana, e adesso la coppia di valute Usd-Jpy potrebbe tornare a puntare verso quota 113.

Le dinamiche delle due valute

Nel corso della notte sono stati resi noti alcuni dati macro nipponici, che però non hanno inciso sull'andamento della coppia di valute. S'è registrato ancora un calo per la disoccupazione, il cui tasso a settembre è sceso al 2,3%, rispetto al 2,4% registrato nel mese precedente. Il dato appare migliore delle attese che indicavano un livello stabile. Calano di 280mila unità i disoccupati, che rispetto allo scorso anno sono il 14,7% in meno. Gli occupati invece sono saliti dell'1,8% rispetto all'anno precedente. Sono inoltre stati resi noti i dati sulle vendite al dettaglio, scese dello 0,2% (come da attese) rispetto al precedente +0,9% di agosto. Su base annua il rialzo è del 2,1%, in linea con le stime, dopo il +2,7% precedente.

Le vicende dello Yen sono molto legate a quello che accade sul fronte della guerra commerciale. Queste sì che incidono sull'andamento di questa coppia di valute. I mercati hanno visto una svolta importante nel discorso di Donald Trump a Fox News, dove il presidente ha parlato di un "grande affare" con la Cina per il commercio. La notizia fa ritenere una possibile schiarita all'orizzonte, e questo ha intaccato lo status di rifugio sicuro dello Yen giapponese continuando a sostenere lo slancio positivo della coppia USD-JPY.

Consiglio: studiate bene le configurazioni di candele prima di fare investimenti online. Uno di questi è il piercing line pattern forex.

Situazione tecnica della coppia Usd-Jpy

Dopo la resilienza di venerdì sotto la SMA a 100 giorni, la coppia di valute ha messo in scena una solida ripresa all'inizio di una nuova settimana. Come si può vedere sui siti trading forex gratis, la coppia si aggira attorno al valore di 112,65 che è considerato una "resistenza chiave". Una rottura di questo livello indicherebbe che l'attuale pressione al ribasso è diminuita e che la marcia del dollaro potrebbe andare avanti. Sarà ora interessante vedere se i tori sono in grado di mantenere la loro posizione dominante nella coppia.

venerdì 26 ottobre 2018

Lavoro: accordo Whirlpool-Governo per azzerare gli esuberi

E' stato raggiunto l'accordo tra il Ministero dello Sviluppo economico e la Whirlpool per salvare il lavoro della nota azienda di elettrodomestici in Italia. Anzi, anziché il temuto crollo occupazionale (circa 800 lavoratori) non solo non ci sarà, ma addirittura la multinazionale americana ha varato un piano industriale che prevede investimenti per 250 milioni in tre anni.

Il piano per salvare il lavoro

lavoro whirlpoolUna buona notizia senza dubbio, specie se si pensa al clima di pessimismo che c'era fino a pochi giorni fa. Del resto il calo dei volumi produttivi in Europa è sotto gli occhi di tutti, così come la complicata integrazione industriale dopo l'acquisto di Indesit, acquistata quattro anni fa ma con risultati non all’altezza delle aspettative. Ecco perché l'annuncio dell'accordo ha sorpreso finanche qualche addetto ai lavori.

Il piano di Whirlpool prevede incentivi alla mobilità su base volontaria o per accompagnamento alla pensione ed il ricorso alla cassa integrazione straordinaria che il ministero del Lavoro concederà per il 2019 ed il 2020. In questo modo sarà possibile ottenere un aumento dei volumi produttivi e l'azzeramento degli esuberi entro il 2021. Il lavoro è salvo quindi.

Investimenti e rilancio

Inoltre verrà trasferito dalla Polonia il ramo di produzione delle lavatrici e lavasciuga da incasso. Il nuovo fulcro sarà a Comunanza (Ascoli Piceno). L'azienda conferma inoltre gli impegni presi per il completamento del progetto di reindustrializzazione del sito di Teverola (CE) e «rilancia rilevanti investimenti a favore della specializzazione degli altri stabilimenti italiani»: Cassinetta di Biandronno (VA), Melano (AN), Siena, Napoli e Carinaro (CE).

L'Italia quindi torna ad essere centrale nella strategia industriale del colosso americano, proprio adesso che i cinesi di Qindao Haier stanno per entrare sul mercato avendo appena acquisito l’italiana Candy. Inutile dire che l'intesa raggiunta al ministero dello Sviluppo alla presenza ha reso felice il titolare del dicastero Luigi Di Maio, che plaude come una vittoria.

mercoledì 24 ottobre 2018

Yuan sempre più debole. Ma per ora gli USa non possono parlare di manipolazione

Dopo una costante e inesorabile discesa, la soglia psicologica di 7 yuan per dollaro è stata infranta. L'ultima spallata alla valuta cinese l'ha data il report sul prodotto interno lordo, che nel terzo trimestre è cresciuto meno delle aspettative, a livelli (6,5%) che non si vedevano dai tempi bui della recessione del 2008-2009.

La debolezza dello Yuan

Se già di per sé la rottura di una soglia psicologica chiave è un fattore che indebolisce lo Yuan, va pure aggiunto che al momento il biglietto verde sembra sostenuto da un’economia che, secondo l’Fmi, viaggia sopra il proprio potenziale. Nonostante le critiche di Trump (che l'accusa di essere "impazzita"), la Federal Reserve sarà quindi costretta a rendere meno graduale il rialzo dei tassi di interesse. A dicembre ci sarà il quarto rialzo del costo del denaro nel 2018.

Si diceva dell'andamento del rapporto di cambio tra dollaro e yuan. Dall’inizio dell’anno la valuta cinese ha perso circa il 7% (si vedano le formazioni di Top bottom RSI failure swing trading). Questo indebolimento bilancia una parte del caro tariffe voluto dalla Casa Bianca contro il Made in China, aumentando il rischio che accanto alla guerra commerciale possa innescarsi anche quella delle valute. Presto potrebbe riaccendersi un'altra miccia, ovvero le accuse da parte degli USA di “bollare” la Cina come manipolatrice dei cambi, in modo da favorire il suo export.

Consiglio: se volete fare investimenti sulle valute, scegliete bene qual è il miglior broker forex gratis per farlo.

Finora il Tesoro Usa non ha intravisto alcuna prova di manipolazione della moneta. Ma è chiaro che se le polemiche sui cambi dovessero riproporsi, allora lo scenario che avvolge le due superpotenze economiche, che si sono già scambiate raffiche di dazi su centinaia di miliardi di dollari di interscambio, non sarebbe destinato a migliorare.

lunedì 22 ottobre 2018

Moneta Unica, l'addio dell'Italia aprirebbe uno scenario cupo

Le forti tensioni tra Roma e Bruxelles hanno fatto riemergere con vigore il rischio di una Italexit, ovvero dell'uscita del nostro paese dalla moneta unica. Ipotesi peraltro resa un po' più concreta dall’ultimo declassamento di Moody’s, che ha abbassato il rating italiano a Baa3 (lo stesso livello di Ungheria e Romania e l’ultimo gradino prima del livello spazzatura).

L'addio alla moneta unica

Anche se l'uscita dalla moneta unica rimane molto improbabile, sta comunque spingendo molti risparmiatori italiani a spostare i loro capitali all’estero. Il motivo? Se dovesse mai esserci, sarebbero proprio i cittadini a pagare il conto più salato. Anche gli investitori stranieri stanno abbandonando l’Italia. Secondo il Financial Times, soltanto durante il mese di agosto c'è stata una fuga di capitali dall'Italia per 18 miliardi di euro.

Se l’Italia dovesse un giorno giungere davvero all'addio della moneta unica, si tornerebbe alla lira. Bankitalia riprenderebbe sovranità monetaria e presumibilmente il Tesoro potrebbe tornare a stampare moneta, inflazionando il debito e svalutando la moneta allo scopo di ridurre il proprio debito in lire. Tuttavia, questo meccanismo finirà per renderci tutti più poveri, e anche se una bella fetta del debito si ridurrà perché convertibile in Lira, l'altra fetta sarà in moneta forte (euro). In più la Banca d’Italia dovrà rimborsare in tempi rapidi i consistenti debiti contratti in questi anni con la Bce, che non concederà certo sconti e dilazioni. Al quadro dovrà aggiungersi anche il probabile assalto della gente alle banche per ritirare i propri risparmi, un po’ come successo in Grecia nel 2015. Il settore bancario sarebbe sottoposto a fortissime pressioni.

Più incerti, ma comunque negativo, l'effetto sull'inflazione. Tornare alla Lira probabilmente la renderà instabile e imprevedibile, e questa incertezza finirebbe per penalizzare gli investimenti e in definitiva la produzione di reddito a livello nazionale. Il Paese, in sintesi, rallenterebbe la sua crescita.

Non sarà come la Brexit

A chi fa paragoni con quanto accade nel Regno Unito, bisogna ricordare che gli inglesi non hanno mai fatto parte dell’unione monetaria. Hanno sempre conservato la loro valuta e la loro autonomia in tema di politica monetaria. E la cosa cambia drasticamente lo scenario. Per non parlare del fatto che la rottura con la UE potrebbe creare un terremoto politico e sociale, con il rischio di spianare la strada a governi autoritari che promettono di fermare l’instabilità.

venerdì 19 ottobre 2018

Inflazione da record in Argentina. Consumi ridotti, la gente ricorre al baratto

La crisi dell'Argentina continua a indebolire ed affamare il popolo. Per la quinta volta negli ultimi 50 anni, il paese Sudamericano sta vivendo una crisi valutaria grave, che ha costretto il Fondo Monetario Internazionale a intervenire con un maxi-prestito da 57 miliardi di dollari. Nel frattempo, l'inflazione ha raggiunto il 6,5% a settembre, il nuovo record per il 2018 e uno dei tassi più alti dalla crisi finanziaria del 2001-2002.

L'inflazione in Argentina

Nel corso di questi 9 mesi dell'anno, il complessivo tasso di inflazione è stato del 32,4%. Da settembre a settembre invece il livello ha già raggiunto il 40,5%. Una buona fetta di questo incremento deriva dal profondo indebolimento della valuta argentina - il peso - rispetto al dollaro USA. Chi adotta strategie Parabolic Sar forex ha visto costantemente la linea del cambio Usd-Ars muoversi sopra lil Sar. Nell'ultimo anno il cambio si è apprezzato del 111%, passando da 17,00 a 36,60.

Tornando all'inflazione, è chiaro come tutto ciò si sia ripercosso sull'andamento dei consumi da parte della popolazione. Molte persone non hanno abbastanza soldi e devono ridurre le spese; il loro reddito non segue l’inflazione e quindi gli argentini guadagnano di meno e spendono di più. La riduzione dei consumi si avverte soprattutto su alcuni prodotti: la carne del 54%, quelli lattiero-caseari del 34%, quelli di frutta e verdura del 63%, mentre i carburanti sono scesi del 39%. Calano anche i medicinali, -29%. Nel frattempo il prezzo della farina è più che raddoppiato (+115%).

Suggerimento: se vi interessa fare trading su valute straniere, prima informatevi sul trading online recensioni dei broker e opinioni.

Il ricorso al baratto

Molti hanno deciso di trovare una soluzione parziale al problema ricorrendo al baratto, oppure sfruttando gruppi di acquisto e la caccia all'affare. I mercati del baratto in Argentina sono nati durante la crisi economica del 2001 e da allora non sono più scomparsi. La gente scambia ciò che non usa e anche quello che usa in cambio di olio, mate, zucchero o altro. Finora il governo conservatore del presidente Mauricio Macri ha insistito sull'impegno a ridurre l'inflazione, ma le politiche finora non sono state molto efficaci.

mercoledì 17 ottobre 2018

Manovra economica all'esame di Bruxelles. Conte: "Siamo orgogliosi del lavoro svolto"

Siamo entrati nella fase calda per la manovra economica italiana. Dopo l'intesa raggiunta al Consiglio dei ministri lunedì sera su alcuni temi chiave (decreto fiscale, condono, reddito di cittadinanza e "quota 100"), l'Italia ha inviato a Bruxelles il Documento programmatico di bilancio.

L'invio a Bruxelles della manovra economica

Si tratta di un volume di 46 pagine che spiega i provvedimenti in arrivo con la Manovra economica. La legge di Bilancio vera e propria dovrà arrivare alle Camere entro il 20 di ottobre. Il governo ribadisce l'impostazione della Manovra anche dopo la mancata validazione dei conti da parte dell'Ufficio parlamentare di Bilancio.

Nel documento viene riconosciuto che i dati macroeconomici portano a un rallentamento dell'attività. Tuttavia, incorporando nei conti pubblici il deficit/Pil più alto (2,4%) si riesce a giungere ad una crescita ben superiore alle attese (Il Pil è previsto infatti crescere dell'1,5 per cento nel 2019, dell'1,6 per cento nel 2020 e dell'1,4 nel 2021). In sostanza, grazie ad una manovra economica che sfora qualche paletto europeo, la crescita sarà molto più alta di quella che registreremmo andando avanti d'inerzia rispettando i parametri UE. "Andiamo a Bruxelles con una manovra economica di cui siamo orgogliosi e su cui vogliamo dialogare senza pregiudizi. L'austerity non è più percorribile", ha detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Le prime reazioni


La reazione europea finora è rimasta fredda. Il presidente della commissione Ue Jean Claude Juncker ha evidenziato che se l'Europa dovesse chiudere un occchio per l'Italia, "alcuni Paesi ci coprirebbero di ingiurie e invettive con l'accusa di essere troppo flessibili". Poi, pur rimarcando di non avere pregiudizi sulla manovra economica italiana, s'è detto "molto preoccupato". Lo stesso Juncker ha poi avuto un colloquio telefonico con il premier Conte, che gli ha precisato che il deficit è destinato a rientrare già nel biennio successivo, e anche per questo non impedirà il contenimento del nostro indebitamento complessivo.

lunedì 15 ottobre 2018

Sterlina in calo dopo il ritorno dei dubbi su Brexit

Ancora nulla di fatto sul fronte Brexit, e la sterlina ne risente. Il round negoziale che Bruxelles e Londra hanno tenuto nel fine settimana non ha prodotto l'attesa fumata bianca che molti ottimisticamente immaginavano. L'accordo all'ultima curva nel tortuoso percorso della Brexit ancora non c'è. Manca il passaggio cruciale riguardo al tema più delicato, ovvero la questione della frontiera irlandese. Sarà esaminato al prossimo vertice europeo di mercoledì sera a Bruxelles.

La Brexit e la sterlina

Gli scenari rimangono quindi tutti aperti, come ha fatto capire il capo-negoziatore comunitario Michel Barnier. "Nonostante intensi sforzi - ha detto - alcuni nodi sono ancora da sciogliere. Sarà mio compito informare delle trattative gli altri 27 paesi membri e il Parlamento europeo". Inevitabilmente questo stallo ha avuto ripercussioni sui mercati. La sterlina sta perdendo terreno contro euro e dollaro, e chi adotta tecniche trading forex intraday punta sul ribasso della valuta britannica o al massimo se ne tiene alla larga.

I problema sulla frontiera irlandese riguardano la voglia di evitare il ritorno di un confine tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda. Tuttavia, la UE propone un allineamento regolamentare nelle due regioni per facilitare il transito di merci, mentre Londra rifiuta perché vuole evitare che ci siano differenze troppo nette tra le diverse regioni che compongono la Gran Bretagna. Intanto il tempo passa, e bisogna trovare un accordo entro novembre al più tardi, perché se è vero che la Brexit andrà compiuta entro il 29 marzo 2019, è altrettanto vero che servono tempi tecnici per le ratifiche.

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Domani intanto la premier Theresa May incontrerà i suoi principali ministri, e la sua posizione sembra sempre più traballante. intanto la stampa britannica avverte che un fallimento delle trattative si sta avvicinando e bisogna fare attenzione. Appena un paio di giorni fa scriveva però che un accordo era vicino. Questo fa capire quanto il vento possa cambiare da un momento all'altro.