giovedì 30 aprile 2020

Economia USA, il PIL crolla peggio del previsto. Recessione tecnica sicura

Nel giro di poche settimane il mondo economico a stelle e strisce s'è rovesciato. Sono infatti bastate un paio di settimane di lockdown per spingere l'economia USA verso un crollo del suo prodotto interno lordo senza precedenti. Le stime dicono -4,8% per il primo trimestre. Molto meno del -3,5% ipotizzato dale prime stime.

Il tracollo dell'economia USA

Il coronavirus ha segnato così la fine del lunghissimo periodo di crescita senza freni, che ha fatto seguito all'altra crisi, quella del 2008-09. All'epoca la discesa in picchiata del PIL su peggiore (gennaio-marzo 2008 a -8,4%), ma oggi come oggi tutti sanno che il peggio deve ancora arrivare. Le stime, benché pessime, saranno aggiornate al ribasso. Secondo Goldman Sachs si potrebbe arrivare sul -8,25%. Un dato molto simile a quello durante la crisi dei mutui subprime.

I dati non danno scampo: l'economia USA ha un "appuntamento" con la recessione tecnica. Arriverà di sicuro nel secondo trimestre. Le previsioni infatti parlano di un crollo dell'economia del 30%, come in Grande depressione.

Come sarà la ripresa

Se non c'è dubbio che il crollo sarà rovinoso, bisogna capire come sarà la risalita. Se avrà la forma di una V oppure sarà molto lenta e graduale. Di sicuro l'era della retorica roboante del "great again" di Donald Trump è finita. Lo dice il 20% di disoccupati previsti per aprile. Lo dicono i 3mila miliardi di dollari messi in campo dal Congresso per argine la pandemia. Lo dice il crollo del prezzo del petrolio.

La Casa Bianca dovrà impegnarsi ancora tanto per sorreggere l'economia reale ed evitare il tracollo dell'industria dello shale oil, messa in ginocchio dalla caduta verticale del petrolio. Se non altro Trump può gioire di una cosa. Dopo anni passati a rimpallarsi accuse e aspre critiche, lui e la Federal Reserve lavorano fianco a fianco nella stessa direzione. Come alleati.

martedì 28 aprile 2020

Valuta brasiliana sempre più in calo. La crisi del Paese preoccupa i mercati

Continua la marcia in discesa del real brasiliano, che sta testano ripetutamente i nuovi minimi storici contro le altre valute del G10. In special modo ciò vale nei confronti del dollaro USA. Il quadro economico del Brasile è molto deludente, e la pandemia ha innescato una crisi che peggiorerà nei prossimi mesi. A questo poi si deve aggiungere la crisi politica in atto. Ecco spiegati i motivi per cui quest'anno il Real è diventato la valuta dei mercati emergenti con la peggiore performance.

Il declino della valuta brasiliana

Infatti la valuta brasiliana è precipitata di oltre il 26% da inizio anno. Dopo aver deciso come scegliere un broker forex, lo apriamo e vediamo subito i dati. La coppia USD / BRL è vicino quota 6,00, mentre il cambio EUR / BRL è salito a 6,17.

Come detto, il quadro economico generale non offre alcun sostegno alla valuta brasiliana. Anzi, è deludente. Le stime dell'indice dei gestori degli acquisti (PMI) mostrano una contrazione generalizzata, mentre i sondaggi sulla fiducia delle imprese e dei consumatori sono inferiori a 50. Questa è la soglia che separa la contrazione dalla espansione. Anche l'inflazione preoccupa. Il recente sondaggio prevede un tasso del 2,23%, inferiore all'obiettivo del 4% dell'ente. Anche la previsione media per il prossimo anno è scesa dal 3,75% al ​​3,4%.

Consiglio: per fare investimenti sulle valute in modo proficuo, occorre conoscere bene il significato pip trading forex.

La mossa attesa della Banca del Brasile

Il presidente Jair Bolsonaro si aspetta una forte recessione, e ha già varato un pacchetto di incentivi sostanziosi, che include un sussidio salariale del 70%. Il Consiglio di politica monetaria ha inoltre iniettato $ 124 miliardi di liquidità nei mercati. Ciò si aggiunge alla riduzione dei tassi di interesse di 50 punti base al 3,75%. Secondo gli osservatori, la mossa del Banco Do Brazil verrà ripetuta nel prossimo meeting, con altri tagli fino a 75-100 punti base. Un taglio più ampio rispetto a quello che era stato precedentemente valutato dalla curva dei tassi.

venerdì 24 aprile 2020

Contribuenti italiani, la metà non supera la soglia dei 15mila euro di reddito

Quasi la metà dei contribuenti italiani, non riesce a superare la soglia dei 15mila euro annui. Questo è il dato che emerge dalle dichiarazioni dei redditi 2019 (relative all'anno di imposta 2018), come fornito dal MEF.

I dati sui contribuenti italiani

Per la precisione, il 44% dei contribuenti dichiara una reddito a fini Irpef compreso tra fino a 15mila euro. Le loro imposte rappresentano appena il 4% sul totale incassato dallo Stato. La fetta più grossa di contribuenti si trova però nella fascia 15-50mila (il 50% dei contribuenti). A livello di gettito, essi rappresentano il 56% di quanto lo Stato incassa dall'Irpef. La quota più piccola è rappresentata da quelli che hanno introiti superiori ai 50mila euro annui. Sono appena il 4% dei contribuenti, ma versano addirittura il 40% di quello che lo stato incassa dall'irpef. Per completezza, i Paperoni che guadagnano oltre 300 mila euro sono invece lo 0,1% del totale.

Reddito medio e gettito complessivo


Sono 12,6 milioni gli italiani che non versano un euro di Irpef. Questo numero tiene conto sia dei contribuenti con livelli reddituali compresi nelle soglie di esenzione, sia di quelli che vedono la propria imposta lorda azzerarsi per effetto delle detrazioni riconosciute dal nostro ordinamento. Complessivamente, il reddito degli italiani (almeno quello dichiarato) è stato nel 2018 di 880 miliardi di euro, in crescita del 5% rispetto all'anno precedente. In media il suo valore è stato di 21.660 euro.

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Divario Nord-Sud

A livello geografico, la Lombardia è la regione con il reddito medio maggiore (25.670 euro). In coda alla classifica invece c'è la Calabria (15.430 euro). Questo testimonia l'enorme divario che persiste tra Nord e Sud. A livello di categoria invece, gli autonomi guadagnano in media più del doppio dei dipendenti: 46.240 euro contro 20.820 euro. In mezzo si collocano invece imprenditori (titolari di ditte individuali, 20.940 euro). In fondo invece ci sono i pensionati con 17.870 euro.

mercoledì 22 aprile 2020

Banca centrale del Messico, ecco un altro taglio a sorpresa del costo del denaro

Al termine di una riunione fuori calendario, la banca centrale del Messico ha deciso di tagliare nuovamente il costo del denaro. Si tratta della seconda sforbiciata nel giro di un mese, e la terza da inizio anno. Fino alla riunione di novembre, l'istituto centrale aveva lasciato i tassi al 7,5%, ed era una delle banche centrali con il maggior costo del denaro al mondo. Poi però l'emergenza pandemia ha suggerito un importante cambio di rotta.

Il taglio dei tassi della Banxico

Tre tagli di 50 punti base l'uno hanno portato il tasso di interesse al livello attuale, al 6%. Bisogna evidenziare che la banca centrale messicana è considerata una istituzione molto conservatrice, assai restia a cambiamenti radicali nella sua politica monetaria. Questo dà ancora maggiore significato alla virata profonda dell'ultimo periodo. Del resto, la preoccupazione dei policy makers messicani è fortissima, soprattutto dopo che ben tre agenzie di rating hanno operato dai declassamenti del credito sovrano. Anche per questo la banca ha fornito ulteriori 750 miliardi di pesos di stimoli per aiutare a sostenere le condizioni finanziarie in tutto il paese.

Va aggiunto che gli effetti della pandemia dovrebbero spingere il paese verso una recessione profonda, tenuto conto del rapido deterioramento dell'attività economica. La Banxico prevede un calo della crescita del 5% su base annua nella prima metà dell'anno.

Suggerimento: prima di decidere se fare degli investimenti sulle valute, bisogna prima imparare come scegliere un broker forex in modo logico ed efficace.

Il peso perde quota sul dollaro

Per quanto riguarda la valuta messicana, il peso, si sta assistendo a un forte deprezzamento rispetto al dollaro. Nell'ultimo mese il cambio Usd/Mxn ha aggiornato i suoi record storici, arrivando a toccare 25.78 nel mese di aprile. La cosa interessante è il rimbalzo dopo l'ultimo doppio minimo analisi tecnica, che potrebbe aprire a scenari fortemente rialzisti. Come accaduto per altre economie emergenti, il peso sta risentendo del clima di avversione al rischio dovuto al covid. A peggiorare le cose anche il crollo del prezzo del petrolio.

lunedì 20 aprile 2020

Imprese (micro) in attesa di aiuti dal Governo, il fondo slitta al 27 aprile

Avrebbe dovuto vedere la luce prima di Pasqua, ma il nuovo decreto contro la crisi economica è slittato a fine aprile. Il 27 per essere precisi, nelle intenzioni del Governo. In esso troverà spazio un fondo destinato alle micro-imprese, per un valore di 13 miliardi.

Le imprese aspettano un sostegno dal Governo

Il decreto contro la crisi economica provocata dal Covid-19 slitta ancora. Tutto doveva essere pronto entro il giorno di Pasqua ma le previsioni del governo non sono state rispettate. La data del 27 aprile forse non è casuale. Quel giorno si terrà anche il Consiglio dei ministri, lo stesso che avrebbe già dovuto fissare la nuova quota di scostamento del deficit, in aumento così come il debito. Probabilmente quella riunione darà spazio sia al decreto quanto al Def. Poi bisognerà aspettare il via libera delle due Camere.

Lo slittamento servirà soprattutto a vedere come agirà Bruxelles. Infatti giovedì si terrà il Consiglio Europeo, che dovrebbe definire gli strumenti che il'UE adotterà per fronteggiare la crisi. Quando Roma avrà più chiaro qual saranno, potrà mettere mano al decreto.

Il fondo di sostegno

Intanto i tecnici lavorano al fondo per aiutare le micro-imprese, pesantemente danneggiate dallo sviluppo della pandemia. Tra le varie misure che troveranno spazio nel decreto, ci dovrebbe essere anche questa. Si ipotizza un importo di 13 miliardi di euro a fondo perduto, destinata a ridare ossigeno alle piccole imprese. Forse col meccanismo del credito di imposta (ma i grillini spingono per un'immediata iniezione di liquidità).

Il numero di imprese destinatarie del fondo dovrebbe essere sostanzioso, e l'esecutivo conta di suddividere gli interventi anzitutto in base al numero dei dipendenti. Le aziende destinatarie dovrebbero essere infatti quelle fino a 10 dipendenti. Inoltre verrà considerato come criterio anche il calo di fatturato nel primo trimestre del 2020 (calcolato rispetto a quello dell'anno precedente). Rimane da capire quale sarà la soglia fissata per le piccole imprese (considerate tali da 10 a 250 dipendenti).

Le altre misure

Ci saranno poi altre misure per sostenere le imprese. Come il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, che al momento fermo a 2,7 miliardi ma dovrebbe salire a 4 miliardi. Lo Stato inoltre dovrebbe fornire ulteriori garanzie agli istituti bancari, circa 30 miliardi. Altre misure riguardano i redditi di emergenza, con l'intenzione di snellire le procedure.

giovedì 16 aprile 2020

Quotazione dello zucchero in calo, tutta colpa del prezzo del petrolio

L'impatto del coronavirus sul mercato dei prodotti agricoli si sente eccome. La quotazione dello zucchero grezzo (raw sugar) è scivolata sui minimi di un anno e mezzo sotto i 10 centesimi per libbra, durante la sessione di mercoledì.

L'andamento della quotazione dello zucchero

A incidere sull'andamento della quotazione dello zucchero sono soprattutto i blocchi alla produzione imposti dai governi per contrastare la diffusione della pandemia. Questo ha spinto i prezzi del petrolio al ribasso, spingendo molti produttori di etanolo da biocarburanti a convertirsi verso la produzione di zucchero. L'incremento di offerta ha così provocato la discesa dei prezzi. Lo zucchero grezzo in consegna a maggio è sceso a 10,09 cents per libbra, dopo aver toccato il livello più basso da settembre 2018 a 9,96 cent. Inoltre i pattern candele giapponesi figure evidenziano una impostazione ribassista dei prezzi.

Zucchero e petrolio

Questa dinamica si verifica ogni volta che c'è un calo considerevole dei prezzi del petrolio. In questi casi i mulini di canna brasiliani tendono a produrre più zucchero e meno etanolo, un biocarburante a base di canna. Nella seconda metà di marzo i mulini brasiliani del centro-sud hanno prodotto il 42% in più di zucchero rispetto a un anno fa. Il mercato sembra aspettarsi una produzione brasiliana di zucchero pari a 37 milioni di tonnellate. E gli investitori stanno già prezzando questo evento.

Cosa c'entra l'OPEC+

Ricordiamo che i prezzi del petrolio sono scesi in picchiata perché il crollo dell'economia globale a causa del Covid-19 ha di fatto fermato la domanda globale di carburante. Se avete tempo, prendete le trading online recensioni dei broker e opinioni, scegliete una piattaforma e andate a vedere il declino del petrolio nell'ultimo mese e mezzo. Gli investitori non sono neppure stati sollevati dal taglio record promosso dall'OPEC+, che si ritiene non riuscirà affatto a bilanciare il crollo della domanda dovuto al coronavirus.

In India piove sul bagnato...

Al quadro generale va aggiunto il fatto che l'India, uno dei principali produttori di zucchero, probabilmente verrà innaffiata da maggiori piogge monsoniche quest'anno, e quindi sono cresciute le aspettative di una maggiore produzione agricola.

martedì 14 aprile 2020

Imprese, grido d'allarme del settore moda: fateci riaprire o rischiamo un tracollo

Le imprese italiane del settore moda chiedono a gran voce di poter riaprire, sia pure osservando tutte le cautele a garanzia della sicurezza dei propri lavoratori. Dopo essere state le prime a intervenire per dare una mano agli ospedali, alla Croce Rossa e alla Protezione civile, convertendo la loro attività nella produzione di mascherine e camici, adesso sono loro a chiedere un aiuto. Lo fanno perché in molti, soprattutto i piccoli imprenditori, rischiano di sparire.

Le piccole imprese che reggono il settore moda

La filiera italiana della moda è un emblema del made in Italy. Crea l’immagine positiva del nostro Paese. Il successo planetario dei nostri marchi passa anche e soprattutto per quei piccoli artigiani che custodiscono un pezzo di know how che fa invidia a tutto il mondo, e che forniscono fibbie, bottoni, pellami, ecc. Questa serie infinita di competenze che si sono tramandate finora, rischiano di andare perdute se le loro piccole imprese non riapriranno.

In balia della concorrenza

Il guaio delle imprese della moda è la concorrenza. Normalmente loro portano in alto nel modo il valore del made in Italy, perché sono imprese orientate soprattutto all'export. Il settore abbigliamento contribuisce per la metà alla bilancia commerciale. Ora che è tutto fermo, la loro quota di mercato viene divorata da quelle aziende straniere che in molti casi non si sono mai fermate, se non hanno fabbriche italiane.

SOS

Ecco perché devono aprire il prima possibile. Per ottenere il via libera si sono già organizzate. Hanno dotazioni di mascherine e guanti, igienizzanti per pulire tutte le superfici, e si daranno una nuova organizzazione del lavoro, dividendo turni e personale per ciascun turno. C'è chi fa notare che sono state riaperte le imprese che producono pezzi di ricambio per l’industria automobilistica tedesca, ma non le imprese che reggono le esportazioni e il Pil dell’Italia. Moda, turismo, commercio.

venerdì 10 aprile 2020

Petrolio in ribasso malgrado il nuovo accordo OPEC+. Gli investitori rimangono scettici

Dopo lo shock del mese scorso, quando Arabia e Russia andarono allo scontro frontale mandando all'aria il piano di tagli alla produzione di petrolio, stavolta un'intesa è stata raggiunta. Tuttavia, almeno per il momento il mercato non ha premiato questa novità, spingendo al ribasso le quotazioni dell'oro nero. Addirittura a New York il prezzo è sceso del 9,3% a 22,76 dollari al barile.

Il nuovo accordo sul petrolio

All’Opec+, il gruppo di produttori composto dal cartello e da membri esterni (Russia su tutti), finalmente si è giunti ad una bozza che prevede una riduzione dell'output giornaliero di 10 milioni di barili per due mesi (che diventerebbero 8 fino a dicembre e poi 6 fino al 2022). Circa un quinto della produzione attuale. Il vertice telematico ha preso atto che la situazione, a causa dell’emergenza coronavirus, si sta facendo drammatica con ripercussioni sull'intera economia globale.

La crisi da pandemia si è infatti instaurata in un mercato che già era alle prese con un forte squilibrio domanda-offerta, aumentando questo divario. I fondamentali della domanda e dell’offerta sono diventati terrificanti. Per questo era sceso in campo in modo attivo anche Trump, a fare da mediatore tra Riad e Mosca. L'intesa prevede che l’Arabia Saudita riduca la produzione giornaliera di 4 milioni di barili, la Russia di 2 milioni al giorno.

La posizione del Messico

La tenuta dell’accordo dipenderà in gran parte dal Messico, che non ha ancora deciso se appoggiare la decisione ed è pronto a ridurre la sua produzione nazionale da 1,78 milioni di barili a 1,68, appena 100mila barili in meno al giorno per due mesi, contro i 400mila che gli sono stati chiesti. Evidentemente uno sforzo minimo.

Nota tecnica: per chi ama il trading sulle valute, è importante sapere che metodi estremi come le strategie scalping Forex 1 5 minuti, non sono affatto facili da adottare.

Il mercato rimane scettico

Nonostante i passi in avanti, il mercato però non ha festeggiato per niente, anche perché le notizie di un tale taglio erano già state "prezzate" dal mercato nei giorni scorsi. I prezzi rimangono in un downtrend intenso, al di sotto di fondamentali supporti, come quello fornito dalla media mobile a 200 giorni. Sulla miglior piattaforma di opzioni binarie possiamo vedere che il Brent è sceso vicino al livello psicologico di 30 dollari (metà del livello che aveva alla fine del 2019), mentre il WTI si è avvicinato ai 20 dollari precipitando del 9,3%.

Evidentemente c'è scetticismo da parte dei mercati, che ritengono poco efficace un taglio di 10 milioni per compensare completamente l'enorme calo della domanda, che potrebbe essere molto superiore (Goldman Sachs stima 19 milioni di barili in meno al giorno ad aprile e maggio, ma c'è chi sostiene sia ancora di più). Gli investitori chiedono che i tagli siano forti e coordinati su scala globale, altrimenti i prezzi del petrolio rimarranno soggetti a grossi problemi e potrebbero ritestare i recenti minimi di 18 anni.

mercoledì 8 aprile 2020

Crisi economica, l'UE non riesce a trovare una linea comune per combattere il Covid-19

Finisce con un flop la riunione dell'Eurogruppo, chiamato a varare delle misure importanti per combattere la crisi economica provocata dalla pandemia. La riunione fiume è stata riassunta da un tweet del presidente Mario Centeno: "Dopo 16 ore di discussione ci siamo avvicinati a un accordo ma non ci siamo ancora arrivati".

Europa divisa sulle misure contro la crisi economica

Si sapeva che sarebbe stato complicato arrivare a una linea comune sulle misure da adottare contro la crisi economica, dal momento che ci sono diverse anime all'interno dell'Unione europea. Nelle ultime settimane ci sono stati duri scontri verbali a distanza tra chi era favorevole al MES (Meccanismo europeo di stabilità) e chi no, tra chi vuole gli Eurobond e chi no. E alla fine queste divergenze sono emerse nella conference call di ieri.

Riguardo al MES, l'Italia si è ritrovata pressoché da sola a combattere il rigore di Germania, Paesi Bassi, Austria e Paesi scandinavi. Secondo i rappresentanti di questi paesi, il Mes è uno strumento idoneo per contrastare la crisi economica. L'unica speranza per noi è trovare una sponda in paesi come Francia e Spagna, almeno per quanto riguarda la necessità dei cosiddetti coronabond. Ma anche questo è un argomento delicato, visto che diversi paesi non vogliono affatto sentirne parlare. L'unico punto sul quale c'è stata una convergenza tra i diversi paesi riguarda Bei e Sure.

Spread in riasalita

Non è certo il clima migliore per riprendere la discussione, oggi pomeriggio. Le distanze tra i paesi sono ancora troppo ampie, e la guerra tra rigoristi dei conti pubblici e Paesi in difficoltà è apertissima. Nel frattempo l'Europa che ha bisogno di risposte, continua a fare i conti con una crisi economica feroce. E i mercati fanno capire che l'aria che tira non è delle migliori, visto il rialzo dello spread sopra i 200 punti, mentre il rendimento del decennale italiano vola all'1,69% sul mercato secondario.

lunedì 6 aprile 2020

Azionario in crescita. Borse asiatiche su, anche l'Europa marcia spedita

Comincia sotto una buona stella la settimana dell'azionario asiatico. I listini sono infatti rimbalzati, dopo alcuni segnali positivi di rallentamento della pandemia di covid-19. Con la borsa cinese chiusa per al festività del Ching Ming Festival, l'attenzione era tutta concentrata su Tokyo, che avanza in modo deciso (+4,24%).

La spinta dell'azionario asiatico

Il balzo del listino azionario nipponico avviene malgrado la richiesta di stato di emergenza avanzata dal premier Shinzo Abe, perché proprio nella capitale i casi di contagio sono in aumento. E non sembra essere stato avvertito neppure il peso dello slittamento del vertice OPEC+, che era previsto per lunedì ma non ci sarà. Gli investitori sono però tornati sul mercato dopo i recenti ribassi, prevalentemente per le notizie che arrivano dall'Europa sul fronte sanitario: c'è stato infatti un calo dei contagi in Italia e in Francia, mentre Wuhan (la culla dell’epidemia) riaprirà i battenti mercoledì.

A Tokyo la Borsa ha terminato gli scambi in deciso rialzo. L'indice Nikkei è salito del 4,24% a quota 18.576,30 con un guadagno di 756 punti, mentre il Topix è salito del 2,87% a 892 punti. Sui migliori broker forex italiani autorizzati si vede anche un calo dello yen rispetto al dollaro, poco sopra quota 109 e sulla moneta unica a 117,80. Viaggia bene anche Seul che chiude a +3,08%. Ma in generale sono andate bene tutte le piazze asiatiche, anche Hong Kong che, Singapore, Taiwan e Jakarta. Borsa di Sydney in rally (+4,06%).

Europa tonica in avvio, settimana corta

Chi ha adottato una strategia breakout trading pullback ha fatto bene, perché il rimbalzo c'è stato anche in Europa, dopo i pesanti crolli del recente passato. Comunque rimaniamo in piena emergenza coronavirus, e gli occhi degli investitori sono puntati sui verbali della Fed, previsti per mercoledì, e quelli della Bce, in arrivo il giorno successivo. Ricordiamo che venerdì, in vista della Pasqua, si fermeranno i listini in Europa e nelle Americhe.

giovedì 2 aprile 2020

Mercato del latte, quello fresco ha subito un tracollo dopo la chiusura degli Ho.Re.Ca

Il Covid-19 sta creando danni enormi anche al mercato del latte fresco. Da quando l'epidemia è scoppiata in tutta la sua gravità, innescando le misure restrittive da parte del Governo, c'è stato un crollo dei consumi. Parliamo di oltre il 25% in meno, ovvero 15mila tonnellate di latte che non ha più sbocco commerciale.

Il dramma del mercato del latte fresco

Il principale problema è la chiusura del canale Ho.re.ca. (hotel, bar, ristoranti e pizzerie) che ha provocato un abbattimento delle richieste. Ma sul mercato del latte fresco incide anche il logico adeguamento delle abitudini dei consumatori, che preferiscono rifornirsi di latte non fresco ma a lunga scadenza. Non è un caso infatti che le tonnellate perse dal latte fresco siano state recuperate invece da quello a lunga conservazione.

La conversione produttiva

Molte aziende hanno fatto fronte a questo problema convertendo il latte fresco in altri prodotti, come latte uht, mozzarelle e yogurt. Tuttavia, se questo è un discorso che possono affrontare le grandi aziende, le piccole imprese invece sono lasciate allo scoperto di fronte alla crisi. Vale soprattutto per i piccoli imprenditori, in particolare del Sud, specializzati in produzioni più artigianali come mozzarelle e burratine, che servivano quasi esclusivamente i ristoranti. Dal momento che i ristoranti hanno tutti la saracinesca abbassata, per loro è un dramma.

La questione scadenza

Uno dei possibili rimedi da adottare per dare un po' di sollievo al mercato del latte fresco, è quello di mettere mano alla legge sulla scadenza. Quella italiana risale ormai al 3 marzo 1989, oltre trent'anni fa. Da allora le tecniche di conservazione e trattamento del latte sono cambiate, e le aziende ritengono che possa essere allungata senza alcun rischio la scadenza dagli attuali 6 fino a 10 giorni. Questo tenuto conto che in nessun altro Paese europeo esiste una legge che impone una data di scadenza al latte alimentare.