venerdì 26 febbraio 2021

Mercato del lavoro, ecco le conseguenze (anche durevoli) della pandemia

Il quarto Rapporto annuale sul mercato del lavoro ha offerto una fotografia della situazione dell'occupazione in Italia nell'anno del Covid. Il documento, frutto di un lavoro congiunto di Ministero del Lavoro, Istat, Inps, Inail e Anpal, accende i riflettori sulle pesanti conseguenze della crisi sanitaria sul lavoro.

Il Covid e il mercato del lavoro

Dopo lo scoppio della pandemia verso l'inizio del 2020, il governo ha dovuto adottare una serie di misure per arrestare l'avanzata dei contagi. Per alcuni periodi c'è stato un lockdown totale, mentre non c'è ancora mai stata una riapertura libera di ogni attività (alcune sono ferme ormai da un anno).

La sospensione delle attività di interi settori è stata uno shock improvviso sia nel settore della produzione di beni che in quello dei servizi. E questo ha avuto fortissime ripercussioni sul mercato del lavoro. Conseguenze che si vedranno anche nel lungo periodo, e che saranno tali da innescare cambiamenti strutturali del sistema economico.

Forse può interessare: piccole e medie imprese a rischio default per colpa della crisi pandemica.

Le categorie più colpite

Nel report, che si articola in 7 capitoli, si evidenzia che le categorie del mondo del lavoro che hanno subito maggiormente la crisi sono donne, giovani e lavoratori stranieri. Ossia quelle categorie che già in precedenza erano in condizioni di svantaggio, giacché più spesso impiegati in lavori poco tutelati oppure perché largamente presenti in quei settori più colpiti dalla crisi. 
Inoltre lo scoppio del Covid ha innescato una netta demarcazione tra quelle categorie di lavoro che - per loro natura - non possono essere svolte se non in presenza, e quelle che è stato possibile svolgere da remoto, attraverso il lavoro agile, il telelavoro e altre modalità.

Meno infortuni, più mortalità

L'anno della pandemia ha però inciso anche in un'altra direzione. Infatti ha avuto una grossa incidenza anche sull'infortunistica nel lavoro, che si è drasticamente ridotta (-15,9%). Invece è nato un nuovo tipo di infortuni, quelli da contagio, che ha inciso sulle denunce di infortunio nel complesso e ha comportato l’incremento del numero delle morti (+18,6%), a causa della letalità del virus.

martedì 23 febbraio 2021

Valute digitali, profondo calo dopo le parole della Yellen. A cominciare da Bitcoin

Dopo aver raggiunto un nuovo record a quota 58mila, il prezzo del Bitcoin scivola in modo assai pesante, arrivando anche a 46mila. La regina delle valute digitali è stata penalizzata dalle parole di Janet Yellen, tutt'altro che tenere nei confronti di questo tipo di asset.

La Yellen e la regina delle valute digitali

Il Segretario del Tesoro USA (nonché ex presidente della Federal Reserve) Janet Yellen ha attaccato Bitcoin durante una intervistata alla Cnbc. La Yellen ha parlato della valuta digtiale come un asset “altamente speculativo ed "estremamente inefficiente per condurre transazioni". Ma è andata anche oltre, dicendo che si presta a condurre "finanziamenti illeciti", ma anche che "l’ammontare di energia che viene consumato nel lanciare quelle transazioni è impressionante” (in effetti secondo alcuni studi realizzati dall’università di Cambridge, il bitcoin consuma circa 121,36 terawattora all’anno).

Insomma, un attacco a 360 gradi alla valuta digitale, che eppure nell'ultimo periodo aveva suscitato l'interesse dei grandi investitori. Proprio questo interesse crescente, era del resto stato il trampolino di lancio delle quotazioni verso nuovi record storici.

Annotazione: non cercate di utilizzare la Belkhayate centre of gravity cog per il Bitcoin, dal momento che sulle valute digitali non sembra funzionare granché.

Quando hanno pesato le parole della Yellen

Senza dubbio le parole della Yellen hanno avuto un ruolo determinante nell'innescare il calo del Bitcoin, tuttavia era qualcosa che molti si aspettavano. Infatti succede quasi sempre che dopo corse folli ci siano profonde cadute. A maggior ragione quando - come adesso - il prezzo si era spinto in territori mai esplorati.
L'uscita della Yellen potrebbe quindi essere vista come la miccia che ha acceso le vendite, alle quali molti erano già pronti. La Yellen ha fornito una sorta di pretesto a chi voleva prendere profitto, per aggredire il mercato. molti trader dei broker forex regolamentati Consob aspettavano solo un segnale per vendere.

Qualcosa di analogo era accaduto appena un paio di giorni fa. Elon Musk, cofondatore di Tesla che di recente ha investito 1,5 miliardi di dollari in Bitcoin, aveva commentato via twitter sul prezzo della valuta digitale (“sembra alto”), e proprio quella sua uscita social aveva innescato una forte correzione.

venerdì 19 febbraio 2021

Prezzi degli affitti, calo a gennaio. Milano resta la città più costosa

Con una media di 10,8 euro al metro quadro, sono tornati a calare i prezzi degli affitti delle case, anche se in modo non omogeneo in tutta la penisola. Infatti 13 mercati regionali su 20 sono scesi, mentre 7 si sono mossi in controtendenza.

Gennaio in calo per i prezzi degli affitti

Secondo i dati del portale Idealista, in media c'è stata una tendenza negativa durante il mese di gennaio, pari all'1,2% rispetto al mese precedente, quando invece c'era stato un balzo in avanti. Invece il confronto anno su anno è positivo, con i prezzi degli affitti che a gennaio 2021 sono risultati il 14,4% in più rispetto allo stesso mese dello scorso anno.

Forse può interessare: case e Covid, il costo dell'usato comincia a scendere.

Analisi geografica

Come sempre, i dati più interessanti si colgono guardando la distribuzione geografica dei prezzi degli affitti.
Le Regioni col maggiore calo sono state Molise (-5,7%) e Friuli Venezia Giulia (-3,7%). Al contrario, il balzo maggiore lo registrano Calabria (4%), Valle d’Aosta (3%) e Sardegna (2,2%).
L'affitto medio più alto si paga in Lombardia, con una richiesta media di 14,6 euro. Seguono Lazio (12,4 euro/m2) e Toscana (11,9 euro/m2). Le Regioni più economiche sono Calabria e Molise, rispettivamente con 5,5 e 5,1 euro al mese.

Argomento correlato: costo della vita, si riduce il gap tra Nord e Sud.

Milano la più cara d'Italia

Per quanto riguarda i Capoluoghi, anche qui si registra una divisione tra "buoni" e "cattivi". Il calo più marcato c'è stato ad Ascoli Piceno (Marche), dove i prezzi degli affitti sono scivolati dell’8,8%. Sul secondo gradino del podio c'è la molisana Campobasso (-8,3%), seguita da Asti (-7,4%) e Udine (-7,2%). Sul fronte opposto, i maggiori recuperi riguardano Trani (7%), Barletta (5,9%) e Teramo (5,1%).
Se consideriamo soltanto le grandi città, quella col segno meno più grande è Napoli (-2,5%), seguita da Milano e Torino (entrambi -1,8%). Roma (0,7%) e Bologna (1,1%) archiviano il mese in terreno positivo.

Malgrado il calo, il prezzo degli affitti più alto d'Italia rimane una prerogativa di Milano: 18,3 euro a metro quadro. Eppure da un ano all'altro la diminuzione complessiva è stata del 9,9% negli ultimi 12 mesi. Sul podio delle città più care ci sono anche Firenze (14,5 euro/m2) e Venezia (14,3 euro/m2). Le più economiche sono al Sud: Caltanissetta (4,1 euro/m2), Vibo Valentia e Cosenza, entrambe con una richiesta media di 4,5 euro mensili.

martedì 16 febbraio 2021

Risparmio, la virtù italiana sta diventando un danno per l'economia

Chissà come andrebbero le cose se fossimo meno pigri e paurosi. Perché è questo il quadro che si evince guardando i dati sul risparmio degli italiani. Preferiamo custodire senza fruttificare. Ma spesso non ci rendiamo conto che se in linea di principio il risparmio è una virtù, quando si eccede si rovescia la medaglia. Il troppo diventa danno.

L'Italia è l'eccesso di risparmio

C'è una montagna di denaro parcheggiata sui nostri conti correnti. Secondo Bankitalia, il suo volume nel 2020 è cresciuto dell’11%, arrivando a superare i 1700 miliardi. Roba da brividi, se si pensa che questa cifra "parcheggiata" è superiore al nostro prodotto interno lordo.

I brividi ci vengono anche quando pensiamo che l'aumento dell'ultimo anno e mezzo, che è stato pari a 160 miliardi, è superiore all’intero importo dei sussidi e dei prestiti del Next Generation Eu. E alcuni leading indicators dicono che questa tendenza sarà forte anche nel 2021.

Il denaro parcheggiato non frutta

Diciamo che serve finanziare la ripresa, ma aspettiamo che i soldi ce li diano gli altri, quando basterebbe usare bene i nostri.
Sia chiaro, la propensione al risparmio ci rassicura, tanta parsimonia ci fa sentire persone con i piedi per terra. E in buona parte è vero. Ma quando questa propensione diventa cieca di fronte alla realtà, è dannosa. Bisogna infatti ricordarsi che viviamo un’era di tassi negativi, che anziché tenerlo al sicuro, può farci perdere denaro se lo teniamo parcheggiato.

Finanziariamente malmessi

Ancora peggio è quello che combiniamo quando investiamo. E' vero che le nostre conoscenze finanziarie sono complessivamente pessime, non conosciamo neppure le tecniche trading intraday di base. L'amaro paradosso del risparmio degli italiani, è che quando si decide di impiegarlo, nella stragrande maggioranza dei casi finisce per sostenere imprese concorrenti alle nostre, o finanziare il debito di altri Stati. In pratica crea lavoro e reddito altrove.
Qui però la politica dovrebbe giocare un ruolo. Servono strumenti finanziari di diritto italiano, che magari con grandi agevolazioni fiscali stimolino l'investimento nel made in Italy.

venerdì 12 febbraio 2021

Banca d'Inghilterra in apprensione per i servizi finanziari del Regno Unito. E attacca la UE

La Brexit non sarebbe stata una passeggiata senza conseguenze, si sapeva da sempre. E che la UE non avrebbe certo steso un tappeto rosso agli affari del Regno Unito, era scontato. Però la Banca d’Inghilterra si lamenta. Il governatore Bailey infatti accusa l'Unione europea di voler tagliare fuori la City dai mercati finanziari europei.

L'attacco della Banca d’Inghilterra

Il motivo per cui il governatore della Banca d’Inghilterra è contrariato, riguarda le condizioni praticate dalla UE al Paese britannico rispetto a quanto fa con gli altri. Sarebbero regole molto più stringenti per lo svolgimento dei servizi finanziari e professionali. 

Quelle richieste ad altri partner, come la Svizzera o gli Stati Uniti, sarebbero invece molto più morbide. Una disparità di trattamento giudicata inaccettabile.
Secondo Bailey questo atteggiamento della UE è sbagliato, perché "condurrebbe alla frammentazione dei mercati, alzando i costi per tutti".

La Brexit monca

Il punto è che l'intesa faticosamente raggiunta riguardo a Brexit, proprio sul filo di lana peraltro, ha lasciato fuori alcuni ambiti molto importanti. Ha disciplinato i rapporti sulle merci, ma non ha toccato la finanza e i servizi in generale. Per questi ambiti in pratica c'è stato un no deal, un divorzio senza intese. Ma le colpe sono più britanniche che della UE. Il desiderio della Banca d'Inghilterra è avere accesso ai mercati europei, ma senza seguire in modo preciso i suoi regolamenti. La botte piena e la moglie ubriaca.

Annotazione operativa. Quando si fanno operazioni sulle valute o sulle azioni, si può seguire una strategia swing trading, che se fatta bene può regalare grandi soddisfazioni.

La City perde lo scettro

Mentre le polemiche continuano, la City però perde terreno. Infatti Bruxelles ha vietato alle aziende europee di scambiare azioni a Londra, e questo le ha costrette a virare verso altre piazze finanziarie. E così iIl mese scorso la piazza londinese è stata superata da Amsterdam come maggior centro di contrattazione di azioni europee. Sul listino olandese sono state scambiate azioni per un valore di 9,2 miliardi di euro al giorno. La City si è fermata a 8,6 miliardi.

Mentre la City ha i suoi bei problemi da risolvere, la sterlina invece sembra abbastanza tonica e ha beneficiato dell'accordo su Brexit. Chi fa forex Ichimoku Kinko Hyo trading ha visto la valuta britannica crescere nell'ultimo periodo, anche se oggi ha perso quota a causa del calo del PIL del 9,9% nel 2020, il più grande calo annuale della produzione mai registrato, a causa della crisi COVID-19 e dei blocchi nazionali.

mercoledì 10 febbraio 2021

Manifattura italiana, per uscire dalla crisi Covid occorre spendere bene i fondi europei

Periodicamente vengono aggiornati i numeri dei danni causati dal Covid. Quelli sul PIL ad esempio. Nel 2020 l'Istat ha certificato un crollo dell'8,8%, mentre nel 2021 la ripresa dovrebbe essere del 4,3%, per poi rallentare al 3,7% nel 2022. Sono pesantissimi anche i riflessi sulla manifattura italiana.

La situazione complicata della manifattura italiana

Nel 2020 il Covid ha provocato un crollo di 112,3 miliardi di euro della nostra manifattura. Rispetto all'anno precedente, il calo percentuale è di 12,3%. Con riflessi tanto sui consumi interni che su quelli innescati dalla domanda estera.
Si tratta di numeri pesantissimi, dal momento che l'Italia è il paese leader europeo della piccola impresa manifatturiera. Il settore impiega quasi 2 milioni di lavoratori in circa 370mila imprese. Per rendere l'idea, la Germania non arriva a 1,6 milioni di addetti, mentre in Spagna siamo appena a 820mila e in Francia 762mila.

Forse può interessare: in Italia imprese piccole e medie con gravi problemi di liquidità.

Servono misure di sostegno forti

Per innescare la ripresa della nostra manifattura, bisogna predisporre gli interventi sostenuti dai fondi europei. Avendo in primo luogo molta cura nel trattare quei comparti del made in Italy che hanno subito maggiormente la crisi

Tenuto conto della situazione attuale, la proposta di PNRR con 2 miliardi di euro di stanziamento per il periodo 2021-2026, sembra inadeguata per risollevare la manifattura, su cui si è scaricato il 30% della caduta di valore aggiunto dell’intera economia italiana.

L'errore di identificare il piccolo con l'inefficiente

Peraltro occorre evidenziare che nella proposta del PNRR varata lo scorso gennaio, si parla della grande incidenza delle piccole e medie imprese come un fattore di ostacolo alla crescita italiana. In pratica, proprio la eccessiva presenza di PMI sarebbe un elemento negativo. Tuttavia, Confartigianato ha evidenziato che non è affatto vero. Confrontando il valore aggiunto delle nostre pmi con quelle della Germania e della Francia, il valore aggiunto è cresciuto molto di più (+7,6% per quelle italiane, contro il +4,6% della Germania e il +3,4% della Francia).

venerdì 5 febbraio 2021

Borse con il vento in poppa. E l'Italia oltre ai vaccini sfrutta l'effetto Draghi

Se c'è un momento in cui tutti i tasselli rendono il quadro assai propizio per entrare nelle Borse di tutto il mondo, è proprio questo. L'effetto innescato dalla scelta di Draghi come prossimo premier, arriva in un momento già favorevole per i mercati finanziari.
Non è del resto un caso che le Borse si avviano a chiudere la settimana sui massimi storici.

Cosa sta tirando le Borse

Tralasciando per un attimo il "plus" aggiunto dalla nomina di Draghi come premier, bisogna considerare il ruolo chiave delle campagne per i vaccini anti-Covid.
La situazione sanitaria sta vivendo continue schiarite, a dispetto dei dati sui contagi che comunque ancora crescono. Arrivano altri vaccini e in giro per il mondo si profila un miglioramento generale. Questo significa che una ripresa più robusta si sta piano piano avvicinando. E siccome le Borse devono sempre anticipare i tempi per cogliere le opportunità, ecco che si stanno già muovendo in vista dei prossimi mesi.

Listini e indici da record

Stanno tutte salendo, a prescindere dalla collocazione geografica. Lo S&P500 e il Nasdaq hanno toccato nuovi massimi storici, le DAX news evidenziano che anche l'indice tedesco è a un passo dal record. Il clima internazionale, insomma, è positivo.

Annotazione: se ti piace il mercato delle valute, potresti invece trovare interessante il tema franco svizzero previsioni cambio dollaro.

L'effetto Draghi

L'Italia ha dato il suo piccolo contributo. L'idea di un governo Draghi piace tantissimo ai mercati, che lo vedono come un buon generale. Del resto parliamo di uno che in campo economico è arrivato ad essere il top: governatore della BCE, e che durante il suo mandato ha salvato l'euro.

Se le prime ore dopo la nomina sembravano aprirgli una strada tortuosa davanti, piano piano la strada si è un è po' liberata. E così l’effetto Draghi non ha tradito la fiducia dei mercati, che continuano a spingere.
Un dato eclatante è il calo dello spread fin sotto i 100 punti, come non accadeva da tre anni. Ma è ugualmente forte la spinta ricevuta dalla Borsa di Milano, che sta avvicinandosi a quota 23 mila punti. Milano è stata anche ieri al top d’Europa.

mercoledì 3 febbraio 2021

Acquisto titoli, la BCE rallenta il ritmo per tenere in equilibrio tassi e spread

Piccoli accorgimenti che non si vedono e non producono effetti sostanziali, ma ci sono. Parliamo dell'acquisto titoli da parte della BCE. Più precisamente, degli acquisti di titoli pubblici che fanno parte del programma anticrisi PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme).

La BCE e l'acquisto titoli

Settimana scorsa l'istituto centrale europeo ha effettuato meno operazioni rispetto a quella precedente. Dai 19 miliardi di euro si è infatti scesi a 16,7 miliardi di titoli pubblici e privati acquistati. Nell'intero mese di gennaio l'acquisto titoli è stato pari a 53 miliardi di euro. Complessivamente, l'ammontare del programma lanciato a marzo per fronteggiare la crisi innescata dalla pandemia (e fare in modo da garantire la stabilità dei paesi europei), ha superato gli 800 miliardi di compere.

Se consideriamo soltanto i titoli pubblici italiani rilevati, la BCE ha comprato 136,3 miliardi tramite la Banca d’Italia. Soltanto la Francia ci insidia il primato (quelli transalpini si fermano a 133mld).

Flessibilità

Il fatto che la Eurotower abbia allentato il ritmo del piano di acquisto titoli nell'ultima settimana è cosa normale. L'obiettivo di questi aggiustamenti è di evitare che i tassi e gli spread finiscano più in basso, ma al tempo stesso impedire che si rialzino.
Mantenere un certo equilibrio, insomma (anche se la presidente Lagarde già alla prima apparizione disse che “la Bce non è qui per chiudere gli spread”).

Ritmo e scadenza

Bisogna evidenziare che la dotazione del PEPP è stata aumentata a dicembre, portandola a 1850 miliardi di euro. Tenuto conto che finora abbiamo raggiunto quota 800, se gli acquisti procedessero al ritmo visto a gennaio, ci sarebbe abbastanza dotazione per andare avanti fino ad agosto 2022. Tuttavia la fine dichiarata del programma è marzo 2022, ovvero pochi mesi prima. Questo fa capire perché la BCE dice che potrebbe non usare tutte le risorse del piano.