sabato 30 settembre 2017

BCE, presto nuove regole per i crediti in sofferenza

La BCE è pronta a un nuovo giro di vite riguardo ai non-performing loans (Npl) della banche. La vigilanza dell'istituto centrale europeo infatti dovrebbe pubblicare nei prossimi giorni un documento nel quale illustra le sue aspettative circa la riduzione delle stock di sofferenze. questo documento verrà sottoposto a consultazione delle parti interessate, come prevede la consolidata prassi riguardo la maggior parte degli interventi della vigilanza bancaria della Bce.

Le richieste della BCE


Non si tratterà di un obbligo vero e proprio, ma come ha chiarito la signora Nouy (il capo della vigilanza nell'Eurozona) per la BCE "le aspettative equivalgono a un'indicazione piuttosto forte”. In pratica le banche dovranno fare il possibile per adeguarsi.

La spinta sull'acceleratore deriva dal fatto che la situazione economica dell'Europa è molto migliorata, occorre vedere anche un progresso nella riduzione dell'esposizione ai crediti in sofferenza (da noi in Italia la riduzione delle sofferenze bancarie è in corso, anche se nel complesso di partiva da valori molto elevati).

Tramite il capo della vigilanza Nouy, la BCE ha fatto inoltre sapere che l'intenzione è raggiungere una unione bancaria completa, che non si fermi solo ad una vigilanza comune e un meccanismo di risoluzione unico. Occorre anche creare uno schema comune per l'assicurazione dei depositi. Al momento invece il sistema bancario europeo resta ancora un insieme di sistemi nazionali ben distinti, con eccessive responsabilità a livello nazionale quando si verificano situazioni di difficoltà.

giovedì 28 settembre 2017

Trump lancia la riforma fiscale, il dollaro sale nel Forex

La tanto attesa riforma fiscale promessa da Trump in campagna elettorale è stata ufficialmente lanciata. Nel corso di un intervento a Indianapolis, il presidente degli Stati Uniti ha finalmente tirato giù il velo da uno dei cavalli di battaglia della sua campagna elettorale (l'altro era l'abolizione dell'Obamacare). "Taglieremo enormemente le tasse per la classe media" - ha tuonato il presidente USA. Poi ha aggiunto: "il nuovo sistema sarà più semplice e giusto".

Il contenuto della riforma fiscale


All'apparenza i numeri sembrano effettivamente quelli di un cambio rivoluzionario, dal momento che le tasse sulle aziende (corporate tax) scenderanno dal 35% al 20%. In pratica quasi si dimezzeranno. Per le imposte sulle persone fisiche invece è previsto un calo a 3 scaglioni: 12%, 25%, 35%. Secondo Trump, questo piano dovrebbe riflettersi positivamente soprattutto sulla classe media, "mentre i posti di lavoro - ha aggiunto - cominceranno a riversarsi nel nostro Paese e le aziende cominceranno a competere per il lavoro americano e gli stipendi continueranno a crescere".

L'annuncio del piano USA ha dato slancio al mercato, come possiamo vedere sulla piattaforma +500 (vedi qui la guida su apertura conto Plus500 registrazione). Il piano fiscale ha messo le ali a Wall Street ha ieri chiuso in rialzo, con tutti i principali indici che hanno terminato in positivo. Forti anche le Borse europee: Milano sale dello 0,05%, Francoforte dello 0,13%, Parigi cresce dello 0,04%. Meno brillante Londra, in calo frazionale.

Consiglio: se cercate un buon operatore per fare trading online, operate sempre un confronto spread broker più bassi così da individuare quello che pratica le condizioni migliori.

Il calo del velo sulla riforma fiscale ha dato slancio anche al dollaro, che ha ripreso forza nel Forex. Il cambio euro/dollaro è scivolato ai minimi da un mese a 1,174, mentre sono schizzati in alto i rendimenti dei bond Usa.

martedì 26 settembre 2017

Tassa ai colossi del Web, i big Ue chiedono ufficialmente la stangata

A tre giorni dal vertice che si svolgerà a Tallin (Estonia) sull'economia digitale, i big della UE accelerano sulla questione della Web Tax, ovvero l'ipotesi di prevedere un sistema di imposizione fiscale ad hoc per i colossi di internet. Italia, Francia, Germania e Spagna hanno firmato un documento congiunto che è stato portato all'attenzione di tutti i paesi. "L'economia digitale cambia profondamente" il modo di fare business", si legge nel documento, e di conseguenza cambia anche "il modo in cui deve essere tassato". Per questa ragione viene ufficialmente chiesto di rivedere in modo profondo il modo in cui funziona l'attuale sistema di tassazione. Lo scopo è assicurare un fisco efficiente, equo e trasparente.

La questione tasse

Allo stato attuale delle cose, secondo i paesi promotori un sistema di tassazione così iniquo finisce per alterare la concorrenza. L'attuale sistema va quindi modificato, perché le aziende digitali rendono obsoleto il vecchio sistema di tassazione basato sullo "stabilimento permanente" delle imprese, giacché il business digitale ha una ridotta presenza materiale, e quindi le imprese possono generare profitti dove hanno scarsa o nessuna presenza fisica, ma pagare le tasse dove gli è più comodo.

La questione ha già scatenato dibattiti da qualche tempo, da quando cioè i 4 Paesi chiesero di passare da una tassazione sugli utili ad una sul fatturato delle imprese digitali. Adesso il discorso viene allargato anche all'IVA. Secondo i quattro governi serve che "lo stesso contenuto, bene o servizio sia soggetto a Iva nello Stato di consumo, senza pensare alla sua natura fisica o digitale, di modo che i nuovi modelli di business siano tassati efficacemente".

Secondo i quattro paesi promotori, occorre definire un approccio comune in seno alla UE in modo da definire un'azione per una soluzione globale. il documento si chiude con una esplicita richiesta "al Consiglio di discutere e decidere in fretta le misure necessarie per affrontare le sfide della tassazione digitale, mentre sosteniamo il progresso tecnologico".

domenica 24 settembre 2017

Criptovalute nel mirino, ma ai trader continuano a piacere

Piacciano o meno, le criptovalute continuano ad essere degli asset sempre più apprezzati dai trader. Un po' per il fattore novità, molto di più perché i guadagni che hanno messo assieme negli ultimi mesi sono stati esorbitanti. Insomma, la grande maggioranza dei trader non sembra dare peso alle parole di Jamie Dimon - ceo di JPMorgan - che senza mezzi termini ha bollato come "frode" la valuta digitale (e tutte quelle venute dopo).

Di sicuro su una cosa ha ragione: il trading sulle criptovalute non è assimilabile in niente al trading normale. Stiamo parlando di strumenti ad altissimo rischio, le cui oscillazioni non sono influenzate da reali fattori economici sottostanti, come accade invece per le normali valute. In pratica, anche se scegliete di fare investimenti con la migliore piattaforma opzioni binarie, non pensate che questo vi faciliterà il compito.

Fari accesi sulle criptovalute


Dopo lo stop di Pechino agli scambi per i cinesi, le quotazioni sono crollate perché il mercato si è innervosito parecchio. Le quotazioni sono scivolate da 5mila dollari fino a 3mila nel giro di un paio di settimane appena. Nel frattempo però Bank of America Merrill Lynch ha condotto un sondaggio tra i maggiori fund manager globali, dal quale emerge che Bitcoin è il trade più hot del momento. Più di Nasdaq e dollaro.

Ribadiamo con forza un concetto: l'altissima volatilità che caratterizza questi mercati, corrisponde anche ad un altissimo rischio, tanto più che bitcoin non offre alcuna garanzia e potrebbe in teoria valere zero. Ecco perché se spulciamo l'elenco migliori forex broker online, non tutti lo propongono (ma quasi).

Nel frattempo i fratelli Winklevoss, quelli che fecero causa a Mark Zuckerberg per rivendicare l’idea di Facebook, continuano a tentare inutilmente di ottenere dalla SEC il via libera per un Etf su bitcoin.

venerdì 22 settembre 2017

Lavoro, ipotesi aliquota raddoppiata per chi assume a tempo determinato

Il governo potrebbe varare una nuova norma per incentivare le assunzioni a tempo indeterminato a scapito di quelle a termine. Il modo con cui potrebbe farlo è aumentando l'attuale aliquota Naspi, ovvero quella aliquota contributiva aggiuntiva (1,4%) che è destinata alla Nuova assicurazione sociale per l'impiego. C'è chi propone di raddoppiarla. Così in teoria si verrebbe scoraggiati a fare assunzioni a termine, e di conseguenza aumenterebbe il numero di rapporti stabili.

Gli ultimi dati sul lavoro


Ricordiamo che secondo gli ultimi report sul lavoro dell’Osservatorio sul precariato, si registra per le assunzioni a tempo indeterminato (periodo gennaio-luglio 2017) una riduzione del 4,6%. Nello stesso periodo sono invece aumentate del 25,9% (+501mila, inclusi i contratti stagionali). Il lavoro quindi c'è, ma si preferisce puntare su quello a termine. Come ha sottolineato l'Inps siamo in un momento in cui la quota delle assunzioni stabili non fa che diminuire, a fronte di una crescita netta di quelle a termine. Per questo motivo la scelta di rendere i contratti a termine più "cari" potrebbe funzionare.

La misura potrebbe trovare spazio nella prossima manovra finanziaria, che il 4 ottobre inizierà il suo iter in Parlamento, con eventuali modifiche entro il 31 dicembre. Nella manovra il punto cruciale, assieme a quello degli incentivi per le aziende che assumono con il taglio del cuneo fiscale, l'altra priorità sarà proprio quella di portare i contratti sempre più a tempo indeterminato.

Tuttavia al momento non sono state prese delle decisioni in merito a questa nuova proposta per incentivare le assunzioni a tempo indeterminato. A spingere in questa direzioni sono anche i sindacati, che si stanno confrontando con il Governo sia sui temi della previdenza che del lavoro.

martedì 19 settembre 2017

Mercati azionari, ecco l'effetto della forza dell'euro

Il grande protagonista dell'estate sui mercati finanziari è stato senza dubbio l'euro. Il cambio con il dollaro ha raggiunto livelli difficilmente immaginabili a inizio anno, e questo oltre a mettere in difficoltà la BCE riguardo la politica monetaria, potrebbe avere conseguenze importanti anche sui mercati azionari.

Anzitutto è chiaro che un euro così forte inciderà sulle stime degli utili, spingendole al ribasso. Questo potrebbe compromettere una ulteriore crescita sui mercati azionari. Ad agosto gli investitori hanno mostrato un certo calo della propensione al rischio, come testimoniato dalla crescita del valore dell'oro che abbiamo visto su Plus500 (qui trovi una guida su come usare Plus500). Analoga prova è il calo dei tassi a lungo termine, anche se il fattore cruciale è stato proprio l’apprezzamento dell'euro sulle altre valute.

Normalizzazione monetaria e mercati azionari


Questo ha inceppato il programma di normalizzazione da parte della BCE, lasciando così nell'incertezza i trader. E' probabile che la riduzione dei programmi di politica monetaria procederà con un passo molto più lento di quello immaginato. Fermo restando che la necessità del rialzo dei tassi si avverte un po' dovunque, visto l’andamento crescente dell’economia mondiale. Non a caso i migliori segnali forex in tempo reale sicuri giustificano proprio così le loro previsioni. Alla fine anche i titoli beneficeranno di questa manovra restrittiva, bisogna solo capire quando.

Occhio, sotto questo punto di vista, a ciò che diranno nei prossimi giorni il presidente della Bce, Mario Draghi, e anche la numero uno della FEd Janet Yellen.

domenica 17 settembre 2017

Imposta ai giganti del Web, manca l'assenso dei paesi "a fiscalità leggera"

La Web tax si avvia sempre di più alla concretizzazione. L'imposta specifica a carico dei giganti del web è un'idea che trova largo consenso nella UE, ma non era difficile immaginarlo. Sembra che la maggioranza di Paesi a favore sia quasi per essere raggiunta, se non lo è stata già. A favore di un ritocco alle aliquote di colossi come Google, Amazon, Facebook ci sono già Italia, Germania, Francia e Spagna, mentre Austria, Bulgaria, Grecia, Slovenia e Lettonia hanno già annunciato il loro appoggio. Contrari all'ipotesi sono Olanda, Irlanda e Lussemburgo, paesi che strizzano l'occhietto ai giganti del web con le loro imposte più basse ad hoc. La cosa verrà comunque discussa a Tallin in occasione del prossimo Consiglio Europeo, il 29 settembre.

Come cambierebbe l'imposta


In base a questa nuova imposta, le grandi imprese che operano su internet non verrebbero più tassate in base ai redditi generati, bensì in base la loro fatturato. Questa rivoluzione impedirebbe a chi opera nel mondo "virtuale" di ricorrere a un espediente che finora ha funzionato: stabilire la sede in paesi con fiscalità leggera, e operare da lì in tutto il mondo.

Sapete quanto paga ad esempio Google? Tra il 6-9% di tasse a livello planetario. Rispetto al suo fatturato, in Europa le imposte oscillano tra lo 0,36-0,82% del fatturato. Fa anche "peggio" Facebook, i cui ricavi finiscono appena per lo 0,10% nelle casse del Vecchio Continente.


Con il nuovo meccanismo invece non si potrebbe più sfuggire alle maglie del fisco.  Ma c'è anche chi come l'Estonia propone un altro schema di imposizione fiscale ai "big" di Internet, basandosi sul numero di clienti che hanno in ogni Paese.

Arrivare a fine percorso però sarà durissimo. Infatti  una proposta di tipo fiscale richiede l'unanimità per l'approvazione. A remare contro - come detto - ci sono i "paradisi fiscali" del digitale: Lussemburgo, Olanda, Cipro, Malta e Irlanda.

venerdì 15 settembre 2017

Sterlina sempre più forte dopo la riunione della BoE

Sta vivendo un grande momento la sterlina, spinta dai dati macro positivi (soprattutto quello sull'inflazione) e dall'atteggiamento molto più hawkish della Banca d'Inghilterra, che potrebbe ridurre l'acquisto di titoli (quantitative easing) e/o alzare i tassi d'interesse per contrastare l'inflazione e comprimere il rialzo dei prezzi che pesa sui consumi delle famiglie. La valuta britannica ha toccato valori record sul dollaro e ha ripreso terreno anche nei confronti dell'euro.

sterlinaPartiamo però dai dati che hanno propiziato i balzi in avanti. L'inflazione ha mostrato una crescita più accentuata del previsto il mese scorso. Il dato reso noto dall'ufficio di statistica infatti rileva una crescita dei prezzi al consumo al 2,9%, quindi ben oltre il target fissato dall'istituto centrale britannico. Inoltre il livello ha superato le previsioni degli analisti. Questo ha fatto ipotizzare una possibile stretta monetaria da parte della Bank of England. L'istituto centrale ha confermato per adesso i tassi, ma ha fatto intendere che i tempi stano maturando per la svolta.

La spinta alla sterlina

L'effetto congiunto di questi due fattori ha spinto la sterlina. Su uno qualunque dei migliori broker forex recensioni abbiamo visto la valuta britannica toccare i massimi di un anno sul dollaro a quota 1,3273, il livello più alto da metà settembre 2016. questo perché i trader si aspettano che la Banca d’Inghilterra alzerà i tassi di interesse nella prossima riunione di politica monetaria. Peraltro la crescita sul dollaro sta proseguendo anche oggi, visto che la valuta di Londra guadagna sul dollaro statunitense. Il mercato sta prezzando al 50% un aumento dei tassi da parte della Banca d'Inghilterra già a novembre.

Riguardo il rapporto con l'euro, la sterlina ha guadagnato lo 0,83% (Recupera inoltre un altro 1,50% sullo yen giapponese e lo 0,81% sul franco svizzero) con il supertrend che ha invertito il suo percorso (vedi come usare supertrend strategia e parametri). La coppia EUR/GBP ha rotto nettamente in ribasso dal livello delle 0,90, e dal punto di vista tecnico adesso rileviamo il prossimo supporto maggiore nella regione delle 0,88 mentre.

mercoledì 13 settembre 2017

Financial Times boccia Milano: non può essere l'erede di Londra


Milano non potrà occupare il posto di rilievo nel mondo della finanza che Londra lascerà vacante dopo la Brexit. Lo sostiene l'autorevole Financial Times, che ha bocciato il capoluogo lombardo nonostante la sua crescita nel mondo della finanza e degli affari (specie dopo Expo).


Il magazine finanziario prima elogia Milano, dove nuovi grattacieli scintillanti rivaleggiano con le guglie del Duomo, “mentre Roma è in declino sotto l’amministrazione del sindaco populista del Movimento Cinque Stelle” . Poi aggiunge che nel capolougo meneghino hanno sede 2 delle maggiori banche europee, come Intesa Sanpaolo e Unicredit. E infine sottolinea come in città ci siano i quartier generale di Yoox Net-a-Porter e Gucci, ma anche Pirelli sta preparando il ritorno perché la Borsa italiana sta diventando un hub per i consumi di fascia alta. Tutto sembrerebbe quindi sposare la candidatura di Milano ad erede di Londra ma...

Milano bocciata come capitale finanziaria

La bocciatura è dietro l'angolo. Lo sprint di Milano è tardivo, tanto da ritenere inverosimile rivaleggiare contro città già consolidato sotto questo aspetto, come Francoforte e Parigi. E' in uno di questi due posti che finiranno i banchieri del Regno Unito nel dopo Brexit. Milano non sarà mai considerata una “top destination” a causa della instabilità politica che viene ancora ritenuta elevata, ma anche dell'alto costo del capitale in Italia. Insomma le colpe non sarebbero tutte di Milano, ma proprio del sistema paese che non funziona.

Gli osservatori internazionali non possono essere attratti guardando la realtà del lavoro in Italia. I dati dicono che nel 2016 siamo al 44° posto su 190 nella classifica “Ease of doing business” della Banca Mondiale. Inoltre siamo al 60esima posizione, tra Cuba e l’Arabia Saudita, nell’indice della corruzione percepita. Riguardo l'aspetto finanziario, secondo il Global financial centres index (Gfci) la città di Milano è solo in 54esima posizione, ben distante da Francoforte (11°) e Parigi (26°) mentre Londra è prima seguita da New York, Hong Kong e Singapore.
Il messaggio del Financial Times è chiaro: senza riforme strutturali e culturali, non ci potrà mai essere un grande appeal verso l'Italia per il business internazionale.

lunedì 11 settembre 2017

Catalexit nuovo incubo per l'euro. Potrebbe fare più danni della Brexit

Dal punto di vista economico, qualora dovesse concretizzarsi la separazione della Catalogna dalla Spagna si potrebbero avere effetti più gravi della Brexit. E' questo il pensiero di molti analisti, sulla scia della frattura sempre più forte tra il governo locale di Barcellona e quello centrale di Madrid. In proporzione nel lungo termine il costo economico della Catalexit sarebbe imprevedibile. Ricordiamo che nei giorni scorsi la Corte costituzionale spagnola ha sospeso il decreto di convocazione del referendum sull'indipendenza da Madrid, ma per tutta risposta il parlamento catalano ha approvato la legge che sancisce il distacco dalla Spagna in caso di vittoria dei sì. La consultazione referendaria è in programma il primo ottobre.

Le ripercussioni di una Catalexit

catalexitChiaramente tutto questo potrebbe avere delle grosse ripercussioni sull'euro. La valuta unica si è rafforzata subito dopo le elezioni in Olanda e Francia, ma adesso si trova di fronte a un nuovo imprevisto problema. Che peraltro è destinato ad accentuarsi in caso di successo delle forze indipendentiste, perché finirebbe per alimentare nuovi timori sulla stabilità di Eurolandia. Insomma in prossimità del referendum, sarà meglio andarci cauti sui mercati valutari e magari sfruttare le piattaforme trading bonus senza deposito così da minimizzare i rischi.

La notizia positiva è che secondo i sondaggi, rispetto a qualche anno fa il consenso indipendentista pare essere sceso. Ai tempi del referendum scozzese (2014) era sul 50%, mentre oggi sono crollate sotto il 35%. Tuttavia bisogna andarci con i piedi di piombo. Del resto anche poco prima della Brexit si riteneva il fronte europeista in chiaro vantaggio, e invece... In ogni caso, anche qualora il referendum dovesse passare, rimarrebbe l’ostacolo della Corte Costituzionale che ha sempre bocciato i tentativi della Catalogna di proclamarsi indipendente.

Nel frattempo l'euro continua la sua marcia. Sulla piattaforma BDSwiss abbiamo visto la valuta unica superare 1,20 contro il dollaro e salire ai massimi dal 2015 (qui trovate spiegato BDswiss come funziona). A dargli la spinta ci hanno pensato le parole di Draghi al termine dell'ultimo meeting BCE. Il presidente dell'organo di politica monetaria di Eurolandia non è riuscito infatti a ridimensionare le aspettative del mercato circa un ridimensionamento dello stimolo monetario della Bce dal 2018.

venerdì 8 settembre 2017

Commodities, crollano i profitti per le grandi banche

Le grandi banche fanno flop nel trading sulle materie prime. Lo dicono i numeri registrati da Coalition Development, società di ricerca che dal 2006 monitora questo tipo di attività. Nella prima parte del 2017 i profitti ricavati dalle operazioni sulle commodities sono infatti crollati a 1,3 miliardi di dollari, valori che non si vedevano da un decennio. Per le 12 banche maggiori tra Europa e USA, si è trattato di una riduzione del 41% rispetto allo scorso anno.

I numeri del mercato delle commodities


Tra le banche coinvolte, i vertici di Coalition Development hanno parlato di un istituto che balza all’occhio per le perdite subite, che sarebbero state estremamente significative. Il nome non viene fatto. Le banche analizzate da Coalition sono Goldman Sachs, BofA Merrill Lynch, Barclays, Bnp Paribas, Citigroup, Credit Suisse, Deutsche Bank, Hsbc, JPMorgan, Morgan Stanley, Societe Generale e Ubs.

Chi invece è uscito allo scoperto, avendo dichiaratamente ammesso di aver sbagliato tutto o quasi è Goldman Sachs. Malgrado non siano stati resi noti i numeri del flop, c'è l'ammissione di aver vissuto "tra marzo e giugno il peggior trimestre degli ultimi 2 decenni nel settore delle commodities". Il calo degli utili è stato del 40% durante questo periodo. Tuttavia è escluso che la banca d'affare ridurrà la propria esposizione del settore, visto che è tuttora un colosso delle materie prime e ha promesso che continuerà ad esserlo.

Tradizionalmente uno dei più grandi commercianti di commodities su Wall Street, Goldman si è distinto negli ultimi anni per il trading in questo settore, mentre i concorrenti tra cui JPMorgan, Morgan Stanley e altri di stampo europeo come Deutsche Bank AG e Barclays Plc hanno ridimensionato il loro coinvolgimento.
Alla base del drastico calo dei profitti c'è il ritiro di molti istituti, che sono scappati via dalle normative sempre più severe. Inoltre non va trascurato l'impatto delle condizioni di mercato sfavorevoli durante i primi mesi del 2017, ad esempio la debolezza del settore dell’energia (specialmente gas naturale). L'indice Bloomberg Commodity Index, che misura il rendimento derivante dagli investimenti in 22 materie prime, è sceso del 2% quest'anno.

mercoledì 6 settembre 2017

Mercati finanziari, torna la tensione per la questione Coreana

La Festa del Lavoro (e dei mercati) negli USA viene guastata nuovamente dalla Corea del Nord. Avrebbe dovuto essere un giorno tranquillo sui mercati finanziari, dal momento che il gigante americano era a riposo. Poche operazioni, la migliore piattaforma opzioni binarie chiusa almeno per una volta di lunedì, e tanto studio da dedicare per le operazioni da fare nei giorni seguenti. Ma i progetti di semi-relax sono andati in fumo per colpa di Pyongyang e della sua minaccia nucleare, che in breve tempo ha avvolto banchieri, trader e analisti riaccendendo la tensione.

Dollaro giù per le tensioni sui mercati finanziari

Dal momento che Wall Street era chiusa, lo sfogo degli investitori si è abbattuto sui mercati europei e sui beni rifugio, come oro yen e franco svizzero. L'oro è schizzato verso l'alto arrivando al prezzo più alto da quasi un anno. Ma anche franco svizzero e yen giapponese sono andati in rally sul dollaro. Dal canto loro le Borse europee hanno vissuto una giornata cupa.

Si sa che gli investitori odiano l’incertezza, anche se negli ultimi anni i mercati hanno saputo sopravvivere a fortissimi choc (basti pensare alla Brexit e all’inattesa elezione di Trump, nonché a numerosi attacchi terroristici). Però è chiaro che la minaccia Coreana si fa sempre più concreta, e per questo oggi il mondo della finanza guarderà alla reazione di Wall Street alla minaccia geopolitica.

Nel frattempo l'Euro viaggia sui massimi contro dollaro da venerdì: EUR/USD a 1,1950 circa. Peraltro i migliori segnali operativi Forex gratuiti puntano tutti sull'ulteriore apprezzamento della valuta unica sul biglietto verde.
Va peraltro ricordato che appena ieri Lael Brainard, membro del board del Fomc, ha dichiarato che la banca centrale statunitense dovrebbe essere cauta riguardo al tema del costo del denaro, considerando la difficoltà a raggiungere l’obiettivo di inflazione del 2%.

lunedì 4 settembre 2017

Mercato dell'auto, si punta sempre di più sull'elettrico

Il futuro dell'automobile è nella trazione a elettricità. Secondo gli ultimi dati il mercato dell'auto elettrica sta infatti vivendo una fase di rapidissima e impetuosa espansione, che l'ha portato a raddoppiare il numero di veicoli prodotti anno dopo anno negli ultimi dieci anni. Dal 2005 al 2016 infatti le auto elettriche messe in circolazione sono cresciute ad un tasso medio annuo del 94%. Ad oggi sono state superate le 2 milioni di vetture prodotte, e c'è stata un a crescita del 72% in termini di nuove immatricolazioni.

I numeri sono lusinghieri, anche se il confronto con le tradizionali auto a combustibile rimane ancora impietoso. L'incidenza relativa sul totale dei mezzi è infatti ancora allo 0,24%. In pratica su ogni 1000 veicoli circolanti, soltanto 2 sono a trazione elettrica. Appena l'1,1% delle nuove immatricolazioni si riferisce ad auto elettriche. Ma il futuro è loro. La stima ufficiale è che entro il 2040 le auto elettriche arriveranno ad essere il 40% di quelle vendute.

La corsa al mercato dell'auto elettrica


La spinta sta già arrivando dai produttori, che si sono tuffati con maggiore interesse in questo mercato. La Cina ha già 649 mila autoveicoli elettrici circolanti al 2016, e sta attirando sempre più i marchi occidentali. La palma della circolazione green spetta alla Norvegia, dove sul totale circolante del parco veicoli addirittura 5 su 100 sono elettrici. In Italia il numero di vicoli elettrici è in crescita ed ha raggiunto quota 9.820 autoveicoli circolanti nel 2016 (+60% rispetto all'anno precedente).

L'interesse verso questo tipo di mobilità in Italia ha spinto Enel (in accordo con The European House – Ambrosetti) a sviluppare un sistema di monitoraggio del territorio italiano (Indice del Trasporto Elettrico - ITE). I risultati sono stati presentati al recente forum di Cernobbio, ed hanno evidenziato che i più sensibili al tema sono i toscani. La loro regione infatti è prima in classifica con un punteggio pari a 6,5 su un valore massimo di 10 (seguita da Lombardia ed Emilia Romagna). Non sorprende allora che il capoluogo toscano Firenze sia prima nel ranking metropolitano (punteggio di 8,1), seguita da Milano (6,4 punti) e Roma (6 punti). Il Sud è messo male.

Occhio alle importanti implicazioni sul fronte occupazionale. I numeri dimostrano infatti che fatturato e lavoro messi in evidenza dal processo di elettrificazione dei sistemi di trasporto possa diventare un'importante opportunità industriale e di modernizzazione per il nostro Paese. Infatti si stima che entro il 2030 potrebbero essere totalizzati ricavi superiori ai 300 miliardi.

sabato 2 settembre 2017

BCE, euro troppo forte per dire addio al Quantitative Easing

Il mercato valutario regala spesso delle situazioni contraddittorie. Quello che era difficile aspettarsi è che riguardasse la coppia di valute più importante al mondo, ovvero euro e dollaro. La divisa unica ha macinato terreno contro il biglietto verde (e non solo), il che a ben guardare sembra andare contro ogni logica. Eppure è così.

Europa e USA, Fed e BCE


In Europa non stiamo vivendo una fase economica brillante. Non al punto di avere un euro che arriva fino a 1,20 contro il biglietto verde. La BCE è impegnata in una politica di tassi zero e fa ricorso al Quantitative Easing da due anni abbondanti, peraltro senza che nessuno sappia quando finirà. La ripresa c'è, ma è abbastanza tiepida e ogni tanto rallenta. Motivi che dovrebbero spingere gli operatori ad una certa prudenza nei confronti dell'euro. E invece la moneta unica vola. Basta aprire un conto demo forex illimitato gratis per vedere l'andamento storico della valuta unica. Dall'inizio del 2017 ha cominciato un percorso imperioso contro il dollaro. E' passata da 1,05 a 1,20.

L'assurdo diventa ancora di più assurdo se guardiamo agli USA. La banca centrale sta progressivamente alzando i tassi d'interesse, il che dovrebbe rendere il dollaro più appetibile. La ripresa sia pure con delle pause va avanti da tempo (nell'ultimo trimestre ha toccato il 3%). Eppure il dollaro sta subendo una caduta da record. Al punto tale che molti esperti ritengono che sarà inevitabile un rimbalzo della moneta nel Forex. Un'occasione che stanno aspettando molti trader, perché se il dollaro comincia a risalire si può fare scalping opzioni binarie e ottenere buoni profitti.

Gli speculatori danneggiano la BCE


Ma come si spiega il paradosso attuale? La colpa è della BCE. Ormai sono mesi che ci si attende da Mario Draghi l'annuncio della fine del Quantitative easing e della politica di finanza facile. Attese finora vane. Tra un rinvio e l'altro si è arrivati a settembre, e settimana prossima gli operatori sembrano essere già rassegnati che la scadenza slitterà ancora a ottobre. Se non a dicembre (come sostengono gli analisti di Barclays).

La causa dello slittamento ulteriore è che la stessa ansia degli speculatori ha spinto troppo oltre l'euro, facendolo apprezzare oltremisura. Questo ha messo i bastoni tra le ruote alla BCE, che si trova di fronte al rischio sempre più concreto che la combinazione euro forte+petrolio debole finisca per zavorrare la già debole inflazione. Il 2% resta il target della politica monetaria, ma sembra sempre più lontano. Colpa dell'euro: se non si fosse apprezzato del 14% sul dollaro, in questi mesi, adesso i prezzi al consumo sarebbe a ridosso dell'1,8-2 per cento. E Draghi potrebbe dichiarare vittoria. Ma così non è.