Per una prima fase le aziende produttrici assorbiranno il costo facendosene carico, ma poi quasi sicuramente finiranno per scaricarlo sul consumatore finale in tutto o in parte. Se questo dovesse accadere, il maggior carico fiscale si potrebbe trasformare in aumenti per i fumatori in media fino a 10 centesimi a pacchetto. L'aumento delle accise sui tabacchi dovranno garantire all’Erario maggiori entrate per 83 milioni di euro nel 2017 e per 125 milioni a decorrere dal 2018.
Le aziende contro il rialzo delle imposte
Gli aumenti hanno contrariato soprattutto i produttori delle sigarette di fascia bassa, ovvero quelle che sono vendute al pubblico a prezzi moderati (sui 4 euro a pacchetto). E molti hanno tirato in ballo il settore delle sigarette elettroniche, la cui tassazione resta quasi inapplicata e ha prodotto un gettito di appena 5 milioni rispetto agli 87 attesi. Perché non riscrivere prima quel settore e poi andare a colpire le bionde tradizionali?
C'è un altro aspetto che va tenuto presente. Alcuni marchi come il gigante mondiale Imperial, da poco hanno incrementato gli acquisti di tabacco italiano prodotto tra Umbria, Veneto e Campania. L'aumento delle imposte potrebbe spingere alcuni a fare marcia indietro, valutando la possibilità di abbandonare il mercato italiano per rifornirsi altrove di materia prima.
Di recente Valerio Forconi, responsabile delle relazioni istituzionali per il Sud Europa di Imperial Tobacco, ha fatto una considerazione: "L'inasprimento ci spingerà a riconsiderare molti aspetti sull'Italia. Già fino ad oggi la componente tributaria incideva per circa il 76%" sul costo finale di una sigaretta. Vale a dire che in un pacchetto che viene venduto a 5 euro, 3,8 finiscono tra Stato e tabaccai".
Nessun commento:
Posta un commento