venerdì 14 giugno 2019

Petrolio, impennata dei prezzi a causa della crescente tensione USA-Iran

La tensione USA-Iran nel Golfo dell'Oman scuote il mercato del petrolio, provocando una rapida impennata dei prezzi di Brent e WTI.

Lo scontro nel cuore del petrolio

Washington e Teheran si sono reciprocamente accusate di essere responsabili dell'attacco alle due petroliere (una giapponese e una norvegese) nella zona del Golfo dell'Oman, tra l’Iran e lo stretto di Hormuz. Si tratta di una zona normalmente considerata più sicura, ma al tempo stesso importantissima visto che da lì transita circa un quinto del consumo globale di petrolio. Si tratta del secondo attacco a cargo petroliferi nel giro di un mese nel Medio Oriente.

Il segretario di stato Usa Mike Pompeo aveva subito puntato il dito contro l'Iran, accusandolo di voler aumentare le tensioni e creare sempre più instabilità nella regione. Dal canto suo l'Iran ha negato qualsiasi coinvolgimento, accusando gli Stati Uniti di aver ordito una "campagna iranofoba". Queste nuove tensioni in Medio Oriente si sono intensificate da quando Donald Trump ha ritirato gli Usa dall’accordo sul nucleare con l’Iran, ripristinando le sanzioni contro Tehran.
Approfondimenti: è interessante osservare l'andamento delle quotazioni del petrolio tramite il ventaglio di Gann (fan).

Il mercato spinge il petrolio

La reazione del mercato petrolifero è stat immediata. Su markerts abbiamo visto il prezzo del WTI salire a 52,50 circa, mentre il Brent è arrivato verso i 62 dollari al barile dopo aver toccato anche i 62,6 (qui c'è la guida markets.com cos'è come funziona).

A sostenere la quotazione dell'oro nero c'è anche l’eventualità che i paesi Opec siano prossimi a un accordo per protrarre i tagli alla produzione di greggio (i tagli avrebbero dovuto portare a un equilibrio tra domanda e offerta nel 2017, ma siamo nel 2019 e l’obiettivo non è ancora stato raggiunto). Appena il giorno prima il petrolio aveva segnato i minimi da 5 mesi, dopo l’inatteso aumento delle scorte settimanali statunitensi e le previsioni deboli sul versante della domanda mondiale.

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