domenica 17 febbraio 2019

Investimenti pubblici e privati, in Italia sono calati del 23% in dieci anni

Il crollo degli investimenti pubblici e privati nel nostro paese ha toccato cifre da allarme rosso. Nel decennio che va dal 2007 al 2017, il calo è stato del 23%. Il dato - già di per sé pesante - fa ancora più riflettere se pensiamo che il resto d'Europa ha avuto una diminuzione di appena 4,6%. Cinque volte meno che da noi.

Il crollo degli investimenti

A rivelare questi dati sono i recenti report di Eurostat e Istat. Ad agosto invece l'OSCE aveva parlato di 8,1 miliardi di investimenti pianificati in Italia e successivamente cancellati (ai quali potrebbero adesso aggiungersi quelli della TAV Torino-Lione). Negli ultimi anni la marcia col freno a mano dell'Italia si contrappone a quella impetuosa di altri paesi come Germania, Francia e Regno Unito. Dal 2015 loro hanno iniziato a recuperare gli investimenti in grandi opere persi con la crisi. E lo hanno fatto al doppio (e oltre) della velocità rispetto all’Italia, cioè spendendo tra pubblico e privato poco sopra e poco sotto i 10 miliardi di euro l’anno.

Confindustria ha evidenziato come nel nostro paese ci siano ben 27 grandi opere bloccate, con una ricaduta sull’economia di 86 miliardi (e circa 400 mila posti di lavoro). In dieci anni gli investimenti nel solo settore pubblico sono scesi dal 3% all’1,9% del Pil. I consumi delle famiglie e il loro reddito disponibile sono inferiori rispettivamente dell’1,9% e dell’8,8% rispetto a dieci anni fa.

Come uscire dal tunnel

Senza investimenti, è difficile far ripartire una economia. Non è casuale, visti tali numeri, che l’Italia non ha ancora recuperato la perdita di Pil provocata dalla grande crisi globale del 2008. E’ ancora di circa il 4% sotto il livello pre-crisi. Molti altri paesi invece sono già usciti dal tunnel. Occorre quindi mettere in campo azioni anticicliche di sostegno agli investimenti, all’innovazione e al lavoro. Serve quanto prima rimettere in moto tutti i cantieri e gli investimenti, anche privati, già decisi e finanziati, perché limitarsi a sostenere i consumi non basta a rimettere in moto un’economia in recessione. E la nostra ci è ufficialmente entrata poche settimane fa.

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