I dazi di Trump
Ad essere colpiti infatti saranno per lo più prodotti hi-tech che fanno parte del piano strategico "Made in China 2025". Questo piano mira a dare a Pechino un ruolo di primo piano nel panorama tecnologico mondiale. A Trump non è mai piaciuto il fatto che per consentire alle aziende americane di operare nel mercato cinese, si dovvese trasferire la loro tecnologia a partner locali. Per questo ha voluto fortemente le sanzioni, pari al 25% del valore. I primi dazi americani dovrebbero essere operativi a breve, entro questa estate. Tutto il resto dei prodotti invece verrà colpito gradualmente.Appena un paio di giorni fa, Trump aveva dichiarato che la Cina non sarebbe stata affatto contenta delle prossime mosse di Washington sul commercio. Eppure c'è stato un breve momento nelle settimane scorse, in cui sembrava poter tornare la speranza di un confronto diplomatico tra le due potenze. Era stato anche ipotizzato un congelamento delle procedure sui dazi durante le trattative. Questa mossa americana invece dà il via a una drammatica escalation del conflitto commerciale, e rischia di avviare una serie di conseguenze su scala globale. Secondo gli analisti, c'è il rischio concreto che tutto ciò possa innescare una recessione.
Le reazioni alla guerra dei dazi
Se da un lato la Cina ha minacciato di rispondere con durissime tariffe, Trump ha promesso a sua volta di essere pronto ad alzare ulteriormente la posta imponendo dazi su altri cento miliardi di beni cinesi. Oltre a questo, minaccia di dare il via a restrizioni sugli investimenti di Pechino negli Stati Uniti.Non meno tenero è stato nei confronti di altri partner e alleati. Di recente Trump ha rotto platealmente con gli alleati del G7 proprio sull’interscambio, li ha minacciati di ulteriori dazi sulle auto di importazione, e ha proseguito negli attacchi contro i paesi europei e quelli del NAFTA. Un uno contro tutti che rischia di non far bene a nessuno, neppure agli USA. Secondo il think tank conservatore Tax Foundation, nel lungo periodo ad essere danneggiati da questa politica saranno proprio gli Stati Uniti, con un calo del Pil e dei salari dello 0,06% (oltre ad un calo dell'occupazione).
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