I timori dei mercati
Circa i nostri conti pubblici, sia pure con alterni punti di vista, nessuno pensa davvero che l'Italia possa finire sottosopra. Del resto i nostri fondamentali economici rimangono solidi, come ha precisato anche il ministro Tria. Non c'è preoccupazione riguardo a una eventuale insolvenza dell’Italia, ipotesi considerata come estremamente remota. La vera paura invece ha un altro nome: ItalExit. E' il rischio che la tensione con Bruxelles possa sfociare in un addio, a spingere verso l'alto lo spread BTp-Bund.A confermare questa percezione sono i Cds (credit default swap), degli speciali derivati con i quali gli operatori finanziari possono gestire "attivamente" il rischio insito nel loro portafogli titoli. In sostanza sono polizze assicurative con cui gli investitori si coprono dal rischio di insolvenza di qualunque azienda o Stato. Inclusa l’Italia. Ebbene, secondo questi CdS la probabilità di insolvenza dell’Italia è soltanto del 13,2%. Quasi il doppio invece è la possibilità che il Paese torni alla lira uscendo dalla UE (23%).
Beninteso, si parla comunque di probabilità non elevate. Ma che comunque danno la percezione di quello che i mercati pensano sull'Italia al momento. E fanno anche capire perché gli investitori hanno avuto una scossa quando il leghista Claudio Borghi, presidente della commissione Bilancio, se n’è uscito qualche giorno fa dicendo che «con una sua moneta l’Italia avrebbe risolto tutti i problemi». Va però anche ricordato che la maggioranza del quattro marzo 2018 non ha il mandato per attuare una Italexit né esplicita né strisciante.
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