Gli effetti della crisi pandemica continuano ad essere forti e ben visibili nel tessuto produttivo italiano. E si avvertono con intensità anche sulle aziende familiari, tanto che circa un quarto di esse rischia di entrare in procedure concorsuali o liquidatorie nel giro di pochi anni.
Aziende familiari e crisi economica
I numeri di questa crisi dicono che l'impatto sul PIL italiano è addirittura il doppio rispetto a quella che ha stravolto l'economia nel 2007-2009. Secondo uno studio di Osservatorio AUB, ciò si traduce in un rischio default per il 25-30% delle aziende familiari. Durante la crisi di una decina di anni fa, il 17,5% delle aziende familiari italiane entrò in procedure concorsuali o liquidatorie. Sarebbe potuta andare anche peggio, se agli inizi del 2020 il quadro complessivo della maggior parte di esse non fosse stato - dal punto di vista patrimoniale, reddituale e finanziario - molto più solido di quello che c'era una dozzina di anni prima.
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Struttura e solidità
Per giungere a queste conclusioni, l’Osservatorio AUB ha monitorato le aziende familiari italiane con fatturato almeno pari a 20 milioni di euro. Si tratta di quasi 18mila imprese, delle quali quasi 12mila sono sotto controllo familiare.
Ebbene, solo il 3,4% di tali aziende aveva una struttura già compromessa a inizio anno. Invece un terzo aveva liquidità superiore all’indebitamento. Un quadro tutt'altro che negativo, che però è stato spazzato via dalla pandemia. Infatti una su tre non aveva una struttura adeguata ad affrontare la crisi pandemica.
Il sostegno delle banche
Va sottolineato che le aziende familiari continuano ad essere l'ossatura del nostro mercato nazionale (ma ciò accade anche in altri mercati, come tedesco e spagnolo). La ripresa economica è quindi fortemente connessa alla ripresa di queste realtà aziendali. Per questo motivo occorre un supporto deciso del sistema bancario. La crisi pandemica ha infatti reso evidente la necessità di avere aziende più patrimonializzate, in grado di accedere a diversi canali di finanziamento.
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