Con la sola eccezione del Nord-Est del paese, l'Italia ha vissuto un drastico calo della propria industria negli ultimi 15 anni. E' quanto emerge da una ricerca condotta dalla CGIA di Mestre.
I numeri sull'industria italiana
L'indagine prende soprattutto in esame il valore aggiunto reale dell'attività industriale, che negli ultimi 15 anni è crollato al al 8,4% (a fronte di un contributo al PIL nazionale pari al 21%). Soltanto la Spagna con un calo dell'8,9 ha registrato un risultato peggiore del nostro. Mentre la Francia è riuscita a dimezzare la discesa, la Germania (che è appena finita in recessione proprio per via dei problemi alla sua industria) addirittura segna un aumento del 16,4.
Le ragioni di questa caduta
È fuor di dubbio che gli ultimi quindici anni siano stati caratterizzati da eventi molto traumatici per l'industria. Nel 2008 scoppiò la grande recessione cui ha fatto seguito quattro anni dopo la crisi dei debiti sovrani; nel 2020 poi lo scoppio della pandemia ha messo il mondo sottosopra e nel 2022 c'è stata l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, che ha dato una nuova scossa all'economia e alle catene di fornitura.
La situazione territoriale
Come abbiamo detto, l'unica area italiana che ha saputo resistere è stata il nord-est. Spicca soprattutto Trieste che tra il 2007 e il 2021 ha avuto una crescita del valore aggiunto superiore al 100%. Notevole anche la performance di Bolzano (+55,1%).
A livello provinciale la più virtuosa si conferma a Milano (con 28,2 miliardi di euro di valore aggiunto nominale nel 2021). Seguono Torino (15,6 miliardi), Brescia (13,5 miliardi), Roma (12,1 miliardi) e Bergamo (11,9 miliardi).
Sul versante opposto invece troviamo le città dove il calo del valore aggiunto è stato più marcato. Con la sola e cessione di Caltanissetta (-39%), la classifica è dominata da province della Sardegna: Nuoro (-50,7%), Cagliari (-36,1%), Oristano (-34,7%) e Sassari (-25,9%).
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