mercoledì 10 febbraio 2021

Manifattura italiana, per uscire dalla crisi Covid occorre spendere bene i fondi europei

Periodicamente vengono aggiornati i numeri dei danni causati dal Covid. Quelli sul PIL ad esempio. Nel 2020 l'Istat ha certificato un crollo dell'8,8%, mentre nel 2021 la ripresa dovrebbe essere del 4,3%, per poi rallentare al 3,7% nel 2022. Sono pesantissimi anche i riflessi sulla manifattura italiana.

La situazione complicata della manifattura italiana

Nel 2020 il Covid ha provocato un crollo di 112,3 miliardi di euro della nostra manifattura. Rispetto all'anno precedente, il calo percentuale è di 12,3%. Con riflessi tanto sui consumi interni che su quelli innescati dalla domanda estera.
Si tratta di numeri pesantissimi, dal momento che l'Italia è il paese leader europeo della piccola impresa manifatturiera. Il settore impiega quasi 2 milioni di lavoratori in circa 370mila imprese. Per rendere l'idea, la Germania non arriva a 1,6 milioni di addetti, mentre in Spagna siamo appena a 820mila e in Francia 762mila.

Forse può interessare: in Italia imprese piccole e medie con gravi problemi di liquidità.

Servono misure di sostegno forti

Per innescare la ripresa della nostra manifattura, bisogna predisporre gli interventi sostenuti dai fondi europei. Avendo in primo luogo molta cura nel trattare quei comparti del made in Italy che hanno subito maggiormente la crisi

Tenuto conto della situazione attuale, la proposta di PNRR con 2 miliardi di euro di stanziamento per il periodo 2021-2026, sembra inadeguata per risollevare la manifattura, su cui si è scaricato il 30% della caduta di valore aggiunto dell’intera economia italiana.

L'errore di identificare il piccolo con l'inefficiente

Peraltro occorre evidenziare che nella proposta del PNRR varata lo scorso gennaio, si parla della grande incidenza delle piccole e medie imprese come un fattore di ostacolo alla crescita italiana. In pratica, proprio la eccessiva presenza di PMI sarebbe un elemento negativo. Tuttavia, Confartigianato ha evidenziato che non è affatto vero. Confrontando il valore aggiunto delle nostre pmi con quelle della Germania e della Francia, il valore aggiunto è cresciuto molto di più (+7,6% per quelle italiane, contro il +4,6% della Germania e il +3,4% della Francia).

Nessun commento:

Posta un commento