E' ormai assodato che il mondo deve cambiare il sistema economico, virando verso un un approccio più sostenibile. Questo non produrrebbe solo effetti importanti sotto il profilo climatico, ma anche benefici in termini di lavoro. Soprattutto nel settore chimico.
La ricerca sulla transizione verde e sul lavoro
A evidenziare questo aspetto è una recente indagine della società di consulenza sullo sviluppo sostenibile Systemiq e dal Center for Global Commons dell'Università di Tokyo.In base a questo studio, il passaggio dell'industria chimica a un sistema tecnologico a basse emissioni di CO2, produrrebbe un aumento enorme di fatturato, circa il raddoppio.
Ma soprattutto innescherebbe una richiesta di forza lavoro aggiuntiva per 29 milioni entro il 2050.
I dati della ricerca
Bisogna considerare che oggi l'industria chimica è la causa del 4% del totale di emissioni globali di gas serra. In sostanza, questo settore inquina come l'intera Russia.
Se la produzione dovesse crescere, come è previsto per i prossimi anni, gli effetti sul clima sarebbero un disastro perché potrebbero spingere verso l'alto la temperatura della Terra fino a 4 gradi centigradi. Più del doppio rispetto agli accordi di Parigi del 2015.
E' evidente che occorre scongiurare questo pericolo, ma per farlo è necessario cambiare la tecnologia produttiva, spingendo sulle pratiche virtuose (riciclaggio, uso mirato dei fertilizzanti, maggiore sfruttamento dell'idrogeno, tecniche sperimentali di cattura e stoccaggio del carbonio).
Servono ingenti investimenti
Tutto ciò comporta un investimento di circa 100 miliardi di dollari all'anno fino al 2050. Non soltanto si tratta di una cifra contenuta, se paragonata al fatturato di questo settore. Ma addirittura col vantaggio che finirà per raddoppiarlo.
E poi, come detto, ci sarebbero effetti molto positivi sul lavoro. Infatti la transizione creerebbe anche circa 11 milioni di nuovi posti nella produzione di prodotti chimici, e altri 18 milioni nelle industrie correlate.
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