mercoledì 28 maggio 2025

Mercati finanziari, agli italiani piacciono sempre di più i "certificates"

Tra i diversi strumenti che consentono di investire nei mercati finanziari ci sono i certificati di investimento, o certificates. Si tratta di strumenti finanziari derivati che replicano l'andamento di un sottostante, come azioni, indici, valute o materie prime. Ciò consente di investire su questi asset senza acquistarli direttamente. Ebbene, in Italia c'è una tendenza crescente (cominciata nel 2022) che ha spinto il mercato italiano dei certificati a raggiungere una nuova impennata all'inizio del 2025.

Qualche numero dai mercati finanziari

Secondo il report fornito da ACEPI, il volume collocato nei mercati finanziari tra gennaio e marzo di quest'anno è stato di 7,03 miliardi di euro. Si tratta di un record assoluto per il primo trimestre. Ma anche considerando tutti i trimestri, siamo al secondo massimo valore mai raggiunto (il record appartiene al quarto trimestre del 2023, quando si sfiorarono gli 8 miliardi).

L'associazione italiana certificati e prodotti di investimento sottolinea che, rispetto all'ultimo trimestre dello scorso anno, c'è stato un incremento del 33%. Su base tendenziale, ossia rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, la crescita è stata del 19%.

Anche il numero di emissioni continua a crescere ed ha raggiunto quota 538 prodotti, segnando una crescita del 13% rispetto al quarto trimestre del 2024. Questi dati confermano l'enorme vitalità del mercato italiano dei certificati, secondo una tendenza che dura ormai da diversi anni.

Le preferenze degli investitori

Sul totale collocato continua ad esserci una preferenza per i certificati a capitale protetto, che sono il 62%. All'interno di questa categoria sono i prodotti Digital a recitare la parte del leone, con una raccolta che in percentuale raggiunge il 66% del collocato. Gli Equity Protection invece arrivano al 34%.

I certificati a capitale condizionatamente protetto invece rappresentano il 35% del totale, in salita rispetto al 31% registrato nell'ultimo trimestre del 2024. In questa categoria la preferenza va agli Express, che sono il 41% del totale, seguiti dai Bonus al 31% e dai Cash Collect al 22%. Più indietro troviamo le Credit Linked Notes al 5%.

Torna l'appetito al rischio

Facendo un paragone tra i prodotti a capitale protetto e quelli a capitale condizionatamente protetto, emerge che sui mercati finanziari la propensione al rischio degli investitori è aumentata, malgrado il clima geopolitico rimanga ancora teso dopo la battaglia commerciale cominciata da Donald Trump. Ad ogni modo il report di ACEPI conferma la forte crescita del mercato italiano dei certificati, tanto in termini di volumi quanto di ampiezza dell'offerta.

lunedì 26 maggio 2025

Investitori, si preannuncia un'altra settimana calda per via dei dazi

Nei prossimi giorni gli investitori si preparano a vivere un'altra settimana turbolenta, dopo le nuove minacce tariffarie da parte del presidente Trump nei confronti dell'Unione Europea (che però già si sono ammorbidite nel weekend). Sarà anche la settimana dei verbali dell'ultima riunione della Fed e di alcuni meeting sparsi per il mondo.

Stati Uniti nel focus degli investitori

Il centro dell'attenzione degli investitori sarà ancora una volta la Casa Bianca. Il Presidente Donald Trump ha riacceso le paure dei mercati finanziari prendendo di mira l'Unione europea e il colosso tecnologico Apple. Ciò ha innescato una brusca marcia indietro dei listini azionari in tutto il mondo sul finire della scorsa settimana.  

Anche il dollaro ha patito questa situazione, con l'indice del biglietto verde che è scivolato sotto quota 99 (per dati aggiornati si vedano i broker opzioni binarie Italia).

I verbali della Federal Reserve

Nei prossimi giorni verranno anche diffuse le minute dell'ultima riunione della Federal Reserve, che potrebbero fornire degli spunti sulle intenzioni della banca centrale riguardo i tassi di interesse. 

Ancora più importante però saranno alcuni dati macroeconomici, primo fra tutti l'indice dei prezzi PCE, la misura dell'inflazione preferita dalla Fed. Si prevede che la spesa dei consumatori si è aumentata dello 0,2% ad aprile, in frenata rispetto a  marzo.

Il calendario in Europa

In Europa l'attenzione dei mercati sarà soprattutto sui dati preliminari relativi all'inflazione, che verranno rilasciati in Francia, Germania, Italia e Spagna. In Germania, l'indicatore del clima dei consumatori GFK dovrebbe migliorare, raggiungendo un massimo di sette mesi.

NB. Se volete diventare investitori sul mercato valutario, occhio alle truffe Forex da parte di operatori che agiscono senza avere alcuna autorizzazione.

Il resto del mondo

Due riunioni di politica monetaria molto interessanti ci saranno in Nuova Zelanda e Corea del Sud. Entrambi gli istituti dovrebbero effettuare un tasso ai tagli di interesse per 25 punti base. 

Nel frattempo l'Australia pubblicherà il dato mensile sull'inflazione, mentre la Cina rilascerà i profitti industriali fino ad aprile, un dato che dovrebbe fornire indicazioni sull'impatto che sta avendo la guerra commerciale da poco cominciata con gli Stati Uniti. Anche le letture del PIL del Q1 da Turchia, India, Brasile e Canada saranno osservate da vicino dagli investitori.

mercoledì 21 maggio 2025

Industria italiana in difficoltà, in un anno la cassa integrazione cresce del 30%

Senza dubbio è un momento complicato per l'economia globale, avvolta da enormi incertezze soprattutto dopo la rielezione di Trump. Anche l'industria italiana sta soffrendo e vive una fase critica.

Cosa succede all'industria italiana

Il nostro sistema imprenditoriale deve affrontare delle sfide, che sono molte e complesse. L'industria italiana da un lato viaggia verso la sostenibilità attraverso l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, dall'altra però questo percorso deve essere sviluppato in mezzo a molte difficoltà strutturali e ai cambiamenti globali dell'economia

Molti settori sono così finiti nell'occhio del ciclone, come dimostra l'aumento del ricorso alla cassa integrazione.

I numeri sulla CIG

In base ai dati diffusi dall'INPS all'inizio di maggio, nel primo trimestre di quest'anno il numero di ore di cassa integrazione che sono state autorizzate è cresciuto del 30% rispetto al primo trimestre dello scorso anno. È un chiaro segnale della crisi dell'industria italiana, con forti ripercussioni sia sulla loro competitività che sul mercato del lavoro. Complessivamente le ore di cassa integrazione autorizzate risultano 61,7 milioni, mentre a marzo dell'anno scorso erano poco meno di 40 milioni. 

Se l'analisi viene fatta sulle ore di cassa integrazione straordinaria (Cigs) l'aumento complessivo e più del doppio, visto che dalle 13,6 milioni di ore autorizzate a marzo 2024 siamo saliti a 29,9 milioni. Poco più della metà riguarda contratti di solidarietà, a evidenziare che una grande fetta dell'industria italiana fa un'enorme fatica a garantire la continuità operativa senza ricorrere al sostegno pubblico.

I settori più colpiti e le conseguenze sul lavoro

L'andamento è disomogeneo a seconda dei settori operativi. Quelli più colpiti dalle difficoltà sono il metalmeccanico, il tessile, l'abbigliamento, il cuoio e le calzature. Si tratta di settori molto coinvolti transizione verso la sostenibilità, e per questo costretti ad adeguare costantemente la loro struttura e organizzazione.

La crisi che attraversa l'industria italiana chiaramente ha delle forti ripercussioni sul mondo del lavoro. L'aumento delle richieste di indennità di disoccupazione, sia pure piccolo, è comunque un segnale di un mercato occupazionale che fa molta fatica a crescere. Al tempo stesso, un altro indicatore delle difficoltà dell'industria italiane è il calo della produttività, soprattutto per via di un gap tecnologico rispetto alla concorrenza degli altri paesi.

giovedì 15 maggio 2025

Economia del Regno Unito in crescita più del previsto, un sollievo per la BoE

Arriva una sorpresa positiva dal fronte macroeconomico: l'economia Britannica cresce più del previsto. Questo significa che la Bank of England avrà meno pressioni in politica monetaria nelle prossime riunioni.

Gli ultimi numeri sull'economia britannica

regno unitoI dati pubblicati dall'ufficio di Statistica Nazionale hanno evidenziato che l'economia britannica è cresciuta del 1,3% su base annua nel primo trimestre di quest'anno. Anche se si tratta di una frenata rispetto all'1,5% registrato nell'ultimo trimestre del 2024, il dato risulta superiore alle aspettative di mercato erano per l'1,2%.

Su base trimestrale la crescita del PIL è stata dello 0,7%. Il dato mensile invece evidenzia una crescita dello 0,2%, in rallentamento rispetto allo 0,5%, ma migliore delle attese che erano per una crescita nulla. Su base annua invece il PIL è aumentato del numero 1,1%.

Cosa significa per la BoE

Il report pubblicato questa mattina evidenzia che l'economia britannica gode di una certa solidità e non c'è preoccupazione di stagnazione economica. Questo è importante soprattutto in ottica di politica monetaria. La Bank of England non avrà fretta nel calibrare la politica monetaria tagliando ulteriormente i tassi di interesse.

Nell'ultima riunione, tenutasi a inizio di questo mese, l'istituto ha effettuato una sforbiciata di 25 punti base, portando il costo del denaro al 4,25%. Il mercato adesso si aspetta un altro taglio nel corso di quest'anno.

NB. Se siete interessati a fare investimenti nel mercato delle valute, attenzione alle truffe Forex da parte di operatori non autorizzati.

Le reazioni del mercato

Dopo il report sul PIL britannico, la sterlina ha guadagnato terreno rispetto al dollaro. Il cambio GBPUSD è salito a 1,329 dollari, ma su questa zona c'è stata forte tensione tra compratori e venditori negli ultimi giorni (per dati più aggiornati si vedano i siti di opzioni binarie broker No ESMA).

Oltre al dato a sorpresa sull'andamento dell'economia, la sterlina ha anche ricevuto una spinta dalla debolezza del dollaro USA, poiché si specula sul fatto che gli Stati Uniti potrebbero spingere per una valuta più debole nei negoziati commerciali.
Intanto il rendimento del Gilt a 10 anni è rimasto attorno al 4,72%, il livello più alto dall'11 aprile.

martedì 13 maggio 2025

Industria siderurgica Europea, un malato grave minacciato anche dai dazi

Già da diverso tempo l'aria che tira attorno all'industria siderurgica Europea non è delle migliori. La forte concorrenza cinese infatti ha creato gravi problemi al settore, che adesso teme il colpo di grazia con la politica tariffaria di Donald Trump. Per questo si guarda con grande speranza ai primi segnali concreti di una de-escalation.

Cosa accade all'industria siderurgica europea

C'è un dato eclatante che evidenzia il grave problema che le guarda l'industria siderurgica Europea. Rispetto al 2008, la produzione nell'Unione Europea è crollata del 30% arrivando al suo livello più basso mai raggiunto. Nel settore sono andati persi quasi 100.000 posti di lavoro (dati Worldsteel).

Negli ultimi dieci anni la produzione di acciaio in Europa è passata dall'essere il 7% rispetto al totale mondiale all'attuale 4%. Numeri terribili, che descrivono una situazione di crisi nera.

L'importanza per l'Europa

Quanto questa situazione sia preoccupante se lo fa comprendere un'annotazione di carattere storico. L'attuale Unione Europea nacque in origine proprio attorno all'acciaio e al carbone. Nel 1951 infatti il trattato di Parigi ratificò la nascita della Comunità Europea del carbone e dell'acciaio (CECA). L'Europa è nata proprio attorno all'industria siderurgica, quella che secondo molti adesso sta vivendo una lenta inesorabile agonia.

La concorrenza cinese

Un colpo durissimo al settore l'ha dato la Cina. La crisi immobiliare che sta vivendo Pechino da qualche anno ha fatto sì che la sovracapacità cinese a basso costo abbia cercato nuovi sbocchi, trovandoli soprattutto nel mercato europeo. La situazione è peggiorata con guerre in Ucraina e l'aumento dei prezzi dell'energia, che hanno reso ancora meno competitive le industrie siderurgiche europee rispetto alle concorrenti cinesi (sostituire gli altiforni a carbone o a gas con forni elettrici è un processo lungo e molto costoso).

I dazi di Trump

La situazione era già grave quando è entrato in scena anche Donald Trump. L'aumento dei dazi doganali del 25% su acciaio ed alluminio europei destinati all'esportazione verso gli Stati Uniti colpisce ulteriormente un settore già in difficoltà. Senza considerare gli effetti pseudo-indiretti delle tariffe anche sull'industria automobilistica, che assieme all'edilizia e il principale cliente delle imprese siderurgiche del vecchio continente.

mercoledì 7 maggio 2025

Prezzo del greggio troppo basso, tremano i trivellatori USA

L'ultima mossa dell'OPEC+ ha creato una forte turbolenza sul mercato petrolifero. La decisione di aumentare la produzione infatti ha spinto al ribasso il prezzo del greggio, che nonostante il rimbalzo degli ultimi 2 giorni resta molto appiattito. A preoccuparsi in particolar modo sono molti dei produttori di scisto USA.

La scelta dell'OPEC+ che spinge a ribasso il prezzo del greggio

Sabato scorso il cartello che riunisce i maggiori produttori di petrolio la concordato un aumento della produzione nel mese di giugno per 411.000 barili al giorno. In una fase in cui il prezzo del greggio già era insofferenza, una scelta del genere a aumentato ancora di più la pressione sul mercato

Il Brent e il WTI sono andati ulteriormente al ribasso, scivolando sotto la soglia dei 60 dollari al barile, infilandosi in un pattern cuneo wedge trading.

L'analisi dei Citigroup

Questo scenario rischia di essere fatale a molte industrie estrattive statunitensi. Appena il mese scorso gli analisti di Citigroup avevano evidenziato che una discesa del prezzo del greggio al di sotto dei 60 dollari al barile avrebbe fermato molte trivelle. Secondo gli analisti già a 65 dollari si potevano stimare almeno 25 chiusure di impianti di perforazione. In uno scenario con il prezzo del greggio sotto i 60 dollari le trivelle  a fermarsi potrebbero salire a 75.

Produttori sul filo del rasoio

Quello scenario si sta già effettivamente concretizzando, visto che i produttori più piccoli già stanno sospendendo nuove trivellazioni in attesa che il prezzo del greggio faccia una nuova versione di tendenza. Il problema è che non è facile stimare quanto tempo ci vorrà, anche perché la mossa dell'Arabia Saudita sembra strategicamente indirizzata ad eliminare dal mercato una fetta dei produttori concorrenti.

Annotazione: il petrolio è uno degli asset che si può negoziare anche tramite lo strumento delle opzioni vanilla.

Le stime dell'EIA

Secondo l'Energy Information Administration (EIA) la produzione petrolifera americana crescerà di 300.000 barili al giorno quest'anno, ossia centomila barili al giorno in meno rispetto alle previsioni precedenti. La ragione è una minore domanda attesa a causa delle prospettive economiche difficili, soprattutto dopo che Trump ha cominciato la battaglia commerciale a tutto campo.

Subito tagli a investimenti e spese

Il timore di molti operatori del settore è rivivere uno scenario analogo a quello del 2020, quando il crollo del prezzo del greggio (addirittura in territorio negativo) comportò numerosi fallimenti nel settore
Per il momento la risposta trovata dai grandi trivellatori americani è quella di ridurre spese e investimenti per riuscire a rimanere a galla e non farsi eliminare dal mercato. Ma le prospettive future restano inquietanti per molti di loro.

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lunedì 5 maggio 2025

Lavoro, numeri deboli in Italia: risale la disoccupazione

Gli ultimi dati forniti dall'istituto nazionale di statistica (Istat) evidenziano una frenata del mercato del lavoro nel nostro paese. A marzo infatti il tasso di disoccupazione è risalito, ed ancora più preoccupante è il dato riguardante la situazione dei giovani.

Gli ultimi numeri sul lavoro

Il report ISTAT relativo al mese di marzo evidenzia che il tasso di disoccupazione è al 6%, con un incremento dello 0,1% rispetto al mese precedente.
Il numero di persone occupate è di 24 milioni e 307mila (pari al 63%), in calo di 16.000 unità rispetto a febbraio. 

Tuttavia su base annua si rileva una crescita dell'1,9% in termini assoluti. Si tratta di 450.000 lavoratori in più, frutto dell'aumento dei dipendenti permanenti e degli autonomi, mentre quelli a termine segnano un calo di 269.000 unità. Durante il mese di marzo c'è stato un aumento dei dipendenti permanenti, mentre c'è stata una discesa rispetto al mese precedente sia dei lavoratori autonomi che dei dipendenti a termine.

Difficoltà per i giovani

La crescita delle unità di lavoro impiegate riguarda soprattutto individui oltre i 35 anni di età, mentre nella fascia compresa tra 15 e 34 anni c'è stata una riduzione. Il tasso di disoccupazione giovanile sale infatti al 19%, con un incremento dell’1,6%, rispetto al mese precedente. Il dato italiano risulta uno dei più alti in Europa, confermando le difficoltà strutturali dell’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.

Gli inattivi

Il numero degli inattivi, cioè coloro che non hanno un lavoro e neanche lo cercano, è sceso su base annua dell'1,7% (ossia 217.000 unità). Rispetto al mese precedente invece il tasso di inattivi resta sostanzialmente stabile poco sotto il 33%. 
Il calo del numero di inattivi riguarda soprattutto uomini e coloro compresi nella fascia d'età da 35 e 49 anni, mentre aumenta tra le donne e delle altre classi di età (ad eccezione di quella tra 15 e 24 anni che è rimasta stabile). Preoccupa anche questo dato riguardante il mondo femminile, dal momento che alimenta la povertà di genere che è già molto elevata.