Eppure l'operazione sembrava essere "semplice", visto che alla famiglia Besnier (Lactalis) restava soltanto un 2% circa per arrivare alla soglia del 90% (già ne deteneva oltre l'87%).
A frenare la riuscita è stata la presenza di alcuni azionisti di minoranza molto restii ad accettare l'offerta pubblica di acquisto. Ad esempio Amber, che assieme ad altri fondi (GAM e Gabelli), aveva da tempo pronunciato il rifiuto a consegnare le azioni in sui possesso, pari a circa il 6% di capitale.
Il naufragio dell'Opa Parmalat-Lactalis
Anche i piccoli azionisti però non è che siano rimasti folgorati dalla proposta di Lactalis. Malgrado un sostenuto apporto in termini di campagne pubblicitarie e il timore di avere tra le mani un titolo non quotato, i piccoli azionisti si sono tenuti i loro titoli e così hanno fatto naufragare la proposta di Lactalis. Quest'ultima si era addirittura spinta ad alzare il prezzo dell’Opa portandola da 2,8 a 3 euro, ed aveva anche allungato i termini dell'operazione, portandola a scadenza oggi. Non è servita a nulla neppure la "consegna" da parte di Norges Bank di un pacchetto Parmalat da 8 milioni di titoli.Alla fine quello che i francesi di Lactalis sono riusciti a racimolare sul mercato è appena l'1,1% del capitale. Troppo poco per portare via Parmalat dalla Borsa Italiana. Dopo il fallimento dell'Opa, la famiglia Besnier dovrà comunicare se intende rinunciare al raggiungimento della soglia del 90% e arrotondare comunque la sua quota.
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