venerdì 11 maggio 2018

Lavoro, raddoppiano i giovani in fuga verso l'estero

L'Italia investe circa i 4% del proprio PIL per il ciclo di istruzione dei propri cittadini, ma l'assenza di lavoro ha spinto sempre più laureati a fuggire all'estero. Negli ultimi anni è addirittura raddoppiata la quota di giovani che preferisce cercare lontano dall'Italia la propria strada. Al di là dell'aspetto economico, il danno è soprattutto a livello culturale visto che la "fuga di cervelli" spegne il motore dell'innovazione. Il capitale umano maggiormente qualificato, quello che potrebbe essere motore di innovazione e portatore di creatività, viene di fatto bruciato.

La fuga per il lavoro

Secondo i dati dell'Istat, dal 2012 al 2016 (ultimo rapporto aggiornato disponibile), il saldo migratorio dei giovani laureati italiani (25-39 anni) è passato da 5mila a 10mila. La cosa più grave è che in questo lasso di tempo le condizioni economiche del paese sono migliorate, anche sotto io profilo del lavoro, visto che hanno cominciato a vedersi i primi segnali di ripresa economica (seppure lieve). Ma a questo non è corrisposto una inversione del fenomeno, che anzi ha continuato a crescere.

Tutto questo si traduce in una cosa: sui 69 miliardi di euro che l'Italia spende per "allevare" i propri giovani, una fetta servirà ad arricchire i paesi stranieri. La capacità del Paese di trattenere i talenti si è quindi ridotta ulteriormente, e la perdita di giovani altamente qualificati continua. Peraltro questo trend negativo è trasversale a tutto il Paese. Tutte le regioni hanno infatti un saldo migratorio di laureati italiani negativo a livello internazionale.

I dati peggiori sono al Sud, dove il saldo negativo è tra il -4 e il -7 per mille. Peraltro nel Mezzogiorno il quadro è ancora più fosco, dal momento che alle migrazioni verso l'estero occorre sommare pure quelle verso altre regioni d’Italia. Complessivamente si giunge fino ad arrivare a un tasso migratorio tra -26 e -28 per mille.

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