Il Covid-19 sta creando danni enormi anche al
mercato del latte fresco. Da quando l'epidemia è scoppiata in tutta la sua gravità, innescando le
misure restrittive da parte del Governo, c'è stato un
crollo dei consumi. Parliamo di oltre il 25% in meno, ovvero
15mila tonnellate di latte che non ha più sbocco commerciale.
Il dramma del mercato del latte fresco
Il principale problema è la
chiusura del canale Ho.re.ca. (hotel, bar, ristoranti e pizzerie) che ha provocato un abbattimento delle richieste. Ma sul mercato del latte fresco incide anche il logico
adeguamento delle abitudini dei consumatori, che preferiscono rifornirsi di latte non fresco ma a lunga scadenza. Non è un caso infatti che le tonnellate perse dal latte fresco siano state recuperate invece da quello a lunga conservazione.
La conversione produttiva
Molte aziende hanno fatto fronte a questo problema
convertendo il latte fresco in altri prodotti, come latte uht, mozzarelle e yogurt. Tuttavia, se questo è un discorso che possono affrontare le grandi aziende,
le piccole imprese invece sono lasciate allo scoperto di fronte alla crisi. Vale soprattutto per i piccoli imprenditori, in particolare del Sud, specializzati in produzioni più artigianali come mozzarelle e burratine, che
servivano quasi esclusivamente i ristoranti. Dal momento che i ristoranti hanno tutti la saracinesca abbassata, per loro è un dramma.
La questione scadenza
Uno dei possibili rimedi da adottare per dare un po' di sollievo al mercato del latte fresco, è quello di mettere mano alla
legge sulla scadenza. Quella italiana risale ormai al 3 marzo 1989, oltre trent'anni fa. Da allora le tecniche di conservazione e trattamento del latte sono cambiate, e le aziende ritengono che possa essere allungata senza alcun rischio la
scadenza dagli attuali 6 fino a 10 giorni. Questo tenuto conto che in nessun altro Paese europeo esiste una legge che impone una data di scadenza al latte alimentare.
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