mercoledì 29 ottobre 2025

Prezzi del cacao, la discesa potrebbe condurre a una normalizzazione?

Dopo il fortissimo rialzo avvenuto all'inizio di quest'anno, il prezzo del cacao sta concedendo una tregua ai mercati grazie al miglioramento delle prospettive di raccolta per la stagione 2025-2026. Ma è una discesa durevole?

Gli alti e bassi del prezzo del cacao

Facciamo un passo indietro. A partire dalla seconda metà del 2023, i problemi legati alla produzione hanno creato un deficit di offerta che aveva alimentato la corsa del prezzo del cacao. Questa dinamica ha spinto le quotazioni all'Intercontinental Exchange (ICE) verso nuovi massimi storici, che hanno superato i 10000 dollari per tonnellata.

Ma al di là dei picchi, è nell'intero ultimo biennio che il prezzo del cacao si è attestato su livelli ben oltre la media dell'ultimo ventennio.

Le condizioni di raccolta in Africa

Come detto, tutto ciò era riconducibile alla minore produzione in Ghana e Costa d'Avorio, che insieme rappresentano circa il 60% della produzione mondiale di cacao. Ciò aveva provocato un primo picco ad aprile 2024, al quale ha fatto seguito una fase di intensa volatilità del prezzo del cacao. Dapprima c'è stata una fase di riduzione, poi un nuovo rialzo, che ha portato le quotazioni a raggiungere un nuovo massimo a gennaio 2025, a causa di raccolti ancora inferiori alle aspettative per condizioni meteorologiche sfavorevoli.

NB. Anche il cacao può essere negoziato sugli opzioni binarie broker Europa.

Le prospettive migliori

Le cose da allora sono però leggermente migliorate, soprattutto in termini di prospettive future, non a caso i futures sul cacao sono scesi verso i 6.000 dollari per tonnellata, uscendo dalle nuvole Ichimoku trading.
La raccolta delle fave di cacao per la stagione 2025-2026, soprattutto in Costa d'Avorio, dovrebbe tornare a livelli che non si vedevano da un paio di anni. In Ghana si prevede invece che la stagione produttiva 2025/26 sarà superiore alla proiezione iniziale del governo di 650.000 tonnellate, sostenuta da condizioni meteorologiche favorevoli e dagli sforzi di riabilitazione delle colture in corso.

Il miglioramento dell'offerta globale, sostenuto dalle prospettive di aumento della produzione in Ecuador e da condizioni climatiche più favorevoli in Africa Occidentale, è previsto portare verso un graduale riequilibrio del mercato. Al tempo stesso, l'indebolimento della domanda globale (innescato dal boom dei prezzi) ha contribuito e contribuirà ancora al trend ribassista nella seconda metà del 2025.

lunedì 27 ottobre 2025

Economia e cambiamento climatico (climate change), ecco i costi del non fare nulla

Ormai sappiamo tutti che un mondo migliore passa necessariamente per una modifica del nostro rapporto con il pianeta su cui viviamo. I nostri comportamenti hanno provocato il cambiamento climatico (climate change), che ha un impatto non solo sulla nostra salute, ma anche sull'economia. Per questo occorre urgentemente cambiare rotta,investendo nelle energie rinnovabili.

L'impatto dei mutamenti climatici sull'economia

Le variazioni che ha subito il clima negli ultimi decenni hanno portato a conseguenze di tipo sia diretto che indiretto sull'economia.
I costi diretti del climate change si legano agli eventi meteorologici estremi come inondazioni, tempeste e uragani, che devastano le case, le infrastrutture e i terreni sui quali si coltiva o si alleva il bestiame. 

Ma poi ci sono anche i costi indiretti che il cambiamento climatico comporta all'economia. La necessità di adeguarsi al "nuovo clima"comporta spese e investimenti, comporta la necessità di riorganizzare il lavoro, comporta una volatilità sui mercati. 

Una stima dei costi

Uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature, intitolato “The economic commitment of climate change” (condotto dal Potsdam Institute for Climate Impact Research), ha messo sotto i riflettori le conseguenze del cambiamento climatico sull’economia in più di 1.600 regioni in tutto il mondo negli ultimi 40 anni.

Gli esperti hanno analizzato i danni provocati all’agricoltura, alle infrastrutture, alla produttività e alla salute umana, stimando un costo globale complessivo pari a circa 38mila miliardi di dollari l'anno (supponendo che non ci sia un ulteriore aumento delle emissioni). Una cifra che appare ancora più enorme se messa a confronto con i circa 6mila miliardi che servirebbero per limitare il riscaldamento globale entro i 2 °C rispetto alle temperature preindustriali, come sancito dall’Accordo di Parigi del 2015.

L'impatto su reddito e inflazione

Secondo lo studio di Nature, il cambiamento climatico ridurrà del 19% il Pil globale entro la metà del secolo. Inoltre inciderà anche sull’inflazione, che potrebbe aumentare fino a 1,2 punti percentuali ogni anno da qui al 2035. Ancora più rapida potrebbe essere la crescita del costo del cibo, fino a 3,2 punti percentuali annui.

L'impatto sociale

Oltre ai danni all'economia, il cambiamento climatico avrà fortissime ripercussioni anche a livello sociale, perché potrebbe aumentare le disuguaglianze, visto che colpirà le fasce più povere della popolazione. A livello geografico, saranno quindi più penalizzate le regioni come l’Africa e l’Asia meridionale, che paradossalmente sono le meno responsabili del cambiamento climatico. Ne risentiranno invece di meno le nazioni ricche come gli Stati Uniti e l’Europa occidentale, ossia quelle che hanno raccolto i maggiori benefici economici dello sfruttamento massiccio dei combustibili fossili.

lunedì 20 ottobre 2025

Quotazioni del petrolio, c'è il rischio che sprofondino 50 dollari

Le preoccupazioni per un eccesso di offerta globale continuano a pesare sulle quotazioni del petrolio, che dopo una lieve ripresa sono tornate a scendere in questo inizio di settimana. E secondo alcuni analisti, le cose potrebbero ulteriormente peggiorare.

Gli ultimi movimenti delle quotazioni del petrolio 

Settimana scorsa un rapporto dell'AIE ha stimato per il 2026 un surplus di offerta, a causa dell'incremento della produzione di petrolio da parte dei membri del cartello dei produttori.

Allo stesso tempo, il clima meno teso in Medio Oriente, con Israele e Hamas che hanno ribadito il loro impegno per un cessate il fuoco, ha ridotto i premi di rischio. 

Questi fattori hanno spinto il prezzo del Brent verso i 61 dollari per barile, mentre il WTI è sceso verso 57 dollari per barile, oscillando sui minimi di sei mesi. Molti hanno approfittato della situazione per negoziare opzioni binarie 60 secondi.

L'importanza del conflitto Russia-Ucraina 

Ma uno dei fattori più importanti per la quotazione del petrolio potrebbe essere il fronte russo-ucraino. Secondo gli analisti di Citi, un eventuale disinnesco di questo conflitto potrebbe provocare una forte discesa delle quotazioni del petrolio, con il Brent che addirittura verso quota 50 dollari per barile.

Secondo il rapporto della banca infatti si va progressivamente riducendo il rischio di ulteriori attacchi alle raffinerie russe. Uno di questi, nei giorni scorsi, aveva portato alla chiusura parziale di un impianto di lavorazione del gas russo. In caso di pace questi episodi non si verificherebbero più. Allo stesso tempo una pace in Ucraina alleggerirebbe la pressione politica sugli acquirenti di petrolio da Mosca, accelerando così il calo delle quotazioni del petrolio. Ecco perché gli occhi del mercato sono puntati sull'incontro tra Trump e Putin in Ungheria nelle prossime settimane.

Le conseguenze di un calo profondo 

Ma cosa succederebbe se le quotazioni del petrolio scivolassero veramente a 50 dollari al barile? Sarebbe un grosso problema per la strategia cartello OPEC+, ed in particolare per l'Arabia Saudita. Il maggiore produttore di greggio al mondo a quel punto dovrebbe scegliere se mettersi in modalità difensiva tagliando di nuovo la produzione oppure allinearsi alla Casa Bianca che spinge per un petrolio più economico.

Al tempo stesso, un prezzo del petrolio molto basso rappresenta un'arma politica importante per Trump, che trova terreno fertile per le provocazioni costruire alle Russia (cosa che non potrebbe fare col Barile a 80 dollari).

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giovedì 16 ottobre 2025

Brand più famosi sempre più sulla cresta dell'onda: valgono oltre 36 trilioni di dollari

Nonostante le difficoltà e le incertezze dell'economia globale, i brand più famosi del mondo continuano ad aumentare di valore. I primi 100 marchi più importanti infatti hanno superato l'astronomica cifra di 36 trilioni di dollari, con un incremento del 4,4% rispetto al 2024.

La classifica dei maggiori Brand

brand famosiLa realizzazione della classifica dei 100 maggiori marchi globali viene fatta da Interbrand ogni anno, come avviene ormai dal 2000. Per poter far parte della graduatoria bisogna rispondere a determinati requisiti

Ad esempio, l'agevole accessibilità ai dati sulla performance finanziaria del brand. Ma è richiesto anche che una fetta considerevole dedicabile debba essere prodotta al di fuori del paese di origine, in sostanza si deve trattare di marchi di portata globale, di aziende famose nel mondo. Inoltre bisogna avere aspettative di profitto nel lungo termine.

Tanti movimenti come non si erano mai visti

La particolarità di quest'anno è un certo dinamismo nei movimenti di questa graduatoria, visto che ci sono stati 12 ingressi, una cosa che non era mai accaduta nei 25 anni precedenti. Un ruolo importante in questo senso l'ha avuto la diffusione dell'intelligenza artificiale, che ha accelerato la crescita di alcuni marchi portandoli ad affermarsi in breve tempo tra i Brand più famosi al mondo.

Quali sono i Top Brand

Le variazioni non riguardano la vetta della graduatoria, che resta ormai cristallizzata su alcuni nomi da diversi anni. Il podio infatti spetta ad Apple, Microsoft e Amazon. Altri Brand già presenti in classifica hanno scalato alcune posizioni, come il colosso dei chip Nvidia, ma anche Instagram e YouTube.

Tra le new entry della graduatoria spicca soprattutto BYD, colosso orientale dei veicoli elettrici. Un ingresso che si fa notare soprattutto perché l'industria dell'auto attraversa una fase complicata per via della transizione energetica (anche se in classifica compaiono nella Top20 Toyota, Mercedes e BMW). L'Italia è presente in classifica grazie a Ferrari che si colloca al cinquantaquattresimo posto. Resistono anche Prada e Gucci Nonostante il lusso abbia faticato quest'anno.

giovedì 9 ottobre 2025

Tasso di interesse, in arrivo altri tagli dalla Fed

La politica monetaria della Federal Reserve sta camminando lungo un sentiero che conduce ad altri tagli al tasso di interesse nelle prossime riunioni. E' quanto emerge dalla lettura dei verbali relativi all'ultima riunione di politica monetaria, quella che si è svolta il 16-17 settembre, al termine della quale l'istituto centrale di Washington decise di tagliare il costo del denaro per 25 punti base, portandolo nell'intervallo compreso tra 4% e 4,25%.

Le prospettive americane sul tasso di interesse

I funzionari del FOMC (Federal Open Market committee) ritengono che sarà opportuno allentare ulteriormente la politica monetaria in questo ultimo spicchio di 2025. Tuttavia, la maggioranza dei partecipanti rimane ancora convinta che ci siano rischi al rialzo per le prospettive di inflazione. Anche per questo alcuni funzionari erano più riluttanti a sostenere il taglio dei tassi di interesse e avrebbero voluto rinviarlo ulteriormente.

Uno o due tagli ancora?

Riguardo al futuro c'è una divisione sull'opportunità di effettuare due o tre riduzioni totali nel corso di quest'anno (incluso quella che è già stata effettuata). Dieci membri sono Infatti favorevoli a tagli per ulteriori 50 punti base complessivi, mentre nove si esprimono a favore dei tagli complessivi per 25 punti base (quindi abbassare il tasso di interesse soltanto in una delle due riunioni rimanenti).

In ogni caso i funzionari del FOMC hanno sottolineato l'importanza di adottare un approccio equilibrato, valutando i rischi sia per il mercato del lavoro e l'inflazione prima di decidere le prossime mosse.

Lo shutdown

I verbali della riunione della Federal Reserve riguardano un momento antecedente allo shutdown negli USA, che potrebbe anche cambiare le carte in tavola. Il blocco governativo lascia il mercato senza dati macro rilevanti, come quello sul mercato del lavoro. Anche la Fed potrebbe perciò diventare più cauta qualora non si sbloccasse questo stallo politico.

Il mercato

La lettura dei verbali della Fed non ha cambiato granché invece il sentiment degli investitori. Il Dollaro sta continuando a riprendere quota per via soprattutto dell'incertezza globale che riguarda lo scenario politico europeo, la sorpresa politica in Giappone e l'evoluzione del quadro geopolitico. Il Dollar Index si sta avvicinando a 99 (fonte Pocket Option nuovo link). Chi invece sta approfittando decisamente di questo scenario è l'oro, il cui prezzo ha superato per la prima volta quattromila dollari per oncia.

lunedì 6 ottobre 2025

Turismo, c'è una grande tendenza che si sta affermando da anni

Uno dei settori più importanti per l'economia italiana è quello del turismo. In questo ambito, da diversi anni si sta affermando il ruolo sempre più importante delle strutture agrituristiche, come dimostrano i dati sugli arrivi.

Un nuovo tipo di turismo

In base a una indagine condotta da Coldiretti e Campagna Amica, nel 2025 ci sono stati ben 5,1 milioni di persone che hanno deciso di trascorrere un po' del loro tempo negli agriturismi italiani. Rispetto a dieci anni fa, si tratta di un incremento del 70%. Se poi si esamina la tendenza degli arrivi di cittadini stranieri, la crescita arriva addirittura al 100%

Questo fenomeno è trainato da una crescente domanda di turismo sostenibile e dall'interesse per prodotti tipici e attività all'aria aperta.

I numeri degli agriturismi in Italia

Sul nostro territorio ci sono oltre 26mila strutture di questo tipo. Rispetto al 2008, sono aumentate del 41% e rispetto a vent'anni le aziende agrituristiche fa sono raddoppiate. Accanto alla crescita numerica, gli agriturismi sono anche cresciuti come servizi offerti. Oltre 21mila strutture oggi offrono anche alloggio, mentre 13mila offrono il servizio di ristorazione. Il panorama dei servizi proposti però comprende anche le degustazioni (6500), attività ricreative (12mila), attività sportive o culturali. 

Un terzo degli agriturismi italiani si trova in montagna, la metà in collina, il resto per lo più in pianura. Almeno un agriturismo è presente nel 64% dei comuni italiani.

L'importanza degli agriturismi

La vacanza in campagna si sta affermando sempre più come un come emblema della sostenibilità e della riscoperta della cultura dei territori. Si tratta di un turismo capace di unire innovazione, tradizione e rispetto per il territorio. Inoltre sta consentendo al nostro Paese di valorizzare le risorse naturali, paesaggistiche e culturali che ci sono in ogni parte del nostro Paese. 

Ciò è importante soprattutto per le aree interne e non turistiche (dove si contano circa 1000 strutture), perché possono beneficiare di nuove opportunità per le comunità locali. Inoltre nei comuni di piccole dimensioni, la presenza degli agriturismi aiuta a combattere lo spopolamento.

mercoledì 1 ottobre 2025

Prezzo dell'oro sempre più vicino ai 4mila dollari

Un trend che sembra infinito, e che si muove ininterrottamente da un massimo storico all'altro. Il prezzo dell'oro è ormai alle porte dei 4mila dollari per oncia, e il terreno fertilissimo su cui poggia questo rally è ancora intatto.

Anche settembre è stato da record

Nel mese di settembre, il gold metal ha registrato un rialzo di oltre il 10%, e del 16% nell'intero terzo trimestre. Da inizio anno, l'oro è salito di circa il 47% ed è sulla buona strada per il suo più grande guadagno annuale dal 1979. Chi si è messo a tracciare supporti e resistenze, ha visto crollare questi ultimi uno dopo l'altro.

I driver della corsa dell'oro

I continui record segnati dal prezzo dell’oro vengono sostenuti da cinque driver: prospettive di ulteriori tagli dei tassi Fed, l'inflazione persistente, l'indebolimento del dollaro, l'escalation di rischi geopolitici e sistemici, e gli acquisti da parte delle banche centrali.

Tra tutti, il fattore chiave di questo andamento è la crescente incertezza geopolitica e finanziaria, che potrebbe intensificarsi ulteriormente nei prossimi giorni. La situazione della guerra in Ucraina minaccia di aggravarsi ulteriormente, e ancora non si vedono spiragli concreti per una pace Israele-Hamas.  

Gli USA e il timore di shutdown

L'avvio dei tagli dei tassi FED ha reso più appetibile il metallo prezioso (che non genera rendimenti), mentre gli acquisti di lingotti da parte delle banche centrali fanno da ulteriore driver per il prezzo.

A tutto questo si è aggiunto, questa settimana, un altro bel carico: i timori di un incombente shutdown del governo degli Stati Uniti, visto che i politici statunitensi non riescono a concordare un nuovo bilancio. Significa paralisi parziale delle attività federali, che scatta quando il Congresso non approva la legge di bilancio entro la scadenza fissata. Un evento del genere (che l'ultima volta si è verificato nel 2018-2019) è un chiaro segnale di fragilità economica, che potrebbe spingere gli investitori ancora di più verso asset sicuri come l'oro.

Prospettive ancora forti

I fondamentali continuano quindi a essere favorevoli al prezzo dell'oro, e ci sono anche alcune ragioni tecniche alla base di ciò. Il trend rialzista rimane intatto e dovrebbe portare prezzo il prezzo a testare la soglia psicologicamente importante dei 4.000 dollari.

lunedì 29 settembre 2025

Produzione di olio, ottimismo per l'Italia per la campagna 2025

C'è un cauto ottimismo riguardo all'andamento della produzione di olio nel 2025. Alla fine il livello di output nel nostro paese potrebbe essere di circa il 30% in più rispetto allo scorso anno, che fu decisamente complicato per il settore.  

Le stime sulla produzione di olio

Dopo le prime stime di OlivoNews, organo di informazione che dal 1984 si occupa della filiera olivicolo-olearia, arrivano le conferme da un'indagine condotta da Unaprol, insieme a Coldiretti e Foa (Frantoi Oleari Associati). 

La produzione produzione di olio di oliva dovrebbe attestarsi quest'anno intorno alle 300mila tonnellate, quasi un terzo in più rispetto allo scorso anno, durante il quale la siccità funestò la campagna di raccolta delle olive.

Una notizia senza dubbio positiva, visto che in Italia la produzione di olio d’oliva coinvolge circa 400mila aziende agricole e può contare su un patrimonio di 250 milioni di piante e 533 varietà di olive.

Viva la pioggia

Chiaramente si tratta solo di proiezioni che si fondano anche sulle previsioni dell'andamento climatico per le prossime settimane, per cui la loro accuratezza dipenderà da come effettivamente sarà il meteo. Le cose potrebbero andare anche meglio del previsto se arrivasse la pioggia, specialmente in Puglia. In questo caso infatti la crescita produttiva potrebbe essere decisamente più significativa.

Difficoltà al Nord

E' proprio il Sud la zona che fungerà da traino alla produzione di olio nazionale, visto che Puglia e Calabria rappresentano oltre il 60% della produzione nazionale. In queste regioni si avvertono i benefici delle piogge cadute a luglio e agosto, che hanno mitigato gli effetti del caldo anomalo di maggio. Ciò consente una resa delle coltivazioni superiore del 30-40% rispetto allo scorso anno.

Meno brillante è la situazione attesa al Nord, dove gli olivicoltori si preparano a una campagna difficile, come se non bastassero i problemi legati ai dazi che alimenteranno anche il business del falso made in Italy. Secondo l'indagine è previsto un calo del 40% a causa del maltempo. Mentre nel centro Italia la situazione è disomogenea, con cali medi del 10-15%, ma una dinamica produttiva a macchia di leopardo. 

martedì 23 settembre 2025

Valute virtuali, il Bitcoin si prepara per un nuovo rally?

A dispetto di un mese di settembre che tradizionalmente viene considerato negativo per le valute virtuali, il Bitcoin sta viaggiando su un bilancio mensile positivo. Inoltre la regina delle cripto continua a consolidarsi oltre la soglia dei 110.000 dollari. Cosa devono aspettarsi gli investitori?

L'andamento recente delle valute virtuali

Nella seconda metà del mese di agosto, dopo l'ultimo record il prezzo di Bitcoin era precipitato fragorosamente, diversi analisti avevano pensato che era una conferma del settembre nero delle valute virtuali.  

Tuttavia da allora il prezzo di Bitcoin ha cominciato a risalire rapidamente, anche se non è riuscito ad aggredire con convinzione la soglia dei 120 mila dollari. Malgrado la correzione in prossimità di questa soglia, lo scenario rimane al momento ancora rialzista.

Il rally di fine anno

Vale la pena sottolineare che, se settembre è un mese tradizionalmente ostico per le valute virtuali, l'ultimo trimestre dell'anno in genere è invece l'esatto opposto. Spesso proprio in quel periodo Bitcoin ha registrato un nuovi record. E spesso sul grafico settimanale è comparsa una Marubozu candela rialzista. Ma al di là dei fattori stagionali, ci sono comunque altri motivi che fanno sperare gli investitori nelle valute virtuali.

I driver del mercato

Il più recente riguarda la politica monetaria degli Stati Uniti. Settimana scorsa la Federal Reserve ha finalmente effettuato il primo taglio dei tassi di questo 2025. Quando la politica monetaria diventa più accomodante gli asset a maggior rischio vengono favoriti, anche perché c'è una maggiore liquidità da investire sui mercati. Durante i cicli passati di allentamento monetario, le valute virtuali hanno quasi sempre aumentato il loro valore.

Un altro aspetto importante è lo scenario normativo che negli Stati Uniti si sta ammorbidendo nei confronti delle valute virtuali, come aveva promesso Trump in campagna elettorale. Inoltre c'è una continua spinta da parte degli investitori istituzionali, il cui interesse crescente verso le valute virtuali sta favorendo il rialzo dei prezzi.

Cosa aspettarsi adesso

Il Bitcoin si è consolidato oltre la soglia dei 110.000 dollari, ma adesso si ritrova a testare la media mobile a 50 periodi. L'esito di questo test potrebbe indirizzare il prezzo della regina delle valute virtuali nelle prossime settimane. Se Bitcoin riuscirà a spingersi oltre, allora potrebbe esserci un breakout duraturo della soglia dei 120.000 dollari.

sabato 20 settembre 2025

Esportazioni, le PMI italiane possono ringraziare Amazon

Da molto tempo i giganti dell'e-commerce come Amazon vengono giustamente accusati di incidere negativamente sul commercio al dettaglio e le piccole realtà e botteghe. Tuttavia c'è anche il rovescio della medaglia da evidenziare, la crescita delle esportazioni di molte piccole e medie imprese che hanno saputo cogliere le opportunità della piattaforma di commercio online per aprirsi ai mercati internazionali.

I numeri delle PMI sulle esportazioni

Le piccole e medie imprese italiane che hanno deciso di aprire una propria vetrina virtuale su Amazon hanno realizzato 1,2 miliardi di euro di ricavi, Come si può leggere nell'ultima edizione del report pubblicato dalla stessa Amazon, presentato in occasione del decennale di vetrina made in Italy. 

Delle oltre 20.000 PMI presenti nello store, quasi la metà si trovano in aree rurali o a bassa densità di popolazione, ma proprio grazie alla spinta dell'e-commerce hanno potuto ottenere 500 milioni di euro di vendite all'estero.
In generale La Lombardia è la regione con il maggior numero di PMI in vetrina su Amazon (più di 3400) e il 65% di esse effettua esportazioni. Segue la Campania (oltre 3100 pmi).

Alcuni aspetti territoriali

Sono cinque le regioni più virtuose riguardo all'export tramite Amazon, ossia quelle con il più alto numero di PMI locali presenti nello store virtuale: Lombardia, Campania, Lazio, Toscana ed Emilia Romagna. Riguardo invece alle destinazioni più gettonate per i nostri esportazioni spiccano Germania, Francia, Stati Uniti, Regno Unito e Spagna. In questi paesi le nostre PMI hanno venduto con maggiore successo.

Forse può interessare: Amazon multata per l'acquisto preselezionato su "periodico".

Il ruolo chiave delle PMI

Bisogna sottolineare ancora una volta che le piccole medie imprese italiane rappresentano la spina dorsale della nostra economia. Questi dati quindi devono renderci felici perché servono a stimolare e gratificare un tessuto imprenditoriale fitto che caratterizza e porta avanti la cultura e le tradizioni del nostro paese nel mondo. 

Il successo tramite le vendite su Amazon conferma l'importanza strategica di accedere a strumenti digitali avanzati, che consentono di aumentare la visibilità Internazionale delle nostre PMI, riducendo le barriere all'ingresso sui mercati internazionali.

domenica 14 settembre 2025

Tassi di interesse, taglio più massiccio del previsto della banca di Turchia

La situazione in Turchia continua ad essere estremamente fragile, tanto dal punto di vista politico quanto dal punto di vista economico. Mentre la Banca Centrale taglia i tassi di interesse più del previsto, il fronte interno si surriscalda a causa delle proteste dell'opposizione al governo Erdogan.

La decisione della CBRT sui tassi di interesse

Nella riunione di settembre, la banca centrale della Turchia ha deciso di effettuare un taglio dei tassi di interesse per 250 punti base. Il nuovo livello del costo del denaro scende così al 40,5%. La sforbiciata da parte dell'Istituto di Istanbul è stata più grande di quanto si aspettava il mercato, che immaginava un taglio detta tassi di interesse al 41%.

NB. Gli annunci sui tassi di interesse sono molto importanti per chi sa come fare scalping Forex, perché possono generare delle oscillazioni su cui poter speculare.

Il quadro economico generale

Lo scenario economico turco continua ad essere problematico. L'ultima lettura dell'inflazione ha evidenziato una discesa al 32,95%, che comunque è leggermente sopra quanto previsto dal mercato (32,6%) e in ogni caso otto volte più grande rispetto all'obiettivo della banca centrale.
La buona notizia riguarda la crescita economica, visto che il prodotto interno lordo nel secondo trimestre è cresciuta del 4,8% su base annua, segnando il ritmo di crescita più forte dal primo trimestre dello scorso anno.

Lira in crisi e la CBRT interviene

La banca centrale, oltre che manovrare i tassi di interesse, sta cercando di procedere a interventi massicci sul mercato dei cambi per evitare una svalutazione ancora più pesante della lira turca. Il cambio tra dollaro e lira è infatti salito a 41,2, segnando un nuovo massimo storico. L'ultimo impulso rialzista è partito dopo il breakout di un triangolo ascendente forex. Sono ormai parecchi mesi che questo trend crescente continua ad andare avanti in modo costante.

La tensione politica

Le preoccupazioni per gli investitori riguardano anche la situazione di fragilità politica del paese. Un tribunale di Istanbul a stabilito che i pagamenti in contanti hanno influenzato il voto al congresso provinciale della capitale nel 2023, ordinando così la rimozione della leadership che venne eletta in quella circostanza. 

Si tratta dell'ennesimo colpo al partito popolare repubblicano (CHP) del sindaco Imamoglu, l'unico grande antagonista di Erdogan che tuttavia sembra aver messo il guinzaglio anche al potere giudiziario. L'opposizione è scesa in piazza per protesta e il clima di tensione si è fatto sempre più alto.

mercoledì 10 settembre 2025

Produzione di nocciole, le aziende italiane tremano dalla crisi

Uno dei prodotti di eccellenza dell'agricoltura italiana è senza dubbio la nocciola. Non solo rappresenta una filiera che sostiene migliaia di aziende agricole e dà lavoro a centinaia di migliaia di persone, ma la produzione italiana alimenta un indotto importante ed è uno dei prodotti di eccellenza del nostro export.

I problemi nella produzione

Questo quadro così gratificante rischia però di essere sporcato notevolmente dagli ultimi dati sulla produzione, relativi alla prima parte del 2025. I raccolti sono crollati in maniera enorme, secondo la percentuale che è calcolata fra il 30 e il 60% in molte aree. Ma in alcuni appezzamenti addirittura è stata completamente azzerata.

Questo scenario peraltro riguarda i maggiori distretti produttivi italiani, ossia il Piemonte, il Lazio e la Campania.

Le cause della crisi

Sono diverse le cause che stanno provocando un calo della produzione di nocciole. Gli eventi climatici estremi e i forti sbalzi termici In primo luogo. Ma anche i prolungati periodi di siccità che provocano stress idrici, passando anche per le malattie che colpiscono le piantagioni e anche l'attacco da parte delle cimici asiatiche. Tutti i fattori che stanno compromettendo la produzione e anche la qualità di ciò che si riesce a produrre.

Un quadro pessimo

La situazione è estremamente seria, a cominciare soprattutto dal Piemonte dove la produzione della celebre Tonda Gentile delle Langhe, una delle basi insostituibili per la filiera dolciaria di alta qualità, è in netto declino. Sono ormai tre stagioni di fila che si assiste al fenomeno della cascola precoce, ossia la caduta dei frutti prima che siano maturati. Il numero di nocciole che mantiene alti standard qualitativi è notevolmente calato, rendendole così più difficili da trovare e più costose.

Nella seconda regione italiana per produzione di nocciole, il Lazio, il calo è stato addirittura del 40%. In Campania, dove il danno maggiore lo stanno provocando le cimici asiatiche, le perdite medie si aggirano tra il 30 e il 40%. Inoltre proprio a causa dell'attacco di questi parassiti, la qualità delle nocciole campane è diventata sempre più disomogenee, con alcuni produttori che non possono commerciare praticamente nulla di quanto raccolto.

giovedì 4 settembre 2025

Mercato valutario, le prospettive per il dollaro possono cambiare dopo l'estate

Guai a pensare che il dollaro rimarrà ancora a lungo in declino sul mercato valutario. Certo il suo fascino si è parecchio offuscato negli ultimi mesi, ma ci sono alcuni fattori che fanno pensare che il peggio sia passato

Lo stato attuale sul mercato valutario

Al momento della scrittura, il Dollar Index - che misura l'andamento del biglietto verde rispetto a un paniere di altre valute - viaggia vicino a 98,1

I trader aspettano i nuovi dati sul mercato del lavoro, che potrebbero plasmare le prospettive dei tassi di interesse. Attualmente gli operatori del mercato valutario scontano quasi il 98% di possibilità che la Fed tagli i tassi di 25 punti base alla fine del mese.

Declino finito?

Non c'è dubbio che le mosse di Trump hanno inciso in modo fortissimo sull’andamento del dollaro. Lo scontro frontale con il mondo intero sul tema dei dazi, il modo di affrontare le turbolenze geopolitiche e alcune scelte interne che mettono pressione alla Fed hanno creato una grande instabilità anche sul mercato valutario. Tuttavia, una parte del differenziale di credibilità tra Stati Uniti ed Europa, alla base della debolezza del dollaro fin dal Liberation Day, appare già incorporata nei prezzi. 

NB. Quando si negozia il dollaro sul mercato valutario, si può usare efficacemente lo stocastico lento veloce full.

Il rapporto con l'euro

In special modo è il rapporto con l'euro che potrebbe cambiare nei prossimi mesi. In diversi Paesi del vecchio continente sono emerse delle forti fragilità politiche e fiscali, che finiscono per pesare sul sentiment. Molti indicatori che anticipano il trend sembrano preannunciare qualche difficoltà. Senza dimenticare che la questione russo-ucraina potrebbe nuovamente innervosire il mercato valutario finendo per spingere nuovamente gli investitori a rifugiarsi nel dollaro.  

Il biglietto verde, sia pure con una credibilità ridotta rispetto al passato, non ha ancora alternative concrete come bene rifugio.

I dazi e gli effetti sul deficit USA

Un altro fattore cruciale sono i dazi. Se Trump dovesse vincere la battaglia legale su questo tema, gli Stati Uniti potranno incassare risorse significative che sarebbero sufficienti a bilanciare l’aumento del deficit generato dal cosiddetto One Big Beautiful Bill. ciò servirà ad attenuare i timori del mercato valutario sulla sostenibilità dei conti pubblici americani.

Questo scenario fa pensare che, se nel breve termine il cambio tra euro e dollaro vivrà una fase articolata, nel lungo orizzonte è atteso un ritorno in area 1,10-1,12. Il dollaro, nonostante tutto, resta centrale negli equilibri globali sul mercato valutario.

martedì 2 settembre 2025

Banche, a ottobre nuove regole in vigore per i bonifici

Ci sono ulteriori novità all'orizzonte per quanto riguarda il rapporto tra i clienti e le banche. Dal 9 ottobre infatti entreranno in vigore nuove regole europee sul controllo dei beneficiari dei bonifici, importantissime per garantire pagamenti digitali più sicuri e affidabili.

La novità per le banche

Il cambiamento è frutto del Regolamento Ue 2024/886, che è già in vigore dal mese di marzo. L'obiettivo di questo pacchetto di regole è rendere i pagamenti digitali tramite banche più sicuri e al tempo stesso maggiormente trasparenti e affidabili, senza però andare a scaricare costi ulteriori sugli utenti.

Nei mesi scorsi, proprio virtù di questo regolamento, erano entrate in vigore le nuove norme sull'equiparazione dei costi tra bonifici ordinari e istantanei. Tali regole avevano aumentato la praticità degli spostamenti di denaro, senza sacrificare la sicurezza e senza comportare ulteriori aggravi di spesa per i clienti.

I controlli sui beneficiari

Cosa cambierà quindi dal 9 ottobre? Tanto per i bonifici ordinari quanto per quelli istantanei le banche effettueranno dei controlli più rigorosi sui beneficiari, verificando la corrispondenza del nome con l'IBAN su cui si effettua il versamento. Ciò avverrà grazie al sistema Verification of Payee (Vop), che consente in tempo reale di effettuare controlli. Questo ridurrà il numero di errori e frodi sui bonifici, perché qualora emergessero delle discrepanze l'utente verrà immediatamente avvisato.

Si tratta di una novità importante soprattutto per quanto riguarda i bonifici istantanei, che diventeranno in questo modo più sicuri.

Le frodi 

Questa novità risulta particolarmente importante se consideriamo il report diffuso da Bankitalia sul numero di operazioni di pagamento fraudolente che sono avvenute nel secondo semestre del 2024. Il tasso di frode sui bonifici istantanei è cresciuto del 90 per cento su base annua, arrivando lo 0,05% (su quelle tradizionali invece è praticamente nullo).

La possibilità di programmare i bonifici 

Sempre in tema di bonifici istantanei, un'altra novità importante sarà la possibilità di programmarli per una esecuzione futura. Questa funzione sarà disponibile in una fase iniziale soltanto in Italia, mentre per le nazioni europee fuori dall'euro diventerà operativa solo a partire dal 2027.

mercoledì 27 agosto 2025

Vendita in vista per Puma? La famiglia Pinault ci sta pensando

Il settore dell'abbigliamento sportivo vive una fase di fermento per via delle notizie riguardo uno dei maggiori player del mercato globale, l'azienda tedesca Puma. Il pacchetto di maggioranza infatti potrebbe essere in vendita, segnando una svolta storica per l'azienda.

La famiglia Pinault verso la vendita 

Dall'inizio di questa settimana circolano voci insistenti riguardo la cessione del 29% del capitale da parte della famiglia Pinault, che è anche il principale azionista di Kering. Entrarono in Puma nel 2007 con l'acquisizione del 62% del capitale per circa 5,3 miliardi. Oggi, secondo le notizie fornite da Bloomberg, vorrebbero procedere alla vendita

La famiglia Pinault avrebbe già iniziato ad avere contatti con due gruppi cinesi, ossia Anta Sports e Li Ning, ed anche con alcuni player del settore americani nonché con dei fondi sovrani del Medio Oriente.

La reazione del mercato 

Anche se siamo alle battute iniziali di una possibile cessione (non sarebbe la prima volta che delle trattative finiscono con un buco nell'acqua), è bastata questa notizia a creare un grandissimo fermento anche sul mercato azionario. Il titolo Puma ha cominciato la settimana con un balzo del 16%, il più alto Inoltre in vent'anni, rimbalzando da un doppio minimo trading che aveva realizzato in precedenza. In questo modo il titolo è riuscito a recuperare una grande fetta delle perdite che aveva accumulato dall'inizio dell'anno.

La crisi di Puma

La situazione di Puma è complicata. L'azienda tedesca sta vivendo una fase di calo delle vendite e dei profitti, tanto che in occasione dell'ultima trimestrale il management ha deciso di rivedere al ribasso le previsioni per il 2025, anno in cui si prevede una perdita operativa. Negli ultimi 12 mesi il titolo quotato alla Xetra borsa di Francoforte, ha praticamente dimezzato il proprio valore (la capitalizzazione è scesa a 2,6 miliardi di euro).

Fratelli diversi

La situazione di Puma è particolarmente eclatante se viene messa a paragone con quella di Adidas, con la quale condivide le origini. Le due imprese infatti furono fondate dai fratelli Rudolf e Adolf Dassler nel 1948. A distanza di quasi 80 anni le loro strade però sono completamente opposte. Mentre Adidas è in profitto e le vendite continuano ad essere solide, Puma invece ha imboccato la strada opposta e vale dieci volte di meno sul mercato.

domenica 24 agosto 2025

Costo dei dazi USA per l'Italia, una vera stangata su vino e olio

Finalmente gli USA e l'UE sono riuscite a raggiungere un accordo sulle tariffe commerciali. Per lo più saranno dazi al 15%, che non è poco ma neppure quanto si temeva fino a poche settimane fa. Il guaio è che alcuni settori patiranno un costo molto alto, perché gli USA sono il principale mercato di sbocco. 

Un miliardo di costo

Il grido d'allarme è stato lanciato da Coldiretti, e riguarda i nostri prodotti agroalimentari. A causa dei dazi americani il settore subirà un costo di circa 1 miliardo di euro (o meglio, un mancato guadagno), e verrà colpita l'intera filiera del cibo Made in Italy. I prodotti più colpiti saranno vino, olio, pasta e comparto suinicolo.

Anche se i negoziati tra USA e UE proseguiranno dopo l'accordo, per vedere di spuntare qualche esenzione o una minore portare delle tariffe, è improbabile che  si riuscirà a ottenere l'esclusione dei prodotti agroalimentari di eccellenza dalla lista dei dazi.

Vino e olio i prodotti più colpiti

Facendo due conti, il danno è davvero pesante. Gli Stati Uniti infatti rappresentano il principale mercato extra-Ue per l'agroalimentare italiano. Il nostro export negli USA nel 2024 ha sfiorato gli 8 miliardi di euro. A causa dei dazi, il costo maggiore lo patirà il vino italiano, perché l'impatto dei dazi americani sarà di oltre 290 milioni. E se il dollaro dovesse svalutarsi ancora rispetto all'euro, allora il danno crescerà. 

Subito dopo il vino, il prodotto made in Italy più colpito sarà l'olio extravergine di oliva. A causa delle tariffe ci sarà un costo aggiuntivo superiore a 140 milioni. Verrà colpita duramente anche la pasta di semola, con quasi 74 milioni di euro in più. 

Un trend negativo che già si percepisce

Al di là delle stime, preoccupa il fatto che i primi numeri concreti già evidenziano i danni delle tariffe commerciali. In questi primi tre mesi di applicazione dei dazi aggiuntivi al 10%, l'export agroalimentare italiano verso gli Usa ha segnato un calo del 2,9% in valore, secondo un'analisi Coldiretti su dati Istat del commercio estero. E' il primo calo mensile dell'agroalimentare negli Stati Uniti dal settembre 2023.

martedì 19 agosto 2025

Economia cinese in frenata a causa delle pressioni commerciali

Lo stato di salute della Cina è ancora convalescente. Lo dimostrano due indicatori economici chiave del Dragone, che a luglio sono calati drasticamente, sollevando forti preoccupazioni sul futuro della seconda economia mondiale.

Gli ultimi report sull'economia cinese

Secondo i dati ufficiali dell'Ufficio Nazionale di Statistica, la produzione industriale e le vendite al dettaglio stanno crescendo al ritmo più lento quest'anno.

Il mese scorso la produzione industriale è salita solo del 5,7%. Non si vedeva un ritmo così lento da novembre, oltre a esserci stato un calo notevole rispetto alla crescita del 6,8% registrata a giugno. Male anche le vendite al dettaglio, che sono aumentate soltanto del 3,7% il mese scorso, segnando un calo rispetto al 4,8% di giugno.

I riflessi sulla valuta

In questo scenario di forte incertezza economica, lo yuan offshore è giunto verso i 7,19 per dollaro (USDCNH), perché gli investitori hanno soppesato i dati sull'economia cinese che hanno deluso. Questo rapporto di cambio può essere negoziato anche sui broker 0 zero spread. Gli operatori di mercato hanno anche valutato la probabilità di un ulteriore sostegno politico da parte di Pechino per sostenere la crescita e attutire l'impatto dei dazi statunitensi.

Occhio all'andamento del williams percent range %R, che evidenzia una situazione di incertezza. Il cambio tra yuan e dollaro potrebbe quindi evolversi in ogni direzione.

Le pressioni sulla Cina

Sull'economia cinese continuano a esserci pressioni interne e commerciali. La crisi del settore immobiliare - che era stato il vero traino dell'economia cinese in passato - dura ormai da quattro anni (gli investimenti immobiliari sono diminuiti del 12% nei primi sette mesi di quest'anno) mentre le conseguenze della guerra commerciale con gli USA iniziano a pesare.

Il governo di Xi Jinping è alle prese con la minaccia della deflazione e con crescenti preoccupazioni circa la sovracapacità industriale. A inizio agosto i dati ufficiali hanno mostrato che i prezzi al consumo sono rimasti invariati a luglio, mentre i prezzi alla produzione sono diminuiti del 3,6%. Le autorità stanno cercando di incrementare la spesa dei consumatori, erogando forti sussidi, così da mitigare l'eccesso di capacità produttiva nel vasto settore industriale e manifatturiero del Paese.

giovedì 14 agosto 2025

Banca centrale USA, si apre la corsa al posto di Powell

Chissà se Jerome Powell, quando lascerà il proprio posto a capo della FED, si sentirà più triste o più sollevato. Gli ultimi mesi alla guida della banca centrale USA sono stati un tormento, non solo per le decisioni difficili che l'istituto ha dovuto prendere, ma perché ha dovuto lavorare tra minacce e insulti del presidente Trump.
La sua colpa? Non aver obbedito al presidente che chiedeva tagli immediati e robusti ai tassi di interesse (Trump vuole riportarli all'1%, mentre ora sono nella forchetta tra il 4,25% e il 4,5%).

Il cambio al vertice della banca centrale USA

Tra qualche mese il problema non sarà più suo. Il mandato di Powell come presidente scadrà a maggio 2026, e la corsa alla successione è già aperta.  

La selezione dei possibili candidati è stata fatta dal Segretario al Tesoro Scott Bessent, pescando tra ex alti funzionari della banca centrale e personaggi di spicco di Wall Street.
L'elenco è stato diffuso da CNBC, che ha individuato i tre candidati con le maggiori possibilità di spuntarla.

I nomi più gettonati

Il primo nome per succedere a Jerome Powell è quello dell'attuale presidente del Consiglio economico nazionale, Kevin Hassett. Il secondo è l'ex governatore della Fed Kevin Warsh, mentre il terzo è l'attuale governatore della Fed Christopher Waller.

Nella corsa al trono della banca centrale USA ci sono però anche altri outsider, come David Zervos, capo stratega di mercato di Jefferies, oppure l'ex governatore della Fed ed ex presidente del Consiglio economico nazionale Larry Lindsey, o anche il responsabile delle obbligazioni di BlackRock, Rick Rieder. Gli altri candidati nella lista sono l'attuale vicepresidente della Fed, Michelle Bowman e Philip Jefferson, Lorie Logan, capo della Fed di Dallas, James Bullard, ex capo della Fed di St. Louis, e Marc Sumerlin, ex consigliere economico del presidente George W. Bush.

Un compito scomodo

Chiunque vincerà la volata al posto di timoniere della banca centrale USA avrà comunque un compito complesso. Non solo per le sfide che l'attendono sul piano economico, ma anche perché dovrà gestire il rapporto con il vulcanico Trump. Il presidente ha criticato Powell durante tutto il suo secondo mandato, già tempo prima di tornare alla Casa Bianca. Da presidente però, oltre a minacciare di licenziarlo, gli ha riservato anche alcuni insulti come "imbecille" e "idiota".

lunedì 11 agosto 2025

Investitori, non sarà un Ferragosto tranquillo (a causa di Trump)

Questa volta la settimana di ferragosto non sarà soporifera come al solito per gli investitori. C'è infatti il tema caldissimo dei dazi commerciali a tenere banco, ed anche il fronte macro presenta in calendario appuntamenti importanti. Inoltre i presidenti Trump e Putin si incontreranno presto per trovare una soluzione al conflitto in Ucraina.

L'evento clou per gli investitori

Nei prossimi giorni i mercati guarderanno soprattutto agli eventuali progressi nei negoziati tra USA e Cina, visto che si avvicina la scadenza del 12 agosto dopo la quale potrebbero scattare tariffe al 100%.

Negli Stati Uniti sono in uscita i dati sui prezzi al consumo (IPC) che ci daranno indizi sull'impatto dei nuovi dazi. In uscita anche l'indice dei prezzi alla produzione (PPI), nonché le vendite al dettaglio, la produzione industriale e la lettura preliminare del sentiment dei consumatori dell'Università del Michigan. 
Tutto ciò potrebbe incidere sul dollaro, che nell'ultima settimana è sceso di quasi lo 0.8%, e negli ultimi tempi ha oscillato tra triplo massimo e triplo minimo trading. I trader hanno soppesato i cambiamenti della Federal Reserve, le nuove minacce tariffarie e le crescenti aspettative che i tassi di interesse statunitensi possano essere tagliati di nuovo presto.

Oltre ai dati, i mercati seguiranno con attenzione il processo di conferma di Stephen Miran come nuovo membro del FOMC, nonché le dichiarazioni di diversi funzionari della Fed.

Cosa succederà in Europa

Nel vecchio continente, gli investitori guarderanno soprattutto all'indice tedesco ZEW del sentiment economico - che dovrebbe subire un brusco calo - e alla produzione industriale dell'area dell'euro (che è probabilmente diminuita a giugno). L'Unione pubblicherà la sua seconda stima del PIL del secondo trimestre.

Nel Regno Unito la settimana sarà fitta di dati. Spiccano il rapporto sull'occupazione e il PIL del secondo trimestre.
Sul fronte della politica monetaria, si prevede che la Norges Bank norvegese manterrà i tassi al 4,25% dopo aver effettuato il primo taglio in cinque anni durante l'ultima riunione.

NB. La corona norvegese può essere analizzata molto bene con lo strumento Demarker indicator.

Il resto del mondo

A livello globale, l'attenzione degli investitori si concentrerà sulla Cina (in uscita i report su produzione industriale, vendite al dettaglio e nuovi prestiti in yuan), ma anche sul PIL preliminare del secondo trimestre del Giappone. La RBA australiana annuncerà anche la sua decisione di politica monetaria. Si prevede che taglierà i tassi di 25 punti base, abbassando il tasso di interesse di cassa al 3,6%, a fronte dell'indebolimento della domanda interna e dell'aumento della disoccupazione.

mercoledì 6 agosto 2025

Spesa super per cibo e bevande: ad agosto si arriverà a 9,3 miliardi di euro

Con il gran caldo di agosto cresce la necessità di idratarsi e siccome molti saranno in vacanza, i pasti consumati fuori casa. Ma anche coloro che non vanno in vacanza (due italiani su tre) durante questo periodo si concederanno qualche distrazione in più, anche perché cresce il bisogno di convivialità e condivisione con amici e parenti. Ecco allora che il conto della spesa per bevande ed alimenti potrebbe salire alle stelle durante questo mese.

Il report sulla spesa

Secondo un recente report del Centro Studi di FIPE-Confcommercio, i consumi fuori casa degli italiani durante agosto 2025 comporteranno una spesa di circa 9,3 miliardi di euro. Tra colazioni, aperitivi, pranzi spuntini e cene, i locali di ristorazione saranno quasi sempre gremiti.

Le singole voci

Secondo il report, la spesa maggiore degli italiani sarà legata alla cena, con 4,9 miliardi di euro, oltre la metà dell'intero importo dei consumi di cibi e bevande fuori casa. Al secondo posto c'è il pranzo, con 2,4 miliardi di euro di spesa prevista.

Per la colazione al bar e gli aperitivi si spenderanno più o meno le stesse cifre, attorno ai 600 milioni di euro. Sono gli spuntini ad essere la voce più leggera di questo conto, con 400 milioni di euro per quello di metà giornata e per il dopo cena.

I luoghi preferiti

La maggior parte di questi importi verrà spesa soprattutto in bar e ristoranti, dove gli scontrini arriveranno rispettivamente ad un totale di circa 1,8 e 5,4 miliardi di euro. Se consideriamo anche la ristorazione veloce (fast food) il conto sale a 6 miliardi. 

Una spesa considerevole verrà sostenuta anche nei take away e negli street food, che assorbiranno circa 900 milioni di euro. Una somma interessante, pari a 500 milioni, verrà spesa durante sagre e fiere che sono sempre numerose nel periodo estivo. Infine, 100 milioni di consumi di cibi e bevande avverranno in discoteca e gelaterie.

giovedì 31 luglio 2025

Tariffe e meeting della banca centrale, ecco le novità dal Brasile

Mentre dalla banca centrale del Brasile non sono giunte novità rilevanti ai tassi di interesse, che restano al 15%, la notizia importante per il paese sudamericano giunge dal fronte delle tariffe statunitensi.

La decisione di Trump sulle tariffe

Il presidente Trump ha infatti deciso di rinviare l'entrata in vigore delle tariffe al 6 agosto, cinque giorni dopo la scadenza inizialmente prevista. La mossa è legata all'incriminazione dell'ex presidente Bolsonaro (stretto alleato di Trump) per presunto complotto di un colpo di stato dopo la sua sconfitta elettorale del 2022.

Inoltre Trump ha attenuato l'impatto dei dazi esentando settori chiave, tra cui l'aviazione civile, l'energia, il succo d'arancia, la ghisa, i metalli preziosi, la pasta di legno e i fertilizzanti. Questo attenua i timori che intere aree dell'economia brasiliana sarebbero state spazzate via dal prelievo.

La riunione della banca centrale

Nel frattempo, la giornata di ieri è stata caratterizzata anche dalla riunione della Banca Centrale del Brasile, che ha lasciato il suo tasso Selic stabile al 15%. La posizione cauta assunta dal Copom riflette le aspettative di inflazione, che rimangono al di sopra dell'obiettivo per il 2025 e il 2026, rispettivamente al 5,1% e al 4,4%.
Tra le ragioni che hanno spinto la BCB a confermare i tassi c'è anche l'aumento della volatilità delle condizioni finanziarie globali, dovuto alle politiche fiscali e commerciali degli Stati Uniti, nonché l'aumento delle tensioni geopolitiche.

Il Copom ha sottolineato la necessità di un periodo prolungato di politica significativamente restrittiva per indirizzare l'inflazione verso il suo obiettivo del 3%. Sebbene il comitato abbia segnalato una pausa nel suo ciclo di inasprimento per valutare gli effetti ritardati, ha anche ribadito la sua disponibilità a riprendere i rialzi se le pressioni inflazionistiche persisteranno.

La reazione del mercato

Sul fronte valutario, il real brasiliano si è stabilizzato a 5,57 per USD, ma resta comunque vicino al minimo toccato a inizio giugno. L'indicatore RSI evidenzia una situazione di equilibrio tra forze rialziste e ribassiste. Il real è stato favorito negli ultimi mesi dal maggior tasso reale del Brasile, che attira flussi di carry trade.
Intanto l'indice Ibovespa è salito dell'1% chiudendo a 133.990 mercoledì, sostenuto dal sollievo per le esclusioni dell'ultimo minuto dalla tariffa del 50% di Washington sulle esportazioni brasiliane.