venerdì 31 marzo 2017

Dazi USA al 100% sui prodotti della UE. Tutta colpa... della carne

Lo schiaffo di Trump al mercato sta per arrivare. Molti simboli del Made in Europe potrebbero essere soggetti a dazi al momento di entrare negli Stati Uniti. Lo riferisce una nota del Dipartimento del Commercio americano, che menziona fino a 90 prodotti europei (vanno dalle acque minerali Perrier, fino al formaggio francese, alle motociclette svedesi e alla mitica Vespa della Piaggio). Su questi prodotti potrebbe abbattersi il fardello di un dazio pari al 100%, come risposta al bando dell'Unione Europea sulle carni bovine che negli USA vengono trattate con gli ormoni.

A riferire l'intenzione del governo Trump e il prestigioso Wall Street Journal, che evidenzia come tutto nasca dalle forti pressioni dei produttori di carne di manzo statunitensi. Questi ultimi sarebbero rimasti molto delusi dalla mancata apertura dell'Unione Europea alle loro carni di maggiore qualità, quelle che non vengono trattate con gli ormoni. In tal modo la UE sarebbe venuta meno ad un accordo risalente al 2009. Da qui scatterebbe la vendetta da parte degli USA.

La guerra della carne e i dazi

Va tuttavia precisato che il valore limite su cui gli USA potranno vendicarsi, secondo le norme del WTO è al massimo di 100 milioni di dollari complessivi, cioè da tutti i paesi UE. Un'inezia se si pensa che l'export complessivo verso gli Stati Uniti è pari a 360 miliardi.

Va ricordato che la diatriba sulle carni bovine alimentate con gli ormoni è di vecchissima data. Già nel 1996 Washington trascinò Bruxelles davanti al WTO, che mise al bando di divieto Ue alle importazioni di carne bovina, a prescindere dalla presenza o meno di ormoni. Nel 2009 Stati Uniti e Unione Europea provarono anche a fare la pace con un accordo Washington. Ma questo determinava quote di importazione che non erano specifiche per gli Stati Uniti, bensì riguardavano tutti i paesi terzi. Quindi quelle quantità ammesse nella UE venivano costantemente esaurite da altri paesi come Australia, Argentina, Nuova Zelanda...

Al momento, malgrado da più fronti si invochi una "pace", non sembra esserci alcuna concreta mossa per risolvere la questione in via amichevole.

mercoledì 29 marzo 2017

Mercati finanziari rassicurati dalla Yellen: confermati altri due rialzi dei tassi

Sui mercati c'era molta curiosità di conoscere il pensiero di Janet Yellen - presidente della Federal Reserve - dopo gli scossoni economici a seguito del primo grosso flop politico di Trump (bocciata la sua proposta di riforma sanitaria). Ebbene, la Yellen ha parlato ieri sera confermando sostanzialmente il programma operativo dell'istituto centrale americano. Si andrà avanti verso il doppio rialzo dei tassi di interesse previsto in questo 2017.

Parlando a Washington, tuttavia, la Yellen ha dato la sensazione che un briciolo di quell'ottimismo iniziale è effettivamente calato, e che il costo del denaro sarà ritoccato solo altre due volte e non tre come era stato ipotizzato.

I mercati hanno “abbracciato” questo scenario ormai da diverse settimane, come testimoniato dall’indebolimento del dollaro del 2,5% nell’ultimo mese sulle principali divise mondiali (se volete fare trading binario, ricordatevi di scegliere operatori affidabili. Qui c'è un elenco broker opzioni binarie consob).

La reazione dei mercati

Il dollaro nella giornata di ieri ha chiuso in leggero rialzo sull’euro (e questa mattina poco dopo orario forex apertura era a quota 1,0784), ma fino a quando non ha parlato Yellen gli acquisti erano stati contenuti. Solo dopo le rassicurazioni del capo della FED la spinta s'è fatta più forte. Sul mercato obbligazionario si segnala l’asta di CTz del Tesoro che ha venduto l’importo massimo di 2,5 miliardi di euro fronte di una domanda di 4,4 miliardi. Il tasso è sceso di 11 centesimi a -0,085%.

Il leader della FED ha confermato indirettamente che il quadro è buono ma non eccezionale, mettendo l'accento sulla “disoccupazione ombra”, spiegando che ci sono ancora delle sacche di disoccupazione alta. Insomma se il tasso di disoccupazione ufficiale è tutto sommato buono (4,7%), quello reale forse necessita di miglioramento.
Intanto dopo otto ribassi di fila (serie peggiore dal 2011) la borsa di Wall Street risale di quasi un punto percentuale. Da inizio mese, tuttavia, resta in passivo (-1,5%) e con ogni probabilità si avvia a chiudere marzo in rosso. Il primo bilancio negativo dell'era Trump.

lunedì 27 marzo 2017

Mercati: avvio di settimana negativo per le Borse. La Ferrari corre

Comincia con il segno meno la settimana della Borse europee, che si muovono in scia al risultato negativo di Tokio. A pesare sul sentimento degli investitori è soprattutto la vicenda legata all'ObamaCare, riguardo alla quale c'è stata una brusca ritirata da parte dell'amministrazione Donald Trump e dei repubblicani. La riforma sanitaria che vende realizzata dal ex presidente degli Stati Uniti è riuscita così a respingere l'assalto di Trump, che adesso sa quanto sia complicato riuscire a mettere in atto le sue promesse elettorali, e quanto sia debole la propria posizione.

Borse e petrolio giù, euro in salita sul dollaro

Tra le Borse europee inizia malissimo Francoforte, che scende dello 0,71% come Parigi. Male anche Londra, che evidenzia un ribasso dello 0,77%. A Piazza Affari, il FTSE MIB è in frazionale calo calo (-0,53%). Il calo è generale e diffuso, e sono davvero pochi i titoli che hanno spunti positivi.
Tra questi c'è Ferrari, che avanza dell'1,51% grazie alla prima vittoria della stagione al mondiale di Formula 1.
Male i bancari. Unicredit avvia la seduta con -1,74%. In apnea Banco BPM che arretra dello 0,95%. Rosso per Buzzi Unicem (-1,87%).

Per quel che riguarda il mercato valutario, la moneta europea comincia con un piccolo guadagno nei confronti del biglietto verde (1,06%).
Male invece il petrolio con il light sweet crude oil che scambia a 47,55 dollari per barile, perdendo quasi un punto percentuale (calo dello 0,88%).

Riguardo ai dati macro, oggi sono in arrivo delle indicazioni molto interessanti dal IFO della Germania, dove peraltro Angela Merkel ha vinto il primo test elettorale.

venerdì 24 marzo 2017

Market mover in programma, la finanza non prevede grandi scossoni in calendario

L'ultimo giorno di contrattazioni sui mercati finanziari non prevede grandissimi appuntamenti nel calendario macro. Del resto la settimana scorso ha riservato i botti più grossi. Tra i market mover di oggi ce ne sono alcuni in area euro, dove è stato pubblicato il PMI composito.

Il dato ottenuto è una bella spinta per la valuta unica, visto che la crescita economica dell'Eurozona ha acquisito maggiore slancio, toccando un valore record in quasi 6 anni. La stima flash preliminare dell'indice Pmi composito dell'Eurozona di marzo, infatti cresce da 56 a 56,7. Si tratta del valore maggiore dall'aprile 2011.
L'indicatore Pmi manifatturiero sale a 56,2 da 55,4 di febbraio, anch'esso ai massimi da 71 mesi. L'indagine ha anche registrato la migliore crescita dei livelli occupazionali in quasi un decennio. Inoltre si è registrato un aumento degli ordini sia in ambito manifatturiero che nel terziario.

L'euro a seguito di questi dati cresce nel Forex, e giunge a 1, 0806 (ricordatevi sempre che se non siete pratici del mercato valutario, è sempre meglio cominciare ad allenarsi con una piattaforma forex demo gratis.

Gli altri market mover

Per quanto riguarda gli USA invece, si attendono nel primo pomeriggio alcuni dati interessanti, come quello sugli ordini di beni durevoli a febbraio. Si tratta ancora di una stima preliminare, e le aspettative sono di un incremento di 1,5 punti percentuali sul mese. Parliamo quindi di un rallentamento rispetto al 2% di gennaio.
Vanno anche messi sotto i riflettori i discorsi di altri membri della FED, come Kaplan ed Evans.

Attenzione al dato dalla Russia, dove la banca centrale oggi ha deciso di abbassare il tasso di interesse con una mossa a sorpresa, visto che tutti si attendevano una conferma al 10%. Quello che coinvolge il rublo è uno dei cross con gli spread più alti (vedi qui miglior spread trading cos'è), ma visti gli eventi si potrebbe fare qualcosa di interessante e intravedere qualche buona opportunità di profitto.

mercoledì 22 marzo 2017

Parmalat-Lactalis, l'Opa si rivela un flop. Francesi a casa con solo l'1,1% in più

Non va a buon fine l'OpA (offerta pubblica di acquisto) lanciata da Lactalis su Parmalat. Il gruppo francese infatti non è riuscito ad andare oltre la soglia del 90%. Il tentativo di portare via da Piazza Affari il gruppo fondato da Calisto Tanzi quindi non riesce (ricordiamo che Parmalat fu protagonista di un crac senza precedenti un paio di decenni fa).

Eppure l'operazione sembrava essere "semplice", visto che alla famiglia Besnier (Lactalis) restava soltanto un 2% circa per arrivare alla soglia del 90% (già ne deteneva oltre l'87%).
A frenare la riuscita è stata la presenza di alcuni azionisti di minoranza molto restii ad accettare l'offerta pubblica di acquisto. Ad esempio Amber, che assieme ad altri fondi (GAM e Gabelli), aveva da tempo pronunciato il rifiuto a consegnare le azioni in sui possesso, pari a circa il 6% di capitale.

Il naufragio dell'Opa Parmalat-Lactalis

Anche i piccoli azionisti però non è che siano rimasti folgorati dalla proposta di Lactalis. Malgrado un sostenuto apporto in termini di campagne pubblicitarie e il timore di avere tra le mani un titolo non quotato, i piccoli azionisti si sono tenuti i loro titoli e così hanno fatto naufragare la proposta di Lactalis. Quest'ultima si era addirittura spinta ad alzare il prezzo dell’Opa portandola da 2,8 a 3 euro, ed aveva anche allungato i termini dell'operazione, portandola a scadenza oggi. Non è servita a nulla neppure la "consegna" da parte di Norges Bank di un pacchetto Parmalat da 8 milioni di titoli.

Alla fine quello che i francesi di Lactalis sono riusciti a racimolare sul mercato è appena l'1,1% del capitale. Troppo poco per portare via Parmalat dalla Borsa Italiana. Dopo il fallimento dell'Opa, la famiglia Besnier dovrà comunicare se intende rinunciare al raggiungimento della soglia del 90% e arrotondare comunque la sua quota.

lunedì 20 marzo 2017

Mercati valutari, cosa aspettarci dopo una settimana deludente?

Comincia oggi la penultima settimana operativa di marzo sul mercato valutario, dopo che la seduta di venerdì era stata abbastanza noiosa e caratterizzata da pochi spunti di volatilità. Eppure di solito la "giornata delle 4 streghe", ovvero quella in cui scadono in contemporanea i contratti future e le opzioni su indici ed azioni, di solito presenta grossi picchi di volatilità. Stavolta invece non è stato così.

Possiamo vederlo nel grafico allegato, riferito alla coppia Eur-Usd. Si vede che l'Indicatore Average True Range (ATR) che esprime appunto la volatilità, non ha avuto una impennata come ci si poteva attendere (nel grafico questo indicatore è il secondo, quello rosso che si trova in basso).

Il bilancio della settimana sui mercati valutari

S'è trattato comunque di una settimana molto delicata, visti gli appuntamenti macro con BCE, Fed, BoJ e BoE. Alla fine l'unica che ha cambiato registro è stata la banca centrale americana, che ha proceduto (secondo le aspettative) al rialzo dei tassi di interesse. E proprio mercoledì e giovedì - a seguito della riunione FED - ci sono stati gli spunti più rilevanti sul mercato valutario.

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Del resto la presidente FED Yellen ha condito il rialzo del costo del denaro con parole rassicuranti, ma anche frenato gli entusiasmi riguardo ulteriori numerosi rialzi nel corso del 2017. Insomma, non si vuole accelerare il processo di normalizzazione dei tassi verso l’obiettivo del 3%, se non in presenza di dati macro davvero solidi. La conseguenza è che i mercati azionari hanno accolto con uno sprint rialzista queste parole, mentre il dollaro si è indebolito nel mercato valutario.

Il cross Euro-Dollaro ha segnato un rialzo, come accade ormai da una decina di giorni. Il trend è confermato dall'indicatore on balance volume trading, che se osservato suu n grafico a 4ore conferma questa forte tendenza. Nel grafico lo possiamo vedere come quello indicato in blu. Come si nota, esso segue il rialzo che si è registrato nelle quotazioni di Eur-Usd.

venerdì 17 marzo 2017

Bulgari, a Valenza apre il nuovo stabilimento orafo: sfida a Cartier

La sfida della grande oreficeria parte dal Piemonte. La Gioielleria Bulgari, marchio del gruppo internazionale francese Lvhm, ha infatti aperto il nuovo stabilimento orafo inaugura un grande stabilimento nel distretto di Valenza. Si tratta di un polo da 14mila metri quadri di superficie. Hanno tagliato il nastro Antonio Belloni (direttore generale), Jean Christophe Babin (amministratore delegato), Nicolò Rapone (direttore dello stabilimento di Valenza), l’attrice Isabella Ferrari, il sindaco di Valenza Gianluca Barbero e il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, il prefetto di Alessandria Romilda Tafuri, il ministro Carlo Calenda e Rita Rossa, sindaco di Alessandria.

Il binomio Bulgari - Valenza

Proprio l'amministratore delegato Jean Christophe Babin ha voluto lanciare la sfida ambiziosa: "Vogliamo crescere ancora. Siamo secondi al mondo per i gioielli e vogliamo diventare primi". Ha poi comunicato che l'investimento fatto per realizzare questo polo è stato di alcune decine di milioni. Inoltre si tratta di una situazione ancora in divenire, visto che entro il 2020 nasceranno 300 nuovi posti di lavoro che si aggiungono ai 400 esistenti.

Va anche sottolineato che Bulgari s'è fatto carico di portare avanti un piano che comprende fra l’altro servizio bus (dalla stazione Fs e da Casale) grazie ad un accordo con una ditta privata, nonché facilitazioni per il carpooling e il carsharing (passaggi in auto o vetture in condivisione).

"Da qui parte un messaggio di ottimismo - afferma il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda - Grazie per avere investito, per avere scommesso su un grande marchio italiano. È un momento simbolico, importante per il Paese". Gli ha fatto eco il sindaco di Valenzia, Gianluca Barbero: "Questo è l'esempio di un'Italia che funziona".

mercoledì 15 marzo 2017

Federal Reserve System, attesa per le decisioni sui tassi... ma soprattutto per il commento Fomc

E' il giorno della Federal Reserve System, più nota come FED. La maggior parte degli analisti si aspetta che in serata la banca centrale americana decida di aumentare il tasso di interesse di 25 punti base (portandoli allo 0,75-1%), dando così una spallata al Forex market. Intanto Wall Street ha aperto in lieve rialzo mentre le Borse europee sono più caute, anche in vista dei risultati delle elezioni in Olanda. Questo è l'altro tema molto delicato del giorno, visto che c'è un testa a testa tra l’attuale premier e il leader del partito anti-europeista.

Tutti aspettano la scelta del Federal Reserve System

Gli investitori al momento restano alla finestra, con il cross Euro-Dollaro che si muove poco secondo la nostra piattaforma openbook Etoro (opinioni qui). Tuttavia secondo la società di investimento Fidelity International, i mercati stanno pienamente prezzando un rialzo dei tassi d'interesse da parte della Fed.

Ad essere molto influente sull'evoluzione del mercato dei cambi non sarà quindi la scelta in sé, ma il commento del Fomc che la accompagnerà.

Ricordiamo che solo qualche settimana fa, una stretta monetaria era difficilmente immaginabile negli USA. Poi c'è stato un continuo ottimismo dei mercati finanziari (alimentato dalla speranza di sgravi fiscali Trump, e da una serie di dati macro incoraggianti). Questo ha fatto impennare le probabilità di un intervento odierno, misurate dalla piazza future, al 93% per cento.

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Intanto nel Forex, dopo che nella seduta di ieri c'era stato un apprezzamento del dollaro, perché gli operatori si erano riposizionati in vista della Fed, questa mattina il mercato valutario si è mosso relativamente poco. L'euro/dollaro rimane stabilmente sopra 1,06, mentre resta sotto pressione la sterlina dopo il via libera all'inizio della vera Brexit.

martedì 14 marzo 2017

Acea, nel 2016 risultati migliori di sempre. Verrà staccato un dividendo

Sono ottime notizie quelle che arrivano per ACEA. Il gruppo ha chiuso il 2016 con ricavi pari a 2,83 miliardi di euro, e anche se si tratta di un lieve calo rispetto al 2015 (-2,9%) nel complesso il margine operativo lordo ha toccato gli 896,3 milioni di euro, ovvero in salita del 22,4% rispetto all'anno precedente. Il risultato operativo è migliorato del 36,1%! (giungendo a 525,9 milioni di euro). In forte progressione anche il risultato di gruppo che si è attestato a 262,3 milioni di euro, il 49,9% in più rispetto ai 175 milioni del 2015.

Risultati di Acea

Per questi motivi il CdA presieduto da Catia Tomasetti, ha approvato il progetto di Bilancio, il Bilancio consolidato al 31 dicembre 2016 e il Bilancio di Sostenibilità 2016, ed ha proposto all'assemblea degli azionisti la distribuzione di un dividendo pari a 0,62 euro per azione. La data in cui verrà staccato è stata fissata per il 19 giugno, con pagamento a partire dal successivo 21 giugno.
Ieri, dopo questa notizia, la quotazione Acea ha segnato un bel balzo in Borsa (3%).

Per quanto riguarda il 2017, la previsione del gruppo prevede è di un aumento del margine operativo lordo che dovrebbe porsi tra il 4% e il 6% (785 milioni di euro del margine 2016). A fine anno l’indebitamento finanziario netto dovrebbe essere compreso tra i 2,3 e i 2,4 miliardi di euro.

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"I risultati conseguiti evidenziano come sia possibile raggiungere obiettivi sfidanti incrementando gli investimenti e la qualità del servizio – ha commentato Catia Tomasetti, Presidente di Acea – attraverso un processo di digitalizzazione che, coinvolgendo tutte le aree di attività, consente la realizzazione di un nuovo e più efficiente modello operativo. E' confermata la capacità del Gruppo di creare una significativa crescita di valore."

sabato 11 marzo 2017

Forex, si avvicina il rialzo dei tassi FED. Ma intanto l'euro prende terreno

Se dai dati macro ci si attendeva una conferma alla possibilità di un rialzo dei tassi negli USA, ecco punbtuale che arriva dal Non Farm Payrolls. Le buste paga del settore non agricolo confermano infatti che l'economia americana è in crescita ed è sempre più solida. Le Non farm payrolls fanno segnare per il 77esimo mese consecutivo un saldo positivo, visto che lo scorso mese sono stati creati ben 235 mila posti di lavoro negli States. Addirittura il valore va anche oltre le previsioni degli analisti di Bloomberg (200 mila posti).

Contemporaneamente il tasso di disoccupazione è calato al 4,7% (il valore precedente era 4,8%) ma in questo caso si tratta di una diminuzione che era stata ampiamente prevista dagli economisti. Scende il numero dei disoccupati di lungo termine, ovvero quelle persone che sono senza lavoro da almeno 27 settimane. Il loro numero resta attorno quota 1,8 milioni, ma su base annuale è sceso di circa 358 mila unità. Bene anche i salari, che salgono in media dello 0,2% arrivando a 26,09 dollari l'ora.

Via libera alla Federal Reserve e riflessi sul Forex

Il quadro complessivo, come detto, conferma la solidità del settore occupazionale, e quindi in generale il clima di fiducia manifestato dai fondamentali economici degli Stati Uniti.
Questo dovrebbe dare un'altra spinta alla FED, che si appresta di qui a pochi giorni ad alzare il costo del denaro. Una mossa che peraltro è il preludio a ulteriori rialzi attesi nel corso del 2017 (forse 3).

Sul Forex, nel frattempo il dollaro ha chiuso la settimana in calo rispetto all'euro (vedi qui il convertitore dollari euro cambio). Il movimento è stato quasi di un punto percentuale, ed è cominciato dopo le parole di Mario Draghi nel corso della riunione BCE di giovedì scorso. Al momento la coppia scambia a quota 1,0668. Cala anche il dollar index, ovvero l'indicatore che sintetizza la variazione del biglietto verde su un paniere di valute rivali.

Sotto il profilo tecnico, bisogna tenere sotto monitoraggio quella resistenza (appena violata) che c'è a quota 1,0627. Se la violazione sarà confermata, allora potrebbero aprirsi nuovi scenari rialzisti per l'eur-usd. Proveremo a verificare la situazione sfruttando la strategia rsi 2 periodi, e poi vi faremo sapere che novità ci sono.

giovedì 9 marzo 2017

Quotazione del petrolio in calo sotto i 50 dollari. In Borsa scivolano i titoli del comparto

Tornano a crollare le quotazioni del petrolio. L'oro nero si sta aggirando attorno alla soglia critica dei 50 dollari al barile, e questo accade per la prima volta dal 15 dicembre scorso, quando si era in pieno rally a seguito dell'accordo tra produttori sul contingentamento della produzione. Le quotazioni del greggio Wti oggi hanno segnato un calo dell'1,5%, scivolando così sotto il valore di 50 (49,53 dollari) al barile. Dopo un lieve rialzo nel corso della mattinata, la quotazione è tornata a scendere.

Scorte USA penalizzano quotazione del petrolio

A pesare sono i dati resi noti negli Stati Uniti, dove si apprende che le scorte sono andate in netto aumento (Nella settimana al 3 marzo gli stock statunitensi sono saliti di 8,2 milioni di barili, decisamente al di sopra degli 1,1 milioni stimati dagli analisti). Cosa che ha fatto dubitare gli investitori sulla effettiva efficacia dei tagli della produzione applicati dall'Opec.
Con il prezzo che è risalito, il mercato è infatti tornato molto appetibile e sono ricominciate le trivellazioni. E quindi di nuovo aumento della produzione.

Dal punto di vista tecnico, c'è chi ritiene che il percorso in discese potrebbe ancora aumentare in futuro, specie se verrà infranta quota 48-48,50, ovvero la media mobile a 200 giorni coincidente con la linea che sale dai minimi del 2016.
Altri invece sostengono che il mercato nei prossimi mesi dovrebbe continuare a trovare sostegno nei tagli dei produttori, tanto che verso l'estate si dovrebbe giungere a un decumulo delle scorte complessive di almeno 100 milioni di barili rispetto a dicembre 2016.

Il crollo del petrolio ha avuto effetti anche in Borsa, dove sono andati in declino tutti i titoli legati al comparto. Vale per l'Italia come nel resto d'Europa. Tenaris (-3,10) mostra la peggiore performance tra i titoli del settore. Sulla stessa linea Saipem che cede il 2,84%, mentre Eni scivola dell'1,89%.

martedì 7 marzo 2017

Forex, la RBA non tocca i tassi. Lieve rialzo per l'aussie

Come ampiamente previsto dagli analisti, la Banca centrale Australiana ha deciso di conservare immutati i tassi di interesse al livello dell'1,5%. Si tratta del valore minimo raggiunto ad agosto scorso, quando venne fatto un ritocchino di 25 punti base. Fu peraltro il secondo ribasso nel giro di pochi mesi. Da allora però la RBA ha deciso di non muovere più alcunché nella propria politica monetaria, attendendo gli eventi soprattutto dagli USA.

Tassi e aussie nel Forex

La scelta della RBA ha momentaneamente rafforzato il dollaro australiano contro la valuta statunitense. Il cambio AUD/USD infatti è salito e sta viaggiando attualmente in rialzo dello 0,33% su quota 0.7604 secondo il nostro broker xm trading, recensioni qui. In giornata c'era stata prima una impennata subito dopo le comunicazioni della banca centrale australiana, poi un ripiegamento e quindi una nuova risalita.

La scelta di conservare il costo del denaro all'1,5% apre la strada ad un consolidamento del cambio AUD/USD. Tuttavia adesso bisogna capire cosa succederà settimana prossima, quando è previsto il probabile aumento dei tassi da parte della Federal Reserve. Questo potrebbe spingere verso il ribasso la coppia aussie-biglietto verde.

I livelli tecnici da monitorare attualmente sono 0.7650/56 (puntate sempre ad ottenere il miglior spread trading, cos'è lo vedete qui), che potrebbe essere una resistenza cruciale, che qualora violata potrebbe spianare la strada verso quota 0.7701.
Sul fronte ribassista, invece, il supporto si trova a 0.7542. Al di sotto di tale livello, diventerebbe probabilmente molto forte la pressione di vendita sull'aussie, indirizzandolo verso quota 0.7507/00.

domenica 5 marzo 2017

Imprese, salgono le assunzioni ma le banche concendono sempre meno finanziamenti

L'Italia può brindare ad alcuni dati positivi relativi all'economia del Belpaese, soprattutto per quello che riguarda il mondo del lavoro. Il 2017 si è aperto con il segno "più" davanti a diversi indicatori, soprattutto quelli più rilevanti. Secondo l'Osservatorio mercato del lavoro CNA l'aumento dell'occupazione a gennaio è stata dello 0,9% rispetto a dicembre (in linea con l'incremento segnato a gennaio 2016: +1%), mentre su base annua la crescita è del 2,3%.

I dati su lavoro e imprese

L'analisi di CNA è stata condotta su un campione di 20.500 imprese artigiane, e ha coinvolto circa 125 mila dipendenti complessivi. Il dato più evidente di questa indagine sta nel boom delle assunzioni, che in un mese hanno avuto una impennata di +8,2%.

Peraltro questa crescita ha riguardato tutte le forme contrattuali, purtroppo eccezion fatta del lavoro a tempo indeterminato che invece ha subito una pesante flessione (-11,7%). Va anche detto però, che se facciamo un confronto con l'anno scorso anche questo dato deve far piacere, visto che a gennaio 2016 il calo rispetto al mese prima era stato del -41,9%.

Parallelamente a questi dati, ce ne sono altri che sono stati forniti dal centro studi Unimpresa, relativi ai finanziamenti concessi alle imprese. Ebbene, le concessioni di credito sono crollate di quasi 80 miliardi di euro negli ultimi 8 anni. Al tempo stesso i crediti deteriorati sono saliti di 243 miliardi. Nel frattempo gli istituti, che hanno ricevuto 123 miliardi in più di liquidità dalla Bce, hanno incrementato gli acquisti di titoli di Stato di 240 miliardi. Lo stock di impieghi alle imprese è sceso da 869 miliardi a 791 miliardi (-9%).

venerdì 3 marzo 2017

Quotazione del AUD ancora forte, ma l'azione di Fed ed RBA potrebbe cambiare tutto

La migliore valuta nel paniere G10 durante questo primo scorcio dell'anno è stato il dollaro australiano, l'Aussie. Il suo guadagno nei confronti del dollaro è andato oltre il 6%, e questo trend non sembra fermarsi. L'economia dell'Australia inoltre segna una crescita forte, visto che il Prodotto interno lordo (Pil) ha segnato nel quarto trimestre del 2016 una espansione dell'1,1%, mentre gli analisti si aspettavano una crescita trimestrale dello 0,8%.

La doppia spinta alla quotazione del AUD

Il motivo dell'apprezzamento sensibile del dollaro australiano, così come visibile sulla piattaforma IG, va però ricercato soprattutto in due fattori (vedi forex Ig markets recensione). Da una parte il deprezzamento del dollaro nel corso di gennaio e buona parte di febbraio, dopo il rally che aveva fatto seguito all'elezione di Trump.
Dall'altra il forte aumento dei prezzi del ferro, che assieme al recupero dei prezzi delle materie prime, ha fatto da traino all'intera economia australiana.
Non per niente l'AUD è una valuta fortemente legata all'andamento delle esportazioni, che rappresentano il 20% del PIL australiano. E queste ultime sono a loro volta strettamente correlate all'economia cinese, che è il primo importatore di merci australiane.

Ma questo andamento del cross Aud-Usd è sostenibile nel lungo periodo? Qualche dubbio c'è, per cui se volete tradarlo almeno assicuratevi un buon spread (approfondisci il tema miglior spread trading cos'è). Proprio per quanto detto poco fa, bisogna guardare con molto sospetto al fatto che l'inventario dei minerali di ferro della Cina ha raggiunto quasi 130 milioni di tonnellate. Ci si avvia quindi a uno squilibrio tra domanda e offerta, che potrebbe penalizzare le esportazioni australiane.

In secondo luogo la crescita dell'AUD (tornato ai livelli dell'estate 2015) fa sorgere qualche preoccupazione nella RBA. La banca centrale infatti ha sostenuto più volte che di fronte a un aussie troppo forte è pronta a varare una manovra espansiva, tagliando quindi i tassi. Ecco perché molti pensano che questo accadrà, e che a breve la coppia AUD/USD potrà ritornare verso quota 0,75.

mercoledì 1 marzo 2017

Economia USA, ecco come Trump vuole ridare slancio alla crescita

L'intervento di Trum al Congresso ha fornito molti spunti interessanti su cui riflettere. Il nuovo presidente ha mostrato un volto meno combattivo e più composto... più presidenziale. Ha chiesto al Parlamento di mettere da parte gli scontri e unirsi per una America più forte. In realtà, a parte qualche contenuto meglio specificato riguardo alla politica del suo governo, non c'è stato alcun cambio di rotta riguardo la sua crociata contro l'immigrazione illegale, il muro al confine con il Messico e la voglia di rivedere gli accordi commerciali e proteggere gli interessi americani.

Le idee di Trump per rilanciare l'Economia usa

"Manterremo le promesse fatte al popolo americano", ha detto Trump, a cominciare dall'economia. Il nuovo presidente ha fatto l'elenco di molte importanti aziende che investiranno miliardi negli Stati Uniti, dove creeranno anche migliaia di nuovi posti di lavoro. Poi ha sottolineato come "la Borsa ha guadagnato tremila miliardi dalle elezioni, un record".

Fisco. Riguardo alla riforma delle tasse, Trump ha promesso di ridare slancio al Paese attraverso il taglio delle aliquote per le famiglie e soprattutto per le imprese. Verranno portate al 20% dall'attuale 35%, anche se non viene speigato quando questo accadrà. Al momento infatti gli stessi repubblicani che a far quadrare i conti dello Stato.

Economia. Il nuovo presidente vuole raggiungere il livello di crescita migliore possibile, ovvero il 3%. Secondo Trump è possibile riuscirci tramite gli sgravi fiscali e una forte deregulation, ma occorrerà anche un piano di investimenti in infrastrutture. Queste ultime dovranno essere finanziate attraverso capitali pubblici e privati, creando milioni di posti di lavoro. Trump ha anche vantato una direttiva che ordina ai costruttori di oleodotti o gasdotti nell'energia di usare acciaio statunitense.

Commercio. Qui c'è il manifesta protezionista di Trump: "Abbiamo perso oltre un quarto dell'occupazione manifatturiera da quando è stato approvato il Nafta". Trump è così tornato a criticare pesantemente le intese di libero scambio, che vorrebbe ridiscutere e inoltre vorrebbe eludere le norme del Wto per poter imporre con maggior facilità sanzioni e rappresaglie contro Paesi accusati di pratiche di interscambio dannose per l'America.