lunedì 30 dicembre 2019

Tasse e Paradisi fiscali: gli Italiani nascondono al Fisco 142 miliardi di euro

Il rapporto tra gli italiani e le tasse non è mai stato buono. Il tasso di evasione è altissimo, e secondo gli ultimi dati c'è un fiume di denaro che va a finire nei paradisi fiscali. Si parla di circa 142 miliardi di euro, secondo quanto rilevato dalla Commissione Europea.

Capitali nascosti alle tasse

Per rendere meglio l'idea della cifra di cui stiamo parlando, basta pensare che essa corrisponde all'8,7% del Pil del nostro Paese. Soldi che ovviamente vengono nascosti alle tasse. Va inoltre precisato che i dati resi noti riguardano le sole ricchezze liquide, ovvero depositi bancari e attività di portafoglio. Invece non vengono presi in considerazione tutti gli altri beni immobili, e i beni mobili come opere d'arte, polizze vita, le criptovalute e contanti.

Brutta abitudine europea

La brutta abitudine di nascondere all'estero i propri capitali non è solo italiana. In quasi tutta Europa i governi sono alle prese con il problema di chi è solito stipare ricchezze nei paradisi fiscali. In Germania ad esempio sono stati stimati circa 331 miliardi di euro, seguita dalla Francia con 277 miliardi di euro, e dalla Gran Bretagna con 218 miliardi di euro. L'Italia è al quarto posto.

La lotta all'evasione

La cosa positiva è che gli italiani hanno portato sempre meno denaro nei centri offshore. Infatti nel 2001 l'importo raggiungeva in dollari la somma di 216,9 miliardi, ma nel 2013 era giunto a 167,1 miliardi di dollari. L'andamento ha mostrato ulteriori discese fino ai 163,4 miliardi di dollari nel 2015 e 149,8 nel 2016, importo che corrisponde poi ai 142 miliardi se si converte la cifra in euro. Nella Legge di Bilancio 2020 il Governo Conte bis dichiara guerra all'evasione fiscale, e intanto la Commissione Europea illustra un quadro molto interessante che riguarda la fuga di capitale verso centri offshore.

Ribadiamo che stipare capitali all'estero significa anche provocare un ammanco dalle casse dell'erario. Meno introiti da tasse. Per questo la battaglia per contrastare il fenomeno è uno dei cardini della Commissione Ue, che ha rilevato un miglioramento delle strategie adottate dai contribuenti per evadere il fisco, perfezionando le capacità di acquisire partecipazioni offshore nascoste.

venerdì 27 dicembre 2019

Borsa, chiusura fiacca per Piazza Affari. Brilla ancora NEXI

Finisce con un calo la settimana (ridotta, per via delle festività natalizie) di Piazza Affari. L'indice di Borsa milanese Ftse Mib perde lo 0,59% a 23.757 punti, sulla stessa linea, cede alle vendite il FTSE Italia All-Share, che chiude a 25.890 punti. Pressoché invariato il FTSE Italia Mid Cap (-0,07%), come il FTSE Italia Star (0,0%). Altrove in Europa, procede con piccoli passi in avanti Francoforte (0,27%). Rimane invece ferma Londra (+0,1%), così come Parigi (+0,15%). Oltreoceano, Wall Street prosegue la tendenza rialzista.

Pochi movimenti in Borsa

E' stata una giornata fiacca a livello di scambi, appena 1,5 miliardi di euro di controvalore, in ripresa però rispetto alla seduta dello scorso 23 dicembre. I contratti si sono attestati a 180.049, rispetto ai 168.490 precedenti. Su 217 titoli trattati a Piazza Affari, 113 hanno terminato la seduta con una flessione, mentre i rialzi sono stati 86. Invariate le rimanenti 18 azioni.

Considerazione tecnica: prima di fare investimenti online, è bene conoscere che cos'è lo slippage trading e le sue possibili conseguenze.

I singoli titoli in Borsa

Malgrado sia calato lo spread, giunto a 162,5 punti, non è stata una giornata positiva per il comparto finanziario. Perdono molto terreno infatti sia Unipol (-2,28%), che Intesa (-1,9%) e Unicredit (-1,66%). Perdite notevoli anche per Tim (-1,94%).

Chi invece viaggia spedito è Nexi, miglior titolo del Ftse Mib con un rialzo del 3,1%, ed in attesa di un accordo per la fusione con Sia e dopo i dati sui pagamenti elettronici a Natale. Continuano a puntare su questo titolo i migliori segnali di trading gratuiti. Bene anche Saipem (+1,98%) dopo aver annunciato di essersi aggiudicata nuovi contratti ed estensioni di contratti esistenti nel drilling onshore e nel drilling offshore per un valore complessivo di circa 1,7 miliardi di dollari. Segnali di vitalità anche sul titolo Atlantia (+0,7%), dopo che il presidente di Crt Giovanni Quaglia ha dato la propria disponibilità a mediare con il Governo sulla concessione di Autostrade.

L'euro chiude in rialzo, in un mercato che premia la propensione al rischio e fa arretrare il biglietto verde. La moneta europea passa di mano a 1,1179 dollari e 122,47 yen.

giovedì 19 dicembre 2019

Pagamenti, il 9,9% di Nexi diventa di Intesa Sanpaolo. Ecco i termini dell'operazione

Nel mondo delle banche c'è da registrare un altro avvenimento importante. Come era stato anticipato nelle scorse settimane da indiscrezioni di stampa, Intesa Sanpaolo ha siglato un accordo con la società di pagamenti Nexi, nella quale entra con una quota pari al 9,9% del capitale.

L'accordo tra la banca e la società di pagamenti

Alla società di pagamenti dall’azionista Mercury UK HoldCo, viene invece trasferito il ramo aziendale di Intesa Sanpaolo per l'attività di acquiring, che al momento viene svolta internamente nei confronti di oltre 380.000 punti vendita. Il trasferimento del ramo aziendale avverrà tramite conferimento a una controllata di Nexi per un valore pari a 1.000 milioni di euro.
Con questa operazione, che una nota di Intesa chiarisce che verrà perfezionata entro l’estate 2020, l'istituto di credito realizza una plusvalenza netta di circa 900 milioni di euro sul conto economico del prossimo anno. L'istituto precisa che tale plusvalenza potrebbe non riflettersi interamente sull’utile netto, se nel corso del prossimo anno dovessero essere individuate allocazioni idonee al rafforzamento della redditività sostenibile.

Partnership promozionale

L’accordo non finisce qui. Infatti prevede anche una partnership ultraventennale in forza del quale Intesa Sanpaolo promuoverà e distribuirà ai clienti le soluzioni e i servizi sviluppati dal gruppo Nexi, si legge nella nota della società di pagamenti.

Bel colpo per Nexi

Per la società di pagamenti Nexi l'operazione, che genererà un aumento dell’Ebitda di circa 95 milioni e un aumento “high teens” del cash EPS a partire dal 2020, rappresenta un "ulteriore segnale di fiducia nelle prospettive di sviluppo della società e nella sua missione di essere la PayTech, partner indipendente, delle banche italiane". La reazione dei mercati finanziari ha premiato soprattutto Nexi, che in Borsa viene spinta in rialzo fino al 3% (va detto però che ieri aveva perso 2 punti percentuali).

lunedì 16 dicembre 2019

Borsa, l'accordo USA-cina sulla trade war non dà slancio al Nikkei. Piazze europee positive

L'annuncio del tanto atteso accordo sulla Fase 1 tra gli Stati Uniti e la Cina, non ha innescato nessun rally alla Borsa di Tokyo. Anzi, l'indice Nikkei ha chiuso addirittura in calo la prima sessione della settimana, sia pure in misura modesta. A frenare ogni possibile slancio è la mancanza di molti dettagli sull'accordo sulla Fase 1, fattore che innervosisce gli operatori di Borsa.

Borsa di Tokyo e altre asiatiche

Il principale indice azionario nipponico ha infatti chiuso a 23.952,35 punti, in calo dello 0,29%. Molto meglio sono andate la Borsa Shanghai (grazie a positivi dati macro) e Sidney, in rialzo dell'1,6% circa. Male Hong Kong -0,34%, mentre Seoul fa -0,10%. Chi ha beneficiato dell'annuncio sull'accordo riguardo alla trade war sono i titoli delle società rifornitori di Apple. Sale infatti Hon Hai Precision Industry, meglio conosciuta come Foxconn, principale rifornitore del colosso tecnologico americano. LG Display cresce del 2,82%.

Stanno invece aprendo al rialzo per le principali borse europee, dove i migliori segnali di trading gratis sicuri puntano su molti segni più. La Borsa di Milano guadagna lo 0,45%, Londra lo 0,43% a 7.385 punti, Parigi lo 0,47% a 5.946 punti e Francoforte lo 0,51% a 13.349 punti.

Suggerimento: è bene saper padroneggiare gli strumenti che forniscono le piattaforme di investimento. Ad esempio sapere un ordine stop che cos'è definizione è molto importante.

L'accordo di Fase1 tra Usa e Cina

Nei giorni scorsi era stato dato l'annuncio dell'accordo (definito "storico" dal segretario al Tesoro Usa Steve Mnuchin) sulla Fase 1 tra Stati Uniti e Cina. Si tratta di un primo passo verso un accordo che mira a porre fine alla guerra dei dazi combattuta in questi ultimi due anni. A dare qualche notizia in più sui contenuti dell'intesa era stato Trump venerdì scorso. Pechino si impegna ad acquistare molto presto altri prodotti agricoli americani per un valore di $50 miliardi nei prossimi due anni. Gli Usa invece dovrebbero cancellare alcuni dazi imposti ai prodotti cinesi, condizione ritenuta essenziale da Pechino per raggiungere un accordo.

Trump ha anche annunciato l'avvio delle trattative sulla Fase 2 tramite Twitter. Verranno avviate immediatamente, su specifica richiesta delle autorità cinesi. Quindi non si dovrà attendere l'esito delle elezioni presidenziali statunitensi del 2020.

giovedì 12 dicembre 2019

Aziende italiane sempre più propense a robotizzare i processi produttivi

Le aziende italiane nel 2020 saranno sempre più robotizzate. E' questo l'esito di una ricerca condotta dalla Reichelt Elektronik, uno dei più grandi distributori europei online di elettronica e di tecnologie IT.

La robotica e le azienda italiane

La ricerca ha preso come campione 100 aziende italiane, che sono state interrogate sul tema della automazione. Ebbene, il 69% di esse ha affermato di avere in programma l'acquisto di nuove tecnologie e l'aumento del livello di automazione nell’arco dei prossimi 12 mesi. Il 30% delle aziende dedicherà all’automazione tra i 50.001 e i 100.000 euro, mentre per il 25% questo budget supera i 100.000 euro. Più della metà ha inoltre affermato di avvalersi già della robotizzazione in alcuni processi produttivi.

Tutto ciò conferma come la domanda di automazione sarà ancora uno dei trend dominanti del 2020, e che intelligenza artificiale e robotica saranno sempre più importanti nello svolgimento di attività oggi condotte dall’uomo.

La spinta verso la tecnologia

Ma per quale motivo le aziende si rivolgono alla robotica? Il 55% delle imprese che attualmente utilizza robot lo fa principalmente per garantire una maggiore protezione e sicurezza ai propri dipendenti, evitando attività pericolose per la salute e l’incolumità fisica. In secondo luogo per incrementare la produttività (54%). Le macchine non si stancano, hanno tempi di esecuzione minori e possono lavorare anche giorni di continuo e soprattutto lo fanno con un margine di errore minore (non a caso il 39% pone proprio questo aspetto come determinante).

La sempre maggiore presenza della tecnologia però non è esente da timori. Le aziende ad esempio temono i costi elevati di una sempre maggiore automazione (55%), mentre un terzo ritiene che un utilizzo più esteso di robot possa provocare una perdita di know-how e l’assenza di personale adeguato al controllo e alla gestione di nuove tecnologie. Un altro motivo di preoccupazione (27%) è che i costi di manutenzione possano superare i benefici.

martedì 10 dicembre 2019

Commodities, l'oro risente della nuova schiarita sulla trade war Usa-Cina

Gli sviluppi nella trade war non stanno interessando soltanto il mercato azionario e quello valutario, ma anche il settore delle commodities. In primo luogo ci riferiamo all'oro, la cui quotazione venerdì scorso è scesa a precipizio, cancellando i guadagni che aveva macinato in precedenza durante la settimana.

L'oro scivola tra le commodities

Se il re delle commodities ad inizio settimane si era spinto sui massimi di un mese, nel volgere di poche ore ha perso 20 dollari l'oncia, scivolando sui minimi dall'estate verso 1460.
L'ondata di vendite è stata innescata da tre driver. In primo luogo la trade war. La Cina ha offerto agli Stati Uniti un "ramo d'ulivo" nei colloqui commerciali, e questo ha ridato slancio all'appetito al rischio degli investitori.

In secondo luogo ci sono stati i dati USA sul lavoro, che venerdì sono andati oltre le previsioni degli analisti. si prevedevano 180.000 nuove unità di lavoro prodotte, ce ne sono state ben 266.000. Infine c'è la schiarita sul fronte Brexit, perché alle imminenti elezioni generali il premier Boris Johnson sembra godere di un bel vantaggio.

Analisi tecnica sull'oro

Tutte queste ragioni hanno spinto l'oro al ribasso, e adesso il gold metal si sta riavvicinando a quota 1450, un'area che in precedenza è stata sia supporto che resistenza per la commodities più famosa, e che coincide con il Fib 38,2%. Se il prezzo del metallo prezioso dovesse infrangere questa quota al ribasso, allora potremmo assistere ad uno scivolamento ancora maggiore.
Suggerimento: nel caso vogliate fare investimenti sul mercato delle valute, cercate sempre i broker spread più bassi forex, perché così potrete minimizzare i costi.

Le prospettive del mercato

Chiaramente tutto è legato all'evoluzione dei negoziati sulla trade war, perché al momento è questo il vero motore della propensione al rischio (basta vedere l'andamento franco svizzero, tipica valuta rifugio). Se i colloqui commerciali dovessero avere altre battute d'arresto, allora la quotazione dell'oro potrebbe riavere slancio. In questo senso, gli investitori sono molto attenti a ciò che accadrà fino al 15 dicembre, giorno in cui dovrebbero scattare tariffe extra sui beni cinesi.

venerdì 6 dicembre 2019

Investimenti, la UE mette sul piatto 100 milioni per stimolare progetti su AI e blockchain

La Commissione Europea ha deciso di lanciare un programma di investimenti importanti per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e della blockchain. Il programma comincerà a partire dal 2020, e metterà sul piatto ben 100 milioni di euro per sostenere startup e PMI innovative.

A cosa serviranno questi investimenti

Gli investimenti della UE saranno focalizzati sulla evoluzione e sulla crescita, prescindendo dalla ricerca e sulla concretizzazione di “proof of concept”. Lo scopo che si vuole raggiungere è quello di trasformare il Fondo in un catalizzatore ad effetto leva, così da stimolare gli investimenti privati nel settore. Si parla di oltre 300 milioni, che potrebbero giungere grazie ad accordi di collaborazione con le banche.

Attualmente infatti, le società che investono nella tecnologia blockchain in Europa sono davvero poche, e si limitano ad alcuni fondi chiusi di venture capital. Questo costringe molti imprenditori a chiedere finanziamenti dagli Stati Uniti, ed in tal modo chi ci perde è la UE, dal momento che si provoca una perdita di opportunità e di potenziale crescita economica che queste tecnologie comportano.

Chi investe di più nel settore

Allo stato attuale chi effettua maggiori investimenti in tecnologia blockchain sono gli USA. Parliamo di circa 1,1 miliardi di dollari di finanziamenti per l'industria. L'Europa è seconda, ma molto distanziata visto che spende poco più della metà: 674 milioni (in dollari). Il terzo posto spetta invece alla Cina, con un investimento di 319 milioni di dollari USA.

La posizione della UE

Finora l'Unione Europea ha promosso diverse iniziative per promuovere l’innovazione blockchain all'interno della comunità. Ci riferiamo al lancio dell’Osservatorio e Forum Blockchain (avvenuto a febbraio 2018), all’istituzione dell’European Blockchain Partnership (EBP, aprile 2018) e il lancio dell’INATBA (International Trusted Blockchain Application Association, inizio 2019). Il sostegno UE a progetti pilota e iniziative per la ricerca nella blockchain, si è rivolto in particolare a progetti centrati su cybersicurezza (26%) e IoT (22%), seguiti da progetti in ambito sanitario (19%).

mercoledì 4 dicembre 2019

Oro, sprint verso i massimi di un mese sulle nuove tensioni internazionali

Momento molto positivo per l'oro, che dopo aver guadagnato un punto percentuale martedì, anche oggi marcia forte sulla scia dei nuovi passi falsi dei negoziati sulla Trade War.

Oro spinto su dalle nuove tensioni internazionali

Il presidente USA Trump ha dichiarato che un accordo con la Cina potrebbe dover attendere fino a dopo le elezioni presidenziali statunitensi nel novembre 2020. Nel frattempo, potrebbero scattare il 15 dicembre i nuovi dazi sulla Cina per 156 miliardi di dollari già approvati dall’amministrazione. Inoltre il passaggio del secondo disegno di legge alla Camera dei rappresentanti - che richiederebbe a Washington di rafforzare la sua risposta alla repressione di Pechino sulla sua minoranza musulmana uigura - aumenta le preoccupazioni di un abbandono della Cina dal tavolo dei negoziati. Nel frattempo il segretario al Commercio degli Stati Uniti Wilbur Ross, ha lanciato un nuovo attacco al colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei.

Come se già tutto questo non bastasse, gli USA hanno da poco annunciato i dazi sulle importazioni statunitensi di acciaio e alluminio dal Brasile e dall'Argentina, accusando questi paesi di "massiccia svalutazione delle loro valute", e chiedendo alla Federal Reserve di fare altrettanto per mantenere competitive le esportazioni. Insomma, la situazione geopolitica è tornata a farsi rovente.

Annotazione tecnica: prima di fare investimenti sulle valute, imparate bene il valore pip forex che cos'è, altrimenti non avrete neppure le basi per cominciare.

La marcia forte dell'oro

E' chiaro che l'oro, considerato un investimento sicuro durante i periodi di stress politico ed economico, ha tratto immediato beneficio da queste nuove tensioni. I prezzi hanno cancellato le perdite delle ultime settimane, schizzando verso il massimo di un mese oltre quota 1.480 dollari l'oncia, superando una forte resistenza a quota 1,478. Peraltro si sta formando un three black crows pattern. Quest'anno il metallo prezioso ha guadagnato circa il 15% (toccando un massimo pluriennale a 1554 dollari per oncia), principalmente a causa della disputa commerciale di 17 mesi e del suo impatto sull'economia globale.

martedì 3 dicembre 2019

Banca Unicredit, il piano industriale non piace ai sindacati: troppi esuberi

Unicredit è pronta a portare avanti un piano industriale importante, che oggi catalizza l'attenzione dei media. La banca guidata da Mustier ha in mente grosse novità per quanto riguarda gli esuberi, i tagli al personale e la chiusura delle filiali.

Il piano industriale della banca

Sono questi i tre punti chiave del piano industriale 2023, volto soprattutto a ridurre l'impatto dei costi di banca Unicredit non solo in Italia ma anche in Germania e Austria. Gli esuberi messi in conto nei prossimi anni saranno pari a complessive 8000 unità, mentre si prevede la chiusura di circa 500 sportelli (il 17% del totale). Questo dovrebbe portare a un risparmio sui costi di circa un miliardo di euro per tutta la durata del plan.

Italia la più colpita dai tagli

Per ragioni di radicamento della banca, la maggior parte dei tagli di sportelli e degli esuberi avverranno in Italia. Infatti assorbiremo il 78% dei costi di integrazione per la gestione degli esuberi, ovvero circa 5.500 unità. Su 1,4 miliardi di euro di costi di integrazione messi sul piatto dalla banca per gestire il piano, 1,1 miliardi riguarderanno l'Italia e solo 0,3 miliardi l'Austria e la Germania. Per ciò che riguarda le filiali, su un totale di chiusure per 500 unità, fino a 450 potrebbero essere chiuse in Italia. Il taglio dei costi, a sua volta, permetterà di rivedere la remunerazione degli azionisti come è spiegato in questo articolo dedicato alle novità sulla consistenza del dividendo Unicredit per i prossimi anni, fino al 2023, data di termine della validità del piano industriale approvato oggi dalla banca.

Sindacati sul piede di guerra

E' chiaro che un piano di questo genere ha allarmato i sindacati, per via delle ricadute occupazionali. “Il piano industriale dei banca Unicredit così com’è non può nemmeno essere preso in considerazione”, scrive in una nota Lando Maria Sileoni, segretario generale della FABI, il primo sindacato dei bancari. “Pronto a un confronto pubblico, la politica intervenga nell’interesse del Paese. Come per l’Ilva e i casi di crisi aziendali, chiediamo una forte presa di posizione da parte del Governo”.

martedì 26 novembre 2019

Lavoro autonomo, nell'ultimo decennio l'esercito in Italia s'è ridotto del 5%

Nell'ambito del mondo del lavoro, l'Italia può vantare un primato in ambito europeo. Non c'è infatti nessun paese che ha un numero maggiore di lavoratori autonomi rispetto al nostro. Eppure, questo esercito di lavoratori sta perdendo quota.

Lavoro autonomo meno accattivante

Anzitutto qualche numero. In Italia il numero di coloro che svolgono attività di lavoro autonomo sono oltre 5 milioni, ovvero il 21,7% della nostra occupazione complessiva. A livello relativo, la Grecia è l'unico paese che ci tiene testa, ma a livello di valori assoluti le due realtà non sono neanche lontanamente paragonabili. Nell'ultimo decennio però, il numero di autonomi nel nostro paese è decisamente calato, perdendo oltre 500mila unità. Il saldo infatti dal 2009 al 2018 è di -5,19%, più o meno la stesso percentuale che ha fatto registrare - in aumento però - il lavoro dipendente nelle sue diverse forme.

Il calo del lavoro autonomo non è stata però soltanto una caratteristica italiana. Infatti è avvenuto quasi in tutta Europa, con poche eccezioni come Paesi Bassi, Francia e Regno Unito. Inoltre secondo alcuni studi questa tendenza pare destinata ad accentuarsi in prospettiva.

I giovani e il lavoro autonomo

E' interessante notare come nella popolazione lavorativa più giovane, la percentuale di autonomi rimanga in Italia la più alta rispetto al totale degli occupati (dopo la Grecia). Tuttavia, c'è stato nell'ultimo decennio un calo più accentuato della propensione a mettersi in proprio, sia per colpa della riduzione demografica della popolazione giovanile, sia per le difficoltà di accesso al mercato del lavoro. Per questo i giovani autonomi sono risultati in calo (-31,9%) più di quanto sia accaduto in generale con il numero di occupati tra i 25 e 34 anni, che si è ridotto del 21,4%.

Altrettanto interessante è comprendere la motivazione per cui i giovani italiani scelgono il lavoro autonomo anziché dipendente. Il 39% lo fa perché si è presentata "la giusta occasione", il 24,2% perché vuole proseguire un business famigliare già avviato, mentre solo il 10,4%, lo fa perché non ha trovato un lavoro dipendente.

venerdì 22 novembre 2019

Mercato petrolifero ancora sui massimi da due mesi a questa parte

Sono due i fattori che stanno incidendo in modo determinante sull'andamento del mercato petrolifero. Da una parte le novità riguardo alla trade war; dall'altra l'approssimarsi dell'importante vertice OPEC+ che sarà chiamato a decidere sul prolungamento dei tagli alla produzione.

Mercato petrolifero in rialzo

Negli ultimi giorni questi fattori hanno agito da traino alle quotazioni dell'oro nero, spingendo il mercato petrolifero sui massimi da due mesi a questa parte. Era infatti da metà settembre che il Brent non raggiungeva quota 64 dollari al barile (e le strategie con Parabolic Sar evidenziano ulteriori slanci rialzisti), così come il WTI non arrivava verso 58,30. A metà settembre furono gli attacchi alle attività petrolifere dell'Arabia Saudita, a dare una improvvisa scossa alle quotazioni di oro nero.

Lato della domanda di mercato

Adesso, come detto, sono invece altri fattori che guidano il emrcato. Dal lato della domanda l'attenzione è all'evoluzione dei negoziati tra USA e Cina sulla guerra commerciale. Negli ultimi tempi si respira a tratti un certo ottimismo (Pechino ha invitato una delegazione Usa a discutere sull'accordo di fase1), il che è molto positivo per l'economia globale. E a sua volta è positivo per il mercato petrolifero, visto che dall'andamento dell'economia globale dipende la domanda di petrolio.

Offerta di mercato

Sul lato dell'offerta invece l'attenzione è tutta rivolta all'ormai imminente vertice Opec di Vienna, in programma il 5-6 dicembre. Un appuntamento cerchiato in rosso sui calendari economici delle piattaforme di trading online. Sono sempre più concrete le possibilità che Russia e Cartello rinnovino i tagli alla produzione fino a metà 2020, il che ha dato una spinta ai prezzi.
Intanto i dati evidenziano che le scorte USA hanno raggiunto i livelli più bassi da agosto, provocando qualche timore aggiuntivo sul lato offerta. Vanno inoltre monitorate le tensioni sulla striscia di Gaza e in Siria, che potrebbero avere ripercussioni sul mercato petrolifero.

mercoledì 20 novembre 2019

Il mercato boccia le centrali a carbone: spreacano soldi e tra pochi anni spariranno

Il mercato dell'energia si prepara a dire addio al carbone come fonte per la generazione di energia elettrica. E non è solo questione di sensibilità ambientale, ma per le aziende è anzitutto una questione di costi. Non sono più sostenibili.

Buco nero nel mercato

A sottolineare questo scenario è il think tank Carbon Tracker, che analizzando il settore Power and utilities ha stimato che nella UE quasi quattro centrali elettriche su cinque maggioranza che sfruttano il carbone o la lignite sono in rosso. Parliamo di una cifra che complessivamente si aggira sui 6 miliardi di euro nel 2019 persi dal mercato. Per questo motivo si ipotizza che tra pochi anni - rispettivamente 2025 e 2030 - non esisteranno più la generazione elettrica da carbone e da lignite.

A conferma di questo quadro giova sottolineare come una delle grandi industrie italiane che opera in questo mercato, Enel, ha di recente svalutato per ben 4 miliardi le sue centrali a carbone. Questa fonte fossile è la più inquinante ma anche la più costosa, visto il funzionamento del mercato delle emissioni di Co2. Al punto che l'azienda ha sottolineato che è “remota la possibilità di un relativo funzionamento nel mercato elettrico nel futuro”. E ribadiamo che non è una questione di sensibilità ambientale, visto che il gas naturale, meno inquinante ma pur sempre inquinante, verrà ancora sfruttato.

La mappa delle centrali

In Italia la generazione elettrica da carbone attualmente vale complessivamente 8 GW di capacità installata distribuita su otto impianti: Brindisi Sud, Civitavecchia, Sulcis, Fusina (Venezia), Bastardo (Perugia) e La Spezia di proprietà di Enel e altri due di Ep Produzione e A2A. Secondo il piano nazionale energia, fra sei anni questi siti dovranno essere convertiti a una produzione energetica più pulita (rinnovabili o gas naturale). In Unione europea esistono oltre 300 centrali a carbone con prevalenza in Germania e nei paesi dell’Est.

lunedì 18 novembre 2019

Brexit con "deal", buone notizie: Tories in netto vantaggio per le elezioni

Dal fronte delle elezioni generali, in programma il prossimo 12 dicembre nel Regno Unito, arrivano le ultime novità su Brexit che hanno spinto la sterlina.

Si viaggia verso il sì all'accordo su Brexit

Secondo gli ultimi sondaggi, la forbice tra i Tories e i Laburisti si sarebbe ampliata, e adesso il partito del premier Boris Johnson avrebbe circa 14-17 punti di vantaggio. Aumentano così le probabilità che i Tories possano raggiungere la maggioranza, e questo metterebbe in discesa la strada per l'approvazione del contestatissimo accordo su Brexit, raggiunto tra Johnson e Bruxelles.

Si riduce sempre di più quindi il rischio di una uscita disordinata del Regno Unito dalla UE, anche perché il primo ministro ha dichiarato che tutti i 635 candidati del Partito Tory per le elezioni generali di dicembre, sono favorevoli al suo accordo sulla Brexit.

Va precisato però che anche se i sondaggi danno i Tories in vantaggio, il partito ha cinque punti in meno rispetto alla percentuale che aveva nella stessa fase della campagna elettorale del 2017: il responso delle urne rese necessario un accordo con il partito nordirlandese unionista Dup per consentire ai conservatori di formare un governo.

Le reazioni sui mercati finanziari

Tanto basta per spingere la sterlina, come si può verificare sui migliori siti di trading online autorizzati. La valuta britannica, che nelle ultime settimane aveva oscillato dentro una fascia ristretta contro l'euro, ha improvvisamente dato uno strappo raggiungendo i massimi da inizio maggio.

Se il cambio Eur-Gbp è scivolato a 0,8522, con formazione in corso di un morning star evening star pattern, rispetto al dollaro (GBP-USD) la sterlina si ha raggiunto il massimo di circa 4 settimane a 1,2985. La valuta del Regno Unito è salita a 141,57 contro lo yen, il suo massimo dal 20 maggio.
Come si può vedere, l'andamento della sterlina continua ad essere fortemente influenzato dall'andamento della questione Brexit, e la cosa continuerà ancora così finché non si scriverà la parola fine al lunghissimo percorso di uscita del Regno Unito dalla UE.

giovedì 14 novembre 2019

Spread, perché la Grecia (in prospettiva) sta messa meglio di noi?

Negli ultimi giorni si è tornato a parlare dello spread, malgrado il differenziale tra titoli di stato italiani e tedeschi non abbia subito sostanziali cambiamenti. Nell'ultimo bimestre infatti ha oscillato tra 130-150 punti base.

La dinamica dello spread nella UE

Stavolta però, proprio la stabilità dello spread è quella che sorprende. Infatti da poco la BCE ha annunciato la ripresa del quantitative easing, ovvero il piano acquisto titoli, che riguarda anche quelli italiani. Eppure mentre il differenziale di rendimento rispetto ai Bund tedeschi continua a calare negli altri paesi, da noi resta fermo. In Portogallo ad esempio c'è stato un calo sui 55 punti base, in Spagna siamo sui 60.

Quello che però ha sorpreso di più è il calo deciso dello spread della Grecia, arrivato ai livelli di quello italiano, quando un anno fa era superiore di circa 100 punti. La cosa più sorprendente è che i titoli greci non possono neppure beneficiare della politica di quantitative easing della Bce, giacché il rating dei titoli di Stato ellenici è inferiore al minimo regolamentare.

Ma allora perché i mercati sembrano considerare i nostri titoli di debito più rischiosi? Sostanzialmente per tre fattori.

Grecia e Italia a confronto

Il primo riguarda le finanze pubbliche. La Grecia ha realizzato un aggiustamento di bilancio molto sostenuto, che ha portato il saldo primario da -2,1% nel 2015 a +4,4% lo scorso anno. Il calo del debito pubblico greco alleggerisce anche il costo per interessi. L'Italia invece è l'unico paese dell’area euro con un debito pubblico che continua a crescere, e il pagamento degli interessi sul debito (3,5% del Pil) supera il tasso di crescita dell’economia, mettendo a rischio la sostenibilità del debito.

In secondo luogo, il rating italiano è migliore di quello greco (BBB contro BB), ma il nostro outlook è negativo e il loro positivo, questo significa che i due rating potrebbero invertirsi a breve termine. Tale rischio pesa in modo determinante sullo spread italiano. Infine, la crescita economica greca mostra segnali forti, malgrado la lunga recessione che l'ha colpita. Il PIL lo scorso anno è cresciuto del 2,4%, tre volte meglio dell’Italia. La svolta c'è stata, mentre in Italia no.

martedì 12 novembre 2019

Lavoro: gli stranieri creano 139 miliardi di ricchezza e producono il 9% del Pil


L'ultima fotografia del mercato del lavoro in Italia scattata da ISTAT, racconta che da noi ci sono circa 2,5 milioni di di lavoratori stranieri, pari al 10,6% del totale degli occupati. Il loro contributo al nostro PIL (Prodotto Interno Lordo) è pari a circa il 9%, visto che generano una ricchezza pari a 139 mld.

I numeri del lavoro straniero in Italia

L'incidenza dei lavoratori stranieri è passata dal 7,9% del 2009 a 10,3% del 2014, per poi stabilizzarsi negli ultimi 5 anni. Rispetto a una decina di anni fa, si sono ridotti i permessi per lavoro di quelli che giungono in Italia. Sono infatti passati da 360 mila del 2010 a meno di 14 mila del 2018 (-96%). Il più delle volte l'arrivo infatti è riconducibile a motivi umanitari.

Complessivamente, il numero di stranieri che lavora nel nostro paese è leggermente superiore a quello dei disoccupati italiani (2,4 milioni), con un tasso di occupazione pari al 61,2% nel 2018. L'equivalenza del numero di immigrati impiegati e dei disoccupati italiani, li fa erroneamente percepire come una "minaccia". Ma è una distorsione dei fatti perché gli occupati stranieri e quelli italiani infatti svolgono lavori diversi, che il più delle volte complementari tra loro.

Qualifiche e mansioni

Gli stranieri sono impiegati in prevalenza nei settori molto esposti alla crisi, come l'edilizia, la ristorazione e l'agricoltura. Proprio per questo sono quelli che hanno maggiormente risentito della crisi. Hanno titoli di studio meno elevati, e il divario si è ampliato nell'ultimo decennio. La quota di coloro che possiedono un titolo di studio almeno secondario superiore si è molto ridotta. E' rimasta molto bassa la quota di quelli che hanno una laurea.

Questa situazione si riflette nel tipo di lavoro che si trova, visto che soltanto il 29% degli stranieri è impiegato in professioni qualificate e tecniche. Le principali mansioni sono nel lavoro domestico e nei servizi alla persona.

venerdì 8 novembre 2019

Banca Centrale di Praga ferma sui tassi, ma preannuncia altri rialzi in futuro

Durante la giornata di giovedì, ci sono stati due meeting di politica monetaria. Entrambi si sono conclusi con un nulla di fatto. La Bank of England e la Banca centrale della Repubblica Ceca hanno infatti confermato il costo del denaro.

La decisione della banca centrale di Praga

Riguardo all'istituto di Praga, anche se è stato confermato il costo del denaro al livello attuale, va detto che l'impostazione sostanziale è rimasta da falco. Infatti, come era già accaduto nel meeting di settembre, due membri del consiglio hanno votato per un aumento del costo del denaro. Ricordiamo che la CNB ha operato una stretta di 25 punti base nel meeting di maggio, e che lo scorso anno ci furono ben 5 aumenti del costo del denaro.

Proprio questi venti hawkish hanno sostenuto la marcia della Corona Ceca nel corso dell'ultimo mese, caratterizzato da segnali forex gratis in tempo reale che puntavano con decisione sul rialzo della valuta ceca. La Corona tuttavia ha reagito in modo debole all'ultima decisione della CNB. Infatti la coppia EUR-CZK si continua a muovere nella zona di 25,50, nell'orbita dei minimi toccati lo scorso mese di luglio. Si sta invece indebolendo nei confronti del dollaro. La coppia USD-CZK infatti da inizio novembre sta prendendo quota e si avvicina a livelli visti l'ultima volta un mese fa.

Le previsioni della CNB

Nel corso del meeting di politica monetaria della banca centrale ceca, sono state anche formulate le nuove previsioni riguardo crescita e inflazione. Secondo la CNB, l'economia ceca rallenterà il prossimo anno, dal 2,9% al 2,4%. Dovrebbe invece crescere l'inflazione, fino al 2,7% nel 2020, anche per gli effetti di una corona più debole. Secondo la banca centrale ceca infatti, la valuta nazionale rimarrà verso questi livelli contro l'euro nei prossimi due anni (qui invece ci sono le previsioni cambio dollaro franco svizzero, fatte dal mercato). Secondo il governatore Rusnok, la nuova previsione è in linea con un aumento dei tassi di interesse del mercato interno in questo e nel prossimo trimestre, seguito da un calo dalla metà del prossimo anno.

mercoledì 6 novembre 2019

Mutuo e surroga, a ottobre è boom di richieste: +18,4% rispetto a un anno fa

Schizzano verso l'alto le richieste di mutuo e surroga da parte delle famiglie italiane. A ottobre è stato infatti registrato un eloquente +18,4% rispetto alle richieste effettuate nello stesso mese di un anno fa.

I dati sulle richieste di mutuo

E' questo il quadro che emerge dal Sistema di Informazioni Creditizie, gestito da CRIF, che raccoglie le informazioni su oltre 85 milioni di posizioni creditizie. Va detto che il dato conferma - e anzi fortifica - la ripresa che era stata registrata a settembre, quando s'era registrata la prima variazione positiva dopo un periodo opaco. Sono soprattutto le surroghe a far registrare i dati più incoraggianti, grazie ai tassi applicati che negli ultimi mesi hanno toccato i nuovi minimi.

Oltre all'aumento del numero di richieste, sono cresciuti anche gli importi medi richiesti. L'ultima rilevazione infatti evidenzia una cifra media che nel mese di ottobre è stata di 133.600 euro, con un incremento del +4,2% rispetto al corrispondente mese del 2018. Questo importo medio è inoltre il più elevato che sia stato registrato negli ultimi 7 anni.

Mutui, fasce di prezzo e di età

Riguardo alle fasce di prezzo, c'è stata una concentrazione delle richieste nella classe compresa tra 100.001 e 150.000 euro (29,7% del totale), ma anche per importi maggiori (quelle tra 150.001-300.000 sono state il 22,4% del totale). Tuttavia bisogna sottolineare anche la grossa presenza di richieste nella fascia inferiore ai 75.000 euro, che sono state il 24,%. In questa fascia sono solite rientrare i mutui di sostituzione.

Riguardo alla durata, la preferenza dei richiedenti di mutuo è verso piani di rimborso compresi tra i 16 e i 20 anni, che arrivano a spiegare il 25,4% del totale delle richieste. Complessivamente, il 75% delle richieste prevede un piano di rimborso superiore ai 15 anni. Circa le fasce di età invece, le richieste di mutuo e surroga sono in prevalenza pervenute dalla fascia d’età compresa tra i 35 e i 44, che si conferma la maggioritaria con il 34,3% del totale. Tuttavia continua a crescere il peso della popolazione più giovane, con gli under 35 che arrivano a spiegare quasi il 30% del totale.

lunedì 4 novembre 2019

Settimana finanziaria, avvio all'insegna dell'ottimismo sui mercati

E' cominciata sotto una buona stella la settimana finanziaria in Asia, e con un certo ottimismo quella in Europa. A spingere i listini sono i dati più positivi del previsto sull’occupazione Usa, combinati con l’ottimismo sulle trattative commerciali Usa-Cina.

Driver dell'inizio settimana finanziaria

Come detto, il primo impulso di questa settimana finanziaria arriva dal fronte della guerra commerciale. Il segretario al Commercio Usa Wilbur Ross ha detto a Bloomberg Rv che la trattativa sui dazi va avanti bene. Ha anche fissato un termine: “Non c’è ragione per pensare che la fase uno dell’accordo non si chiuderà questo mese”. Il segretario al commercio USA ha anche aggiunto che stanno per essere recapitate alle società che l’hanno richiesta, la licenza speciale per fare affari con Huawei. I segnali di schiarita e di disgelo quindi vanno avanti, anche se nel frattempo il WTO, ovvero l'organizzazione mondiale del Commercio, ha approvato i dazi cinesi contro beni americani per un valore di 3,6 miliardi di dollari.

Borse asiatiche ed Europee

Se esaminiamo i report dei Consob broker autorizzati e siti trading, possiamo vedere che Hong Kong ha segnato un rialzo di 1,3% senza risentire degli scontri tra manifestanti e polizia. La settimana finanziaria alla Borsa di Tokyo invece comincia con una chiusura per festività. Bene Shanghai (+0,7%) alla vigilia dell’intervento di Xi Jingping al vertice con i partner commerciali di Pechino. In positivo chiusdono pure Seoul (+1,2%) e Taiwan (+1,3%). Nel frattempo anche le Borse europee aprono in rialzo, nel giorno del primo discorso della neo presidente della Bce, Christine Lagarde. A Milano l'indice Ftse Mib avanza dello 0,49% a quota 23.046 punti. In rialzo anche Madrid (+0,52%), Francoforte (+0,48%), Parigi (+0,46%) e Londra (+0,30%).

Per quanto riguarda le valute, continua (quinto giorno consecutivo) il calo del cambio dollaro-yuan, a 7,03. Tuttavia, per chi adotta un sistema di trading forex intraday non è che la giornata regali grandi spunti. Euro dollaro piatto a 1,166 in avvio, mentre tra gli emergenti rimbalza in rand sudafricano (+1%) che beneficia del mancato declassamento di Moody’s.

giovedì 31 ottobre 2019

Lavoro "smart" sempre più diffuso in Italia: sono già 570mila a svolgerlo

Cresce l'esercito degli smart worker italiani, che sono ormai 570mila. Si tratta di coloro che hanno un lavoro flessibile riguardo all'orario e al luogo di svolgimento, grazie al fatto che sfruttano gli strumenti digitali che gli permettono di lavorare in assoluta mobilità.

Il lavoro ultra-flessibile in Italia

In base ai dati pubblicati nell'Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, rispetto allo scorso anno il numero di smart worker è cresciuto del 20%, a dimostrazione di quanto le imprese stiano guardando con sempre maggiore interesse a questo tipo di lavoro. Nel 2019 la percentuale di grandi imprese che ha avviato progetti di questo genere è del 58%. Ma oltre a queste aziende che si sono già mosse concretamente, c'è un ulteriore 7% di imprese che ha cominciato ad intraprendere iniziative informali, e un altro 5% che prevede di farlo nei prossimi dodici mesi. In totale quindi il lavoro extra-flessibile è preso in considerazione già dal 70% delle aziende. Anche il rimanente 30% però non è del tutto freddo allo smart working, visto che due terzi di queste imprese dichiara probabile una introduzione di futuro.

Lavoratori più coinvolti e soddisfatti

Se le aziende stanno cogliendo l'importanza del lavoro extra flessibile, chi già l'ha colta sono i lavoratori. Gli smart worker infatti hanno un grado di soddisfazione molto più elevato dei loro colleghi "tradizionali", visto che il 76% si dice soddisfatto della sua professione, contro il 55% degli altri dipendenti. Migliora anche il coinvolgimento nel proprio lavoro: uno su tre si sente pienamente coinvolto in quello che fa, contro il 21% dei colleghi tradizionali.

I benefici e le criticità

I principali benefici per chi fa questo tipo di lavoro ultra-flessibile è nel miglioramento dell’equilibrio fra vita professionale e privata (46%). Migliorano anche motivazione e coinvolgimento (35%). I problemi invece riguardano la gestione degli smart worker nei momenti di criticità aziendale, insomma nell'emergenza (per il 34% dei responsabili), oppure nel pianificare le attività (26%). Dal punto di vista del lavoratore "smart", la prima difficoltà a emergere è la percezione di isolamento (35%), poi le distrazioni esterne (21%), i problemi di comunicazione e collaborazione virtuale (11%) e la barriera tecnologica (11%).

martedì 29 ottobre 2019

Indici azionari ancora in volo, lo S&P fissa il nuovo record storico

Continuano i giorni caldissimi di Wall Street, dove gli indici azionari corrono e marciano a suon di record. Lo S&P500 batte se stesso, fissando nuovi massimi storici sia su base intraday che in chiusura di mercato. Nel corso dell'ultima sessione, l'indice azionario S&P500 ha toccato quota 3.044,08 punti, prima di chiudere a 3.039,42, che rimane comunque il valore più alto di sempre.

La marcia degli indici azionari USA

Dopo un'estate caratterizzata da un forte sell off ad agosto, a causa dei rinnovati timori sull’arrivo di una recessione negli Stati Uniti, l'azionario USA quindi torna a correre.

Ma i record non li fanno solo gli indici azionari, bensì anche 15 azioni quotate sul listino, tra cui Alphabet, Apple, Microsoft e JP Morgan Chase. Va evidenziata soprattutto la performance di Apple, che ha toccato il record intraday di $249,25 prima di chiudere a $246,58. Il titolo Apple ha guadagnato più dell’11% a ottobre, grazie all’ottimismo per le vendite di iPhone. Nel corso del 2019 il valore dell'azione è cresciuto del 56% (suggeriamo un'analisi tecnica con il metodo Heikin ashi).

Appunti: è interessante constatare anche il rapporto tra l'andamento degli indici azionari e le valute, studiando una tabella correlazioni valute Forex.

Le cause del rally

La spinta verso questo clima euforico in Borsa l'hanno data una serie di concause. Anzitutto la schiarita sul fonte della guerra commerciale, dopo il messaggi di Trump che ha parato di accordo parziale che potrebbe essere sancito a breve. Inoltre la stagione delle trimestrali si sta rivelando un successo, con la stragrande maggioranza delle società che sono andate meglio delle attese (il 78% di quelle facenti parte dello S&P500 ha battuto le previsioni degli analisti).

Inoltre si fanno sentire le speculazioni dei mercati su quello che farà la Federal Reserve. L'istituto centrale quasi sicuramente effettuerà un taglio al costo del denaro, sarebbe il terzo dell'anno. Inoltre l’era dei tassi negativi sta portando molti investitori ad abbandonare gli asset del Giappone e dell’Europa per posizionarsi su quelli americani che, sicuramente, rendono di più.

venerdì 25 ottobre 2019

Inflazione senza slancio, ecco il cruccio di Draghi che saluta la BCE

Il lungo periodo di comando si va chiudendo per Mario Draghi, che può vantarsi dia ver risolto la crisi dei debiti sovrani, ma si poterà il cruccio di non aver ridato slancio all'inflazione.

La lunga battaglia contro la bassa inflazione

Il banchiere italiano ha salutato ieri la BCE con un discorso carico di eleganza e stile, senza togliersi sassolini dalle scarpe ne' mettere pressione al suo successore (Lagarde). «Ho sempre cercato - ha detto - di rispettare il mio mandato, senza mai arrendermi. È stata un’esperienza intensa, profonda e affascinante». Draghi lascia una BCE pronta al lancio del secondo round di Quantitative Easing, e ancora lontana dalla possibilità di rialzo dei tassi, che spetta solo a chi riuscirà a vincere la bassa inflazione. Le aspettative di lungo periodo sull’andamento dei prezzi sono ferme poco sopra l'1%, e minacciano di ancorarsi tra questo livello e l’1,5%. siamo quindi molto distanti dall'obiettivo fissato dalla Eurotower al 2%.

Va però evidenziato che la bassa inflazione non si può certo ascrivere come una sconfitta personale del banchiere italiano, visto che la maggior parte delle economie sta lottando con un problema simile. Anche gli Stati Uniti, che lo scorso anno si erano lanciati con veemenza nel percorso di normalizzazione della politica monetaria (4 rialzi dei tassi), hanno dovuto fare marcia indietro e cominciare a sforbiciare il costo del denaro, per ridare slancio alla crescita e all'inflazione.

Le armi della BCE

La Bce ha affrontato il problema della bassa inflazione in modo cauto e graduale. Dapprima ha provato a fornire tutta la liquidità richiesta dalle banche, con aste a lungo e lunghissimo termine. Poi ha varato il piano di quantitative easing che ha riversato fiumi di liquidità nel sistema, liberando nello stesso tempo spazio nei bilanci delle imprese di credito, incentivate dal calo dei rendimenti a concedere maggiori prestiti. Tuttavia, anche se la situazione non è peggiorata, non si può dire neppure che sia migliorata di molto. Ma dal 1 novembre sarà un problema della Lagarde.

mercoledì 23 ottobre 2019

Valute, la sterlina resta in balia delle onde provocate da Brexit

La sterlina britannica è senza dubbio la più attenzionata sui mercati delle valute, e sta vivendo una congestione significativa a causa delle riunioni relative all'uscita del Regno Unito dall'UE. E sono in tanti a pensare che su questo asset finanziario ben presto ci sarà una forte volatilità.

La Brexit e la valuta britannica

La dinamica della sterlina non è stata molto stabile di recente, minata com'è dall'incertezza sulla Brexit. Sebbene recentemente ci siano stati sviluppi positivi, la questione non è affatto chiarita. Boris Johnson è riuscito a ottenere l'approvazione di un nuovo accordo sull'uscita, ma manca ancora il passaggio parlamentare perché prima di una decisione finale bisognerà studiare tutta la legislazione correlata, che richiede tempo. Il premier britannico ha incassato una nuova battuta d’arresto in Parlamento: sì al suo accordo, ma no all’iter accelerato per mandarlo in porto entro il 31 ottobre.

Mentre si fa strada l'ipotesi di una estensione del periodo di permanenza dentro la UE fino al 31 gennaio 2020 (i leader Ue dovrebbero concedere il rinvio di tre mesi rispetto all’ipotesi di uscita fissata al 31 ottobre 2019), la sterlina continua a ballare. La valuta britannica ha viaggiato spesso in altalena, toccando anche i massimi di cinque mesi contro il dollaro salvo poi ridiscendere, mandando su e giù anche l'indicatore MACD trading.

Considerazione: gli intermediari danno tante possibilità di deposito per i conti, si può ad esempio fare trading paypal postepay plus500 etoro.

Il futuro è pieno di dubbi

Il punto è che nessuno può dire con certezza come finirà la lunga epopea Brexit. Se il Parlamento approverà l'attuale accordo presentato da B. Johnson, la sterlina riceverà un sostegno. Se il Parlamento continuerà a respingere le iniziative del primo ministro, la sterlina potrebbe mostrare una tendenza al ribasso. Gli esperti non escludono un ritorno completo al punto di partenza, ovvero l'intero ciclo di negoziazioni e approvazioni può ricominciare. Ciò può turbare in modo permanente la valuta britannica.

lunedì 21 ottobre 2019

Banche e sindacati ai ferri corti: scontro sul rinnovo del contratto di categoria

Si profila uno scontro duro tra sindacati e banche sulla questione del rinnovo del contratto. In settimana ci sarà un incontro presso l'ABI per riuscire a sbrogliare la matassa, ma intanto i sindacati minacciano già forti mobilitazioni.

Sindacati sul piede di guerra

I sindacati sono pronti allo sciopero nazionale a oltranza, con manifestazioni che potrebbero portare - secondo il segretario generale della Fabi Lando Sileoni - circa 40mila bancari in piazza a Milano. Ma cosa ha inasprito in questo modo il clima? Secondo la Fabi i banchieri vogliono arrivare alla rottura del tavolo sul rinnovo contrattuale, dimostrando un atteggiamento di chiusura ("più guadagnano e meno vogliono spendere", accusa il sindacalista). Anche se i nomi non li fa, parla di rappresentanti di due importanti banche, uno italiano e uno francese, e delle loro posizioni assunte durante il comitato esecutivo Abi del 16 ottobre.

I due avrebbero puntato i piedi su argomenti caldissimi. Uno infatti vorrebbe più licenziamenti (nei piani industriali delle banche sono previsti già tanti esuberi), e al tempo stesso si è dimostrato molto rigido di fronte alla prospettiva di aumenti salariali chiesti dai sindacati (circa 200 euro). Il secondo invece vorrebbe tagliare i versamenti obbligatori al Fondo per l’Occupazione Giovanile (istituito col contratto nazionale del 2012 e alimentato con versamenti pari al 4% della retribuzione) perché troppo oneroso per le fasce di stipendio più alte, ritenendo il Fondo persino inutile.

Trattative pronte a ripartire

Il clima che si è creato non è certo quello ideale per la ripresa delle trattative, in questa settimana. Il sindacalista Sileoni avverte tramite un post su Facebook che "in assenza di risposte concrete, bloccheremo tutte le trattative nei gruppi, scenderemo in piazza e mobiliteremo la categoria con scioperi a oltranza interessando e sensibilizzando tutte le forze politiche oltre che le associazioni dei consumatori".

giovedì 17 ottobre 2019

Brexit, c'è l'intesa ma va ancora ratificata. Sabato il voto, sterlina in altalena

E' stata una giornata molto intensa per la sterlina britannica, caratterizzata da forte volatilità sulla scia delle novità in arrivo dal fronte Brexit.

Brexit, epilogo positivo più vicino

Dopo tre anni di attesa, pare essersi definitivamente sbloccata la questione dell'accordo sulla Brexit. Da Bruxelles hanno annunciato che l'intesa è stata finalmente raggiunta, anche se adesso dovrà passare per la ratifica da parte del Parlamento britannico. Il voto è atteso per sabato, e non sarà certo una passeggiata per Boris Johnson. Il Partito Democratico Unionista dell'Irlanda del Nord ha infatti espresso preoccupazione per la possibilità che l'Irlanda del Nord rimarrà nell'unione doganale dell'UE in virtù dell'accordo. E senza l'appoggio del DUP, l'esito del voto è assolutamente incerto.

Sterlina sulle montagne russe

Questo spiega perché la sterlina è stata estremamente volatile oggi, mandando ai matti chi adotta una strategia forex 15 minuti breve termine. Inizialmente ha marciato forte, spinta dalla convinzione dei mercati che l'intesa sarà approvata e ratificata. La coppia GBP / USD è salita da 1,2780 a 1,2843, scambiando vicino al livello più alto dal 16 maggio. In seguito però sono riemerse le incertezze legate al voto di sabato. A tutto questo si sono poi aggiunti anche i dati macroeconomici di più oggi, che hanno avuto un impatto negativo (sia pure minimo, visto che l'attenzione era tutta sulla Brexit) sulla sterlina.

Dati macro GB

Sul calendario economico di qualsiasi migliore piattaforma di trading online gratuita, si può vedere che l'Ufficio britannico di statistica nazionale ha riferito che l'indice dei prezzi al consumo è aumentato dell'1,7% a settembre, su base annua, lo stesso di agosto. Tuttavia i mercati si aspettavano una crescita leggermente più rapida, dell'1,8%. L'indice dei prezzi alla produzione è sceso dello 0,8% a settembre rispetto al mese precedente, mentre gli specialisti avevano ipotizzato un aumento dello 0,2%. Il PPI di produzione è sceso dello 0,1% invece di rimanere invariato come atteso. Il rovescio della medaglia è il dato positivo sui prezzi delle abitazioni, aumentato dell'1,3% ad agosto rispetto a un anno fa, superando la previsione media di un aumento dello 0,9%.

sabato 12 ottobre 2019

La valuta digitale di Facebook potrebbe già essere in pericolo

Ancora manca molto tempo al lancio ufficiale, ma per la valuta digitale di facebook il clima è già molto cupo. Dopo l'abbandono di Paypal e quello del capo del prodotto Simon Morris, le cose sono addirittura andate peggiorando, visto che venerdì hanno detto addio al progetto anche i colossi Mastercard, Visa, eBay e Stripe.

Quanti addii al progetto della valuta digitale

Una defezione dopo l'altra, che adesso mettono addirittura a rischio la stessa vita di Libra. Il progetto di Facebook di mettere in circolazione il prossimo anno una valuta digitale e un sistema di pagamento sta vacillando, visto che sono venute meno le collaborazioni con gli attori principali del mercato. Ed è una prospettiva che spaventa il colosso di Menlo Park, perché proprio in Libra riponeva grosse speranze di trovare forme di monetizzazione alternative alla pubblicità.

Va detto che sin dal momento dell'annuncio di questo progetto, a giugno scorso, sia le banche centrali che i legislatori e le autorità avevano accolto con freddezza l'idea. La loro preoccupazione è che che la valuta digitale possa agevolare il riciclaggio di denaro e altri reati. Anche Trump si era scagliato duramente contro Libra. Inoltre nessuno dei colossi colossi dell’economia digitale era entrato nel gruppo delle 28 società firmatarie dell’Associazione Libra. Ne' Google, ne' Amazon, ne' Microsoft e nemmeno Apple.

Zuckerberg alla Commissione servizi finanziari

All'orizzonte intanto c'è un appuntamento molto importante. Il prossimo 23 ottobre infatti, Mark Zuckerberg si presenterà avanti alla commissione servizi finanziari della Camera americana, alla quale dovrà spiegare i suoi piani per la criptovaluta. Il fondatore del colosso social, appena un paio di settimane fa, aveva detto che con Libra, l'azienda sta adottando un approccio molto più attento rispetto ai suoi progetti precedenti. Secondo alcuni, proprio questa "convocazione" sarebbe alla base delle recenti defezioni.

giovedì 10 ottobre 2019

Negoizati commerciali, l'ottimismo spinge i mercati e appesantisce il dollaro USD

Il crescente ottimismo che si possa arrivare a una intesa alla fine dei negoziati commerciali tra Usa e Cina, ha fatto sentire i suoi effetti sul mercato valutario. Gli investitori infatti hanno abbandonato un po' la prudenza degli ultimi giorni, tornando così a prediligere gli asset più rischiosi.

Clima meno teso sui negoziati commerciali

Oggi sono ripresi i negoziati commerciali USA-Cina a Washington, con l'obiettivo di evitare l'incremento dei dazi su 250 miliardi di dollari di importazioni di prodotti cinesi negli States (a partire dal 15 ottobre). Due giorni intesi, oggi e domani, che vedranno da una parte il vice premier e capo delegazione cinese Liu He e dall’altra il rappresentante al Commercio Robert Lighthizer e il segretario al Tesoro Steven Mnuchin per il tredicesimo round negoziale.

Il tweet di Trump rompe il gelo


In partenza il clima non era disteso, ma poi Donald Trump ha twittato: "Grande giornata di negoziati con la Cina. Loro vogliono un accordo, ma io? Incontrerò il vice premier domani alla Casa Bianca". Il vice premier cinese Liu He ha detto che la Cina è disposta a un accordo con gli Usa su materie che interessano entrambi in modo da evitare frizioni che possano portare a ulteriori tensioni, secondo l’agenzia di stato Xinhua. Il commento di Liu, il capo negoziatore cinese, arriva nel corso degli incontri della due giorni negli Usa. Secondo indiscrezioni Bloomberg gli Stati Uniti starebbero valutando un patto valutario con la Cina come parte di un accordo parziale.

Suggerimento: quando si negoziano valute bisogna conoscere diverse tecniche. Una delle più note è la strategia bande di Bollinger e Rsi 60 secondi.

Dollaro in calo, come le valute rifugio

Il clima più positivo che spira sui negoziati commerciali, ha dato un po' di slancio agli investitori. Chi conosce che cos'è il forex fx trading, sa benissimo che in questo clima la corsa alle valute rifugio si indebolisce, e così il dollaro è sceso ai minimi da due settimane. Il dollar index, un indicatore del valore del dollaro contro un paniere di sei altre principali valute, è vicino a registrare la sua maggiore flessione giornaliera in cinque settimane.

martedì 8 ottobre 2019

Banche e liquidità, il test della BCE evidenzia una situazione solida

Gli ultimi test sulla liquidità delle banche europee condotto dalla BCE, fa emergere un quadro a tinte alterne ma comunque positivo. Circa la metà dei grandi istituti della eurozona infatti riuscirebbe a resistere se si verificasse una situazione di deflusso di liquidità della durata di sei mesi.

I risultati del test sulle banche

Il test, che è stato condotto dalla Bce su 103 istituti bancari, ha ipotizzato una situazione in cui viene congelata la raccolta istituzionale. Una situazione limite quindi, ma comunque assai indicativa dello stato di salute delle eurobanche, che in una situazione del genere potrebbero continuare ad operare soltanto utilizzando il contante e le garanzie reali disponibili, senza finanziarsi sul mercato.

Ebbene i risultati (che confluiranno nel processo annuale Srep) evidenziano una situazione poco solida soltanto per 4 banche, che avrebbero un ‘periodo di sopravvivenza’ inferiore all’orizzonte temporale di sei mesi indicato nello scenario di base del test. Altre 52 banche sopravviverebbero fino a sei mesi, mentre le altre riuscirebbero ad andare anche oltre. La situazione migliore è quella di 26 banche, che potrebbero sopravvivere oltre sei mesi anche in caso di “shock estremo”, ovvero uno scenario che include il declassamento del rating di tre notch e un deflusso dei depositi.

Risultati buoni, con alcune vulnerabilità

Nel comunicato reso noto dalla Bce, si evidenziano i risultati “sostanzialmente positivi” del test, tenuto anche conto del fatto che l’orizzonte temporale di sei mesi che è stato preso come scenario, è più esteso del periodo di 30 giorni per il quale le banche sono tenute a detenere riserve di liquidità sufficiente a superare un periodo di stress. Tuttavia, l'Eurotower ha anche evidenziato delle "vulnerabilità", che richiedano ulteriore attenzione. Si tratta delle brevi scadenze temporali dei flussi di cassa in valuta, dei rischi sui trasferimenti di liquidità infragruppo verso controllate extra-zona euro e delle politiche di gestione delle garanzie reali che le banche potrebbero mobilitare in caso di necessità.

venerdì 4 ottobre 2019

Tassi di interesse, l'India effettua il quinto taglio del 2019

La banca centrale dell'India è tornata a ritoccare il costo del denaro. Quando da noi era prima mattina infatti, la Reserve Bank of India (Rbi) ha tagliato di 25 punti base i tassi d'interesse. Si tratta del quinto taglio di quest'anno (per complessivi 110 punti base), l'ultimo risaliva ad agosto, per un insolito ammontare di 35 punti base. Il costo del denaro è adesso sceso al 5,15%.

Decisione unanime sui tassi in India

La decisione sui tassi è stata presa all'unanimità dai 6 membri del comitato di politica monetaria, che ha confermato anche l'intenzione di continuare a stimolare l'economia fin quando sarà necessario. Nel comunicato di accompagnamento, la RBI sottolinea che la situazione economica in frenata "giustifica gli sforzi intensi" per ripristinare lo slancio della crescita. Del resto, quest'ultima si è mossa al ritmo del 5% nel trimestre chiuso a giugno, ovvero il valore più basso dal 2013.

Anche per sostenere l'economia, il Governo guidato da Narendra Modi si è messo al lavoro per effettuare un sostanziale taglio delle aliquote dell'imposta sulle società, dare un sostegno finanziario aggiuntivo per le banche e creare di una tabella di marcia per il consolidamento del settore bancario. Tutte misure volte a sostenere la crescita economica indiana.

Suggerimento: quando si vuole fare un investimento nel mercato valutario, occorre prima sapere quale broker forex scegliere, dopo aver studiato bene tutte le sue caratteristiche.

Banca centrale e tassi

La Banca centrale intanto, sfruttando il fatto che l'inflazione continua ad essere al di sotto del target del 4% (la proiezione dice che dovrebbe rimanere al di sotto dell'obiettivo fino ai primi mesi del 2020/21), ha avuto spazio per effettuare i tagli ai tassi ufficiali.

Per quanto riguarda la valuta nazionale, ovvero la Rupia, non c'è stata una grande reazione alla decisione di riduzione dei tassi (qui invece si parla del cambio dollaro lira turca previsioni). Il cambio rispetto al dollaro USA rimane infatti intorno alla regione di 70,85, anche se si attendono i dati sul lavoro a stelle e strisce che potrebbero imprimere una forte direzione al rapporto di cambio.

mercoledì 2 ottobre 2019

Commercio, l'industria del falso minaccia sempre di più il Parmigiano e il Grana

In commercio è maggior il numero di forme di parmigiano fasullo piuttosto che di quello vero. Ecco la cruda verità messa in risalto da Coldiretti, che lancia l’allarme su uno dei simboli del made in Italy, che oltre a essere il prodotto agroalimentare italiano più conosciuto al mondo, è anche quello più imitato.

Le due minacce al commercio del Parmigiano 

L'iconico formaggio nostrano nei giorni scorsi è stato protagonista di una giornata speciale, il “Parmigiano Day”, che si è tenuta al Villaggio di Bologna. In quella circostanza, i produttori hanno voluto difendere il commercio del loro prodotto di eccellenza dai dazi imposti dagli Usa. Tariffe che altro non fanno se non il gioco dei falsari, che avranno ancora più campo libero per riversare sul mercato tonnellate di fomre di formaggio fasullo.

Ormai la produzione di falsi Parmigiano Reggiano e Grana Padano nel mondo ha superato quella degli originali. E purtroppo si tratta di una pratica diffusa in tutti i continenti. L'industria del tarocco cerca di sfruttare le assonanze dei marchi per trarre in inganno i consumatori, che pensano di avere a che fare con un prodotto autenticamente italiano, quando invece è fasullo. Negli Stati Uniti si chiama “Parmesan”, che diventa “Parmesano” in Uruguay, "Reggianito" in Argentina o "Parmesao" in Brasile. Ma oltre al commercio del finto parmigiano, c'è anche quello dei formaggi similari che si moltiplicano anche in Europa.

L'industria del falso e quella del vero

Il mercato del falso più corposo è negli States, dove solo l’1% dei formaggi di tipo italiano venduti nei supermercati, ha un legame effettivo con la realtà produttiva tricolore. La produzione è realizzata per quasi i due terzi in Wisconsin e California, seguiti da New York.

L'imposizione di dazi al parmigiano autentico, rischia di alimentare il mercato del falso e di stroncare il ritmo di crescita del nostro export. Il successo di questa eccellenza italiana infatti è costante. L'export verso gli States marcia al ritmo record del 26% nel primo semestre, in Giappone le vendite sono aumentate del 21%, mentre siamo addirittura al +36% nel caso della Cina, anche se qui i volumi sono limitati. Il commercio del parmigiano autentico è cresciuto in direzione della Germania (+19%), in Francia (+11%), Regno Unito (+15%), Svizzera (+17%) e Olanda (+10%).